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Torino: un anno e mezzo di sorveglianza speciale per Marco Boba

Il 7 agosto 2021 si è confermato positivo l’esito della richiesta di sorveglianza speciale presentata dalla Questura di Torino per lo scrittore e militante Marco Boba.

Ad aprile, era stato messo a processo per aver scritto un romanzo  intitolato «Io non sono come voi.» Nel recente verdetto, il libro, come anche la collaborazione dell’autore con la stazione radio anarchica Radio Blackout, non è annoverato tra i motivi per imporre la sorveglianza. A motivarla è la militanza: la presunta “pericolosità sociale” di Boba.

La condanna è di un anno e mezzo di sorveglianza speciale, con obbligo di rientro notturno e divieto di frequentare manifestazioni, pregiudicati e misurati. Quella della sorveglianza speciale è una misura che mira a colpire la quotidianità e le relazioni del condannato e che è stata frequentemente accusata di autoritarismo, di essere in aperta violazione dei diritti umani. La pericolosità sociale sarebbe infatti solo un malcelato reato di opinione. Il tribunale di Torino è inoltre conosciuto per le sue numerose richieste di sorveglianza speciale, presentate spesso per colpire attivisti NoTav e altre figure militanti si potrebbe dire recidive.

Si tratta di una misura di natura preventiva, nata in Italia durante il fascismo e usata frequentemente verso militanti di lunga data. «La refrattarietà a piegare la testa, è prova di pericolosità sociale. Non è sufficiente scontare le proprie condanne, ma è anche necessario abiurare la propria identità, la propria appartenenza, e dimostrare di avere assorbito un’altra ideologia, che ci vuole silenti, laboriosi, onesti e rassegnati» si legge sul gruppo Facebook che sostiene Boba. Boba è propria una di queste figure: militante da quando aveva appena 15 anni, anarchico, coinvolto nelle attività presso lo spazio occupato El Paso, collaboratore per la stazione radio Blackout, voce dei cittadini anarchici di Torino, è in tutto e per tutto un refrattario.

Insomma, ad essere punita dalla sorveglianza speciale non è un’azione di tipo criminale, ma un’attitudine, un comportamento. Stando al Codice penale (articolo 203), infatti, la pericolosità sociale si applica a persone che possono anche non essere imputabili di uno specifico reato, ma che è “probabile” commettano reati in futuro. [di Anita Ishaq da L’Indipendente ]

L’uso indiscriminato del dispositivo della “sorveglianza speciale” a Torino nei confronti di chi partecipa ai movimenti sociali continua ad espandersi. Esprimiamo la massima solidarietà a Boba e tutt* gli/le altr* sorvegliat* speciali.

Per partecipare e seguire la campagna di solidarietà: Neanche io sono come voi – Boba libero, tutte liberi

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