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Torino, rivolta al Cpt

Il cosiddetto giro di vite del governo sui clandestini dà i primi risultati. Ieri ennesimo delirio nel Cpt di Torino, una struttura che non trova pace e risulta decisamente più turbolenta di altre in Italia. Due notti fa è andata in scena l’ennesima rivolta che ha visto scontrarsi gli “ospiti” ed il personale di guardia. Questa volta ai soldati appena giunti non è andata bene, perché al posto delle telecamere che in queste settimane li stanno seguendo manco fossero calciatori si sono imbattuti nella sassaiola degli insorti. Quattro ore di scontri con distruzione dei locali, un piccolo incendio e molti contusi.La rivolta è stata capeggiata da un ragazzo marocchino, forse, che ha dato in escandescenza dopo aver ricevuto i medicinali verso le dieci di sera. Il giovane, con precedenti penali per tutto e di più, sostiene di essere stato “trattato come una bestia” dal personale medico. Circostanza smentita dai medici con forza.Comunque sia, è scattata una rivolta generale: prima è stato dato fuoco a materassi (ignifughi), tende e mobili, poi è partita una violenta sassaiola che ha ferito un agente di polizia. Nessuno ha tentato la fuga. Sono giunte ambulanze e vigili del fuoco e la “calma” è tornata solo al mattino seguente. Un po’ tutti i reclusi confermano l’invivibilità del Cpt torinese: «Siamo stanchi di essere trattati come bestie, chiusi nei recinti, persino durante l’assistenza medica». Ribattono i militari della Cri: «Il ragazzo ha iniziato a dare in escandescenza a prescindere dalla somministrazione dei farmaci e solo l’intervento di polizia ha evitato maggiori danni a cose e persone». A prescindere dall’attendibilità del giovane marocchino, è un dato di fatto che il Cpt di Torino è un luogo molto turbolento in cui si susseguono gravi episodi di violenza che vedono immancabilmente seguire lo schema “rivolta a seguito di supposte violenze o angherie”. Nello scorso maggio è accaduto l’episodio più grave: Hassan Nejl, un marocchino di 38 anni, è morto ufficialmente a seguito di una polmonite fulminante. I compagni raccontarono che sì il ragazzo era stato molto male ma i soccorsi non erano stati tempestivi, tutt’altro.L’europarlamentare Vittorio Agnoletto corse da Bruxelles per verificare i fatti e dopo un sopralluogo nel Cpt contestò una notevole precarietà nella vita dei detenuti. Si scatenò un’insurrezione molto violenta, durata un giorno intero.Le circostanze di quel decesso non sono tuttora chiare però chiare e infatti la procura di Torino ha aperto un’inchiesta. Pochi giorni fa gli esiti dell’autopsia hanno confermato il decesso per polmonite del giovane Hassan.Solo pochi giorni fa invece un infermiere della croce rossa, Antonio Ciampo, è stato sorpreso a spacciare sostanze stupefacenti all’interno del centro. Senza dimenticare gli innumerevoli tentativi di fuga e le rivolte come quella dell’altra sera.Il Cpt di Torino è stato appena rifatto: inaugurato il 14 maggio attualmente ospita 57 persone ma nel 2009 potrebbe giungere fino a 180 reclusi. Al posto dei vecchi container sono stati messi dei prefabbricati dotati di aria condizionata e bagni.Che la situazione sia tesa lo testimonia anche le continue lamentele del personale che opera dentro la struttura. Il Sap, il sindacato di polizia, per bocca del suo rappresentante Massimo Montebove, lancia un sasso nello stagno della discussione in corso riguardo il reale aiuto dei militari dislocati nelle città: «I Cpt non sono caserme, ma realtà complicate da gestire dove servono donne e uomini preparati. E’ inutile mettere i militari se poi ci sono problemi di gestione e coordinamento. Si è preferito impiegare gli alpini della Taurinense al posto di militari e poliziotti per poi correre ai ripari chiamandoli in fretta e e furia quando è scoppiata la rivolta».Discorso più o meno simile da parte della Croce Rossa, che si considerano addirittura “soldati precari”, titolari di contratti a termine che possono essere rinnovati o meno anche senza preavviso.Comunque sia la filosofia Cpt (ora Cie: centro identificazione ed espulsione) mostra tutti i suoi limiti teorici e pratici. Di fatti si tratta di carceri dove dentro finisce di tutto. Dal killer al poveraccio senza permesso di soggiorno pizzicato a vendere occhiali per strada.

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