Un accordo tra governi fascisti dietro l’arresto dell’ex brigatista Leonardo Bertulazzi in Argentina
- agosto 30, 2024
- in anni '70, misure repressive
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Giovedi sera i siti d’informazione hanno diffuso la notizia del nuovo arresto a Buenos Aires (nel pomeriggio ora locale) di Leonardo Bertulazzi, un cittadino italiano oggi settantaduenne, ex appartenente alla colonna genovese delle Brigate rosse che nel 2004 ottenne lo statuto di rifugiato politico dalla Commissione nazionale per i rifugiati (CONARE).
In un comunicato le autorità governative argentine hanno affermato che Bertulazzi è stato arrestato dopo che risoluzione era stata revocata dalle autorità del governo nazionale in presenza di una nuova richiesta di estradizione formulata dal governo di Giorgia Meloni.
di Paolo Persichetti da Insorgenze
Nel 2002 un giudice federale respinge la domanda di estradizione
Nel novembre 2002 Bertulazzi era stato raggiunto da una richiesta di estradizione da parte del governo italiano per una condanna a 27 anni di reclusione, a seguito di un cumulo giudiziale che sommava la banda armata, l’associazione sovversiva e la complicità nel sequestro dell’armatore Pietro Costa, realizzato dalle Brigate rosse nel gennaio del 1977. Dopo sette mesi di detenzione il giudice federale Maria Romilda Servini de Cubria emise una sentenza di rigetto perché il processo e la condanna erano avvenuti in «contumacia», possibilità non prevista dalle leggi procedurali argentine.
Il magistrato, ritenendo che in questo modo l’esule italiano non avrebbe potuto esercitare il suo diritto costituzionale di difesa una volta estradato, ne ordinò la liberazione. Successivamente, come abbiamo visto, Berlulazzi avviò la procedura per il riconoscimento dello statuto di rifugiato politico.
L’estinzione prima riconosciuta poi annullata
Nel 2018, trascorsi 30 anni dalla momento in cui la sua condanna era diventata definitiva, il suo legale presentò davanti alla corte d’appello di Genova istanza per il riconoscimento della estinzione della pena, come previsto dall’articolo 172 del codice penale. La corte accolse la richiesta ma nel maggio dello stesso anno la cassazione annullò la decisione, facendo valere un cavillo tecnico-giuridico che imponeva il ricalcolo dei tempi di estinzione della pena a partire dal nuovo arresto del 2002: «Essendo perdurata la latitanza del Bertulazzi dopo la scarcerazione — hanno scritto i giudici nel loro provvedimento —, e rappresentando l’arresto eseguito (in forza di una procedura di estradizione sulla cui legittimità nulla è mai stato contestato dalla difesa del condannato) la manifestazione del concreto interesse dello Stato ad eseguire la pena, il decorso dei termini di prescrizione è iniziato ex novo».
Nel frattempo da quel primo arresto sono trascorsi altri 22 anni e parte delle condanne inflittegli, quelle relative ai reati associativi, sono andate nuovamente prescritte.
Il comunicato del governo argentino
In un comunicato ufficiale emesso dal governo argentino si esplicitano le ragioni che hanno portato alla cancellazione dello status di rifugiato: «Questo arresto riflette l’impegno dell’Argentina a favore dei valori della democrazia e dello stato di diritto (sic!) ed espone al mondo la ferma decisione del presidente Javier Milei di non convivere con l’impunità della sinistra. Si tratta di un passo fondamentale affinché le istituzioni destinate a proteggere le persone in situazioni vulnerabili non vengano prese indebitamente dai terroristi che minacciano la pace e la democrazia».
Al di là delle affermazioni di Milei, l’estradizione di Bertulazzi non sarà una cosa scontata e semplice. Nei prossimi giorni la magistratura dovrà pronunciarsi sulla legittimità di un arresto in palese violazione del principio del ne bis in idem. Una procedura di estrazione c’è già stata ed è stata respinta: a che titolo se ne accoglie una nuova? Il timore è che le autorità argentine vogliano fare strame delle procedure e delle leggi internazionali e magari espellere Bertulazzi in un paese vicino che poi lo consegnerebbe, come avvenuto in altri casi, alla polizia italiana. Sono anni ormai che l’Italia ogni qual volta affronta battaglie estradizionali riceve solo sonori schiaffi, ragion per cui si è specializzata nelle consegne speciali.
Governi gemelli e nostalgia del piano Condor
Offrendo la testa di Bertulazzi su un piatto d’argento alla sua amica e gemella politica Giorgia Meloni, il governo del fascista Milei sembra intenzionato a condurre una guerra ideologica contro i simboli della sinistra. All’epoca del suo primo arresto Bertulazzi aveva ottenuto il sostegno della madri della plaza de Mayo.
I toni da crociata impiegati nel comunicato ufficiale sono abbastanza espliciti: si afferma che Leonardo Bertulazzi «è uno dei terroristi latitanti più ricercati dalla giustizia europea […] Ex membro del gruppo terroristico marxista-leninista italiano Brigate Rosse, Bertulazzi è responsabile di crimini atroci che hanno minacciato i valori democratici e la vita di molteplici vittime. Questa organizzazione terroristica è stata responsabile di numerosi atti di violenza in Italia negli anni ’70 e ’80».
Milei, vuole forse far dimenticare gli anni in cui nel suo Paese trovavano ospitalità i peggiori criminali nazisti, si lanciavano in mare i corpi vivi degli oppositori di sinistra ed era in vigore il piano Condor, ovvero la liquidazione di tutti gli oppositori dei vari regimi militari fascisti Sud americani.
La bufala congeniata per favorire l’arresto
Sempre nella dichiarazione governativa si diffonde un falso storico clamoroso, ovvero un presunto ruolo di Berlulazzi nella «logistica del rapimento Moro» e una sua funzione di «alto rango all’interno dell’organizzazione». I soldi del sequestro Costa vennero, in realtà, redistribuiti equamente in tutte le colonne brigatiste. Quella romana in fase di costituzione ne approfittò per acquistare tre appartamenti, tra cui quello di via Montalcini dove fu tenuto nascosto Moro nei 55 giorni del sequestro. Bertulazzi, che debutto’ nella colonna genovese dopo il passaggio in un piccolo gruppetto locale, non mai avuto ruoli dirigenti. La direzione centrale della polizia di prevenzione per ottenere il favore del governo argentino deve aver giocato la carta Moro, impiegato ormai come un passe-partout, res nullius che ormai chiunque può evocare a sproposito come un qualunque Mollicone di turno.
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