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Torino: migrante arrestata e ferita, polizia sotto inchiesta

Portata in udienza, per direttissima, con due vertebre rotte tanto da non riuscire a parlare. È l’amara vicenda di cui è protagonista una donna peruviana di 53 anni, arrestata domenica scorsa e scarcerata in aula per decisione del giudice Marco Picco del Tribunale di Torino, che, dopo aver chiamato un’ambulanza, ha trasmesso gli atti in Procura, chiedendo che venga fatta luce su un arresto considerato illegittimo e pieno di stranezze.

La donna, in Italia dal 2002 e colf di professione, è stata bloccata, in corso Trapani, il 19 luglio, all’ora di pranzo, dalla polizia, chiamata da un passante che aveva segnalato una persona in stato confusionale che minacciava di buttarsi sotto le auto. La donna, secondo la ricostruzione, avrebbe dato un calcio a uno dei due agenti (causando una lesione refertata in 5 giorni di prognosi), che l’avrebbero «proiettata a terra», ammanettata e arrestata con l’accusa di resistenza e lesioni.

Nella tarda serata di domenica è stata portata al pronto soccorso dell’ospedale Martini dove l’è stato riconosciuto un trauma dorsale, dovuto a «caduta accidentale in stato di ebbrezza riferita dagli agenti e appresa dai passanti». La figlia, contattata per comprare un busto alla madre, non è riuscita, però, a incontrarla. Dopo una notte in commissariato la donna è stata portata martedì al Palagiustizia, molto provata, al punto di non reggersi in piedi. Una situazione che ha insospettito il giudice che ha presto fatto chiamare un’ambulanza. La donna, che vive un periodo di fragilità dovuto a difficoltà lavorative, ha detto di non essere stata ubriaca né di aver tirato un calcio a qualcuno. Ora, toccherà ai magistrati chiarire l’accaduto.

La procura di Torino ha, inoltre, recentemente concluso le indagini sulle presunte torture da parte di agenti della polizia penitenziaria ai danni dei detenuti del carcere del capoluogo piemontese «Lorusso-Cutugno». Calci, pugni e sputi. «Picchiavano e ridevano», si legge nelle carte. Nell’inchiesta coordinata dal pm Francesco Pelosi tra i 25 indagati sono finiti anche il direttore Domenico Minervini e il capo delle guardie carcerarie Giovanni Battista Alberotanza che avrebbero coperto gli episodi. Un commissariamento dei vertici è, dunque, sempre più probabile.

Mauro Ravarino

da il manifesto

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