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Torino: un primo Maggio per la pace all’insegna della violenza poliziesca e delle menzogne dei media

Alcune considerazioni a caldo a partire dalla rappresentazione mediatica di questo Primo Maggio a Torino…

Il 1 maggio a Torino, sin dai primi momenti, si è assistito alla dichiarazione d’intenti della questura nei confronti dello spezzone sociale. Tutto è iniziato appena il furgone è arrivato in piazza: un ingente schieramento di polizia in tenuta antisommossa si frapposta tra lo spezzone sociale e il resto del corteo. Evidente era l’intento di provocare e di intimidire chi non si riconosceva nella manifestazione istituzionale e voleva portare in piazza una reale opposizione alla guerra ed al riarmo.

Nonostante l’atteggiamento muscolare della questura, una numerosissima partecipazione allo spezzone sociale e il fatto che componenti della piazza avessero preso parola ha permesso di porre fine all’atteggiamento intimidatorio della polizia e ha permesso al corteo di partire.

Durante il percorso si sono susseguiti interventi e performances da parte di lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse in piazza contro l’Alternanza Scuola-Lavoro, Fridays 4 Future, Extintion Rebellion, Non Una di Meno, il movimento No Tav e molte altre componenti sociali, ambientaliste e giovanili. Tutte queste realtà hanno sottolineato il rifiuto della guerra in ogni sua forma, oltre a denunciare l’ipocrisia di partiti come il PD, il quale, in prima fila nella passerella del Primo Maggio, sostiene la politica del riarmo e la retorica del sacrificio necessario di chi per vivere è costretto a lavorare. Tutto questo, ignorando la voce reale di chi soffre, al riparo di robusti cordoni di polizia e Digos atti a reprimere ogni tipo di dissenso.

La ricchezza delle voci di chi ha partecipato allo spezzone sociale si è espressa con un volume molto alto e la capacità di portare in pubblico le ragioni di un’intransigente opposizione alla guerra: dal profitto delle aziende che rientrano nell’industria bellica, alle conseguenze ambientali ed ecologiche relative al monopolio delle risorse energetiche – tra cui l’indiscriminato ricorso al fossile e al nucleare – la guerra è la dimensione privilegiata del dominio patriarcale. Queste voci e le loro rivendicazioni si situano in un contesto in cui vi è un sistematico tentativo di oscurare e silenziare qualunque opinione che dissente da un posizionamento istituzionale strumentalmente solidale con la popolazione ucraina, ma che ha il solo obiettivo di incrementare i guadagni privati, producendo armi e impoverendo i propri paesi.

Sui giornali si legge che per il corteo del primo maggio sarebbe stato diviso per la prima volta. Mentre sappiamo che è una prassi il fatto che i cordoni di polizia si frappongano tra lo spezzone sociale e il resto del corteo, per impedire a queste voci di concludere la manifestazione. Chiunque fosse presente in via Roma sa che le forze dell’ordine hanno spezzato il corteo, impedendo violentemente a chi ne faceva parte di raggiungere piazza San Carlo. Quelle cariche hanno rimarcato la posizione ufficiale di chi in piazza San Carlo aveva intenzione di concludere comodamente il suo comizietto, riprodurre discorsi triti e ritriti, salvarsi la faccia con parole stantie e incitanti il riarmo. Su quegli stessi “giornali” si legge anche che la resistenza e la determinazione dello spezzone sociale fosse esclusiva opera di qualche volontà particolare. La miriade di persone che ha continuato a inveire contro la polizia, mettendola poi all’angolo, quando una parte di loro si è posizionata un lato di via Roma, dimostra chiaramente il contrario.

Oggi abbiamo visto all’opera lo spirito violentemente provocatorio che la questura di Torino, al comando di Ciarambino e dal capo della Digos Carlo Ambra, aveva già manifestato nella gestione dell’ordine pubblico durante le mobilitazioni studentesche contro l’Alternanza Scuola-Lavoro, dopo gli episodi della morte degli studenti Lorenzo e Giuseppe.

Qualche ora dopo siamo invece costrett* a leggere sui cosiddetti mezzi d’informazione che, a parer degli investigatori, dietro gli scontri ci sarebbe la regia di Askatasuna. Eppure, chiunque fosse presente in piazza in quel momento, ha potuto vedere le violente e ingiustificate cariche a freddo della polizia su un corteo di giovani e lavoratori e lavoratrici che volevano giustamente dare voce alle proprie rivendicazioni.

I e le presenti in piazza hanno potuto assistere anche al fatto che qualunque provocazione fosse imputabile a questura, Digos e Partito Democratico, già da giorni impegnati in belligeranti minacce di sgombero del centro sociale, qualora fossero sorte contestazioni nel corso del Primo Maggio.

Nel corso delle cariche di polizia, sono intervenuti al microfono il professore Angelo D’Orsi e il partigiano Gastone Cottino, entrambi intenzionati a porre un argine alla ferocia delle forze dell’ordine. Nelle dichiarazioni di Cottino: “Il Primo Maggio è di tutti, di tutti i compagni ed i lavoratori. Io ho quasi cent’anni ma vi posso dire che nella mia lunga vita un episodio così vergognoso come quello di oggi raramente l’ho visto”. Nel momento in cui la polizia caricava il corteo il comizio in Piazza San Carlo era già concluso, fatto che qualifica l’operato delle forze dell’ordine come atto esclusivamente a scatenare disordini.  Ci è voluta più di una mezzora affinché lo spezzone sociale riuscisse a passare e a giungere in Piazza San Carlo, tra gli applaudi dei e delle presenti.

La provocazione questurina di oggi si inserisce nel quadro di un piano per silenziare le lotte sociali in città come dimostra l’operazione di due mesi fa in cui Procura e Polizia hanno tentato di costruire un teorema giudiziario di associazione sovversiva contro attivisti del movimento No Tav che è crollato di fronte al diniego del GIP. Questo è anche il risvolto del coinvolgimento dell’Italia nella guerra in Italia, i primi segnali della militarizzazione della società per impedire qualsiasi voce di dissenso.

Da questa importante giornata di lotta emerge l’indicazione della necessità di costruire un movimento popolare di massa per la pace e che rifiuti la propaganda di guerra ufficiale fatta di  discorsi atti a sostenere il riarmo e un’escalation del conflitto in corso con il solo obiettivo di guadagnare sulle esistenze delle persone.

Alcune testimonianze dalla piazza torinese del Primo Maggio che smentiscono giornali e questura

Dopo due anni di sospensione della manifestazione, causa misure anti-covid, era obbligatorio partecipare, stamani, a Torino. L’ho fatto, consapevole che non era un semplice ritorno alla ritualità del Primo Maggio, ma della necessità e dell’urgenza di far sentire le voci di quanti non ci stanno a subire gli effetti in atto (e quelli probabili che seguiranno) di una narrazione tossica che sta avvelenando le nostre menti. Politici dell’intero arco parlamentare, con pochissime eccezioni, operatori della comunicazione, quasi unanimi nel premere il pedale sull’acceleratore della guerra, nell’invocare più sanzioni contro la Russia (che vuol dire contro il popolo russo, assai più che contro i suoi governanti), incuranti che quelle sanzioni colpiscono l’Europa e in primo luogo proprio il nostro Paese. Si sta costruendo un senso comune che pretenderebbe di considerare il nostro coinvolgimento diretto nel conflitto come un fatto normale, di farci accettare come una opzione possibile se non addirittura probabile, la guerra globale, compreso il ricorso ad armi nucleari.

La manifestazione di oggi aveva il significato precisamente di dire no a tutto questo, oltre che rivendicare i diritti calpestati del lavoro, il diritto a un lavoro decente e decentemente remunerato, il diritto a uscire dalla inoccupazione o dalla precarietà, il diritto a essere cittadini e cittadine a pieno titolo, con un lavoro, una casa, la possibilità di cura, e quella di mettere al mondo dei figli e di far trovare loro un mondo non inquinato dalle tossine ambientali ma anche dalla tossine ideologiche dei bellicisti, dei sopraffattori e dei prepotenti.

E invece alla manifestazione ho assistito, e per poco schivato personalmente, assurde e inaccettabili cariche della polizia, scattate a freddo, inaspettatamente, cariche che miravano a impedire che una larga parte del corteo giungesse nel tradizionale punto d’arrivo finale della manifestazione, piazza San Carlo, che, ormai anche negli anni precedenti alla sospensione (2020-2021), sembra che debba esser riservata al PD e ai suoi alleati, politici e sindacali. Ho avuto la possibilità di prendere la parola, rivendicando il diritto di tutti a manifestare e aggiungendo alcune parole contro la guerra e i signori della guerra.  E ho concluso invocando uno sciopero generale per testimoniare la volontà del popolo italiano contro questa guerra.

Credo che da oggi, 1° maggio 2022, si debba lavorare a questo scopo: mobilitazione generale contro la guerra, contro il “sistema guerra”, contro i signori della guerra, e a costruire un grande movimento volto a favorire una vera rinascita della sinistra, ricordando che il rifiuto della guerra, e l’uguaglianza sono i due concetti fondamentali che identificano appunto la sinistra.

Angelo d’Orsi

Torino. Il 1° maggio deve essere di tutti

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 Il 1° maggio non è la “Festa del lavoro”. Semmai è la “Festa dei lavoratori”

Ma da anni, le numerose frange del precariato ricordano che per loro “Il 1° maggio non è una festa. E’ una giornata di lotta”.

Così, chi come me alla fin fine è un bel privilegiato,  va al 1° maggio così, con leggerezza. Incontra qualche amico ed è contento anche se si sono scambiate solo due parole.

Poi, fa un giro, su, in piazza San Carlo.

Deserta.

Parlano il Monsignore e gioventù cattolica. Insomma, quelli che dicono “cose di sinistra” che non è bene siano dette in faccia a chi ha ruoli istituzionali.

E poi, un giretto e poi su, contro corrente, per via Roma.

Da piazza San Carlo parte anche un gruppetto di celerini; chi non l’ha indossato, mette il casco e se lo stringe sotto il mento. Insomma, la solita coreografia drammatizzante, penso…..

Dopo un po’, più avanti, si sente casino.

Un triplice cordone di celerini blocca via Roma. Più oltre, i “No TAV” e lo “spezzone sociale”.

È successo qualcosa?

No. E allora perché bloccano il corteo?

Boh… Il solito rito dell’ultimo decennio. E non solo.

Urla, slogan. In realtà la tensione non è elevata.

Poi parte una carica della polizia. Spingono con gli scudi ed agitano i manganelli. E – come prevedibile – cade qualcuno. A questo punto le manganellate iniziano a colpire sistematicamente. Le manganellate non sono sincrone; si può stimare che la fila somministri una decina di manganellate al secondo.

Dopo un po’ la carica finisce. Alcuni graduati si mettono in mezzo. E gesticolano per calmare i celerini.

Forse la carica è stata anche breve, ma a chi guardava è parsa lunga.

Ma cosa giustifica il blocco del corteo?

E cosa giustifica la carica?

Nulla. Un’aggressione a sangue freddo.

Poi una seconda carica. Identica a quella precedente. La carica cessa quando, di nuovo, si intromettono dei graduati per calmare i picchiatori eccitati. Ma dove erano finiti? Non potevano stare lì a garantire la calma? Boh …

Un pozzangherone di sangue e un po’ di altro sangue in giro forse sono della prima carica.

Poi c’è una terza carica. Poi una quarta.

Le storie sono sempre identiche.

Ora, magari qualcuno si irriterà e si scaglierà contro questa cronaca.

Mi dispiace. Per questi qualcuno.

La storia è questa. È quello che ho visto con i miei occhi.

In un normale Paese occidentale, i responsabili pagherebbero. O per incapacità o per responsabilità.

Ed un sindaco chiederebbe conto ai responsabili delle forze dell’ordine.

Speriamo che succeda. Non ci credete? Eppure prima o poi succederà.

Il rischio, invece, è che sedicenti forze democratiche o di sinistra stiano zitte. Salvo appellarsi a valori dell’antifascismo in occasione delle prossime elezioni. Quando avranno paura della destra.

L’antifascismo – ricordiamocelo – invece si fa con la buona politica di tutti i giorni. E con la coerenza.

L’ANSA non parla di scontri. Parla di cariche. E di un numero di poliziotti feriti doppio rispetto a quello avuto tra i dimostranti. Poliziotti feriti? Sicuramente non lì.

Per vedere il bicchiere mezzo pieno, da nessuna parte sono citate azioni aggressive dei manifestanti. La causa delle cariche è stata “impedire che i manifestanti (non allineati) raggiungessero Piazza San Carlo”. Insomma, chi vuole capire, capisce.

Con la spinta ad entrare in guerra e le condizioni sociali che stanno precipitando, dobbiamo interrogarci. E’ questa la via scelta per affrontare la sofferenza sociale?

La ministra Lamorgese potrebbe rassicurarci. E magari intervenire sull’accaduto.

E sarebbe bene che tanti “benpensanti di sinistra” provassero a capire. Anche se è doloroso, E cessassero di cullarsi in versioni  consolatorie che sono destinate a portarci nel baratro.

Carlo

Da carloproietti.eu

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Questo #PrimoMaggio in piazza per difendere la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori ma anche per dire NO alla guerra e NO agli armamenti.

Tornare a sfilare per le strade dopo due anni di pandemia non ha purtroppo cambiato il triste e inaccettabile copione che puntualmente si ripete a #Torino: il corteo letteralmente spezzato in due all’ingresso di Via Roma da un cordone di polizia e le immancabili cariche allo spezzone sociale.

Il lavoro che dovrebbe unirci ancora una volta purtroppo ci divide, ma il Primo Maggio è, e resta, di tutte e di tutti: di chi si batte contro la guerra forse un po’ più di chi è pacifista solo a parole, di chi lavora senza tutele o un lavoro non ce l’ha forse un pò più di chi grazie ai privilegi e alle politiche scellerate del passato è garantito, di chi lotta per la giustizia sociale e climatica forse un pò più di chi privilegia gli interessi dei signori del gas, del petrolio e delle armi, di chi si batte contro il Tav forse un po’ di più di chi ha scoperto nell’alta velocità il salvagente di un sistema occupazionale che è volato sempre più lontano da Torino.

In ogni caso, buona festa amiche e amici.

Restiamo ostinati e determinati, dalla parte di chi la disperazione non può tacerla.

Valentina Sganga – Movimento 5 Stelle

M4O: PRIMO MAGGIO DI RABBIA, SECONDO UN COPIONE GIÀ VISTO. PARTITI SEMPRE PIU’ FUORI DALLA REALTA’ BLINDATI SUI LORO PALCHETTI. Un primo maggio di rabbia e secondo un copione già visto. Che sconforto raggiungere una piazza vuota e blindata per proteggere comizietti infarciti di retorica di partiti fuori dalla realtà, che vedono la Resistenza ovunque tranne che nel coraggio dei giovani che reclamano un futuro. Alle richieste di sicurezza sul lavoro, di garanzie e diritti per non morire per strada o sul posto di lavoro, di salari dignitosi, di strenua difesa della pace, si è risposto di nuovo col manganello con una carica a freddo per fermare lo spezzone sociale in via Roma ed impedirne l’arrivo in piazza Castello. Ma la deriva di questo primo maggio la scorgiamo nell’ipocrisia dei palchetti blindati, in cui i politici di turno, applauditi da claque sempre più ristrette, si riempiono oggi la bocca di giovani, futuro e lavoro e domani, con l’elmetto in testa, dirottano fondi a sostegno della guerra, tagliano capitoli di bilancio per l’assistenza degli ultimi e dei più fragili. Noi ci schieriamo dall’altra parte della barricata e auguriamo una buona guarigione a tutti i ragazzi e a tutte le ragazze che oggi hanno assaggiato il manganello democratico.

Movimento 4 Ottobre

Fausto Cristofari, segretario provinciale PRC-SE sul Primo Maggio a Torino: “E’ stata una giornata di lotta per la Pace e contro il governo del carovita.”

Un grande spezzone pacifista ha caratterizzato la manifestazione di Torino, dove si è tornati a sfilare su via Po e via Roma dopo due anni di interruzione. Rifondazione Comunista era presente, con lo slogan: Giù le armi, Su salari e spesa sociale!

“Una grande mobilitazione – continua Cristofari – nonostante l’ennesima provocazione poliziesca che, senza motivo alcuno, ha voluto dividere violentemente il corteo. A questa provocazione Rifondazione Comunista ha risposto rivendicando l’unità del corteo del primo maggio contro la guerra e il governo che la sostiene, condannando l’intervento della polizia, con le parole del partigiano Gastone Cottino, concluse scandendo lo slogan: ora e sempre Resistenza! Da questo primo maggio deve partire un grande movimento popolare contro la Guerra e per impedire che i costi di guerra e sanzioni vengano fatti pagare ai lavoratori e ai ceti popolari!”

Trigger Warning: violenza delle forze dell’ordine su attivisti e attiviste al corteo del primo maggio di Torino

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Il primo maggio è una fondamentale giornata di lotta che riguarda quindi tutti e tutte noi.

A Torino abbiamo preso parte come Fridays For Future allo spezzone sociale del corteo del Primo Maggio della nostra città, per chiedere una transizione ecologica equa.

Il corteo è stato diviso, fin dall’inizio del concentramento, rigidamente in due parti da un cordone di polizia: da un lato istituzioni e sindacati, dall’altro i movimenti, i centri sociali e i singolə cittadinə, tra cui molte famiglie con bambinə.

L’obiettivo delle forze dell’ordine era di tener separati i due gruppi di persone, e di escludere l’opposizione e le voci di protesta dalla piazza istituzionale di concentramento finale.

Per farlo hanno bloccato duramente l’arrivo dello spezzone sociale, fermandoci all’ingresso di via Roma, e caricando a più riprese attivisti e attiviste per impedire il passaggio.

Con violenza assolutamente ingiustificata ragazzə che marciavano pacificamente sono statə manganellatə dalle forze dell’ordine schierate, e identificatə da agenti sui balconi dei palazzi.

Un attivista di Fridays For Future è stato duramente ferito negli scontri: ora ha 7 punti di sutura per la ferita infertagli da dietro, mentre si stava allontanando. Insieme a lui altre 5 persone sono state ferite, e molte altre colpite.

Ciò che è accaduto oggi è l’ennesimo esempio della violenza e della sitgmatizzazione che gli e le attivistə torinesi subiscono da anni, ma non solo: è anche la rappresentazione perfetta di quanto gli interessi dall’alto siano di proteggere lo status quo e di reprimere qualsiasi voce di dissenso.

Fridays For Future – Torino

Foto di Luca Perino

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