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Testimonianze. Hanno picchiato mio figlio.

Sono la madre di un pericoloso delinquente: un ragazzo di 15 anni che si è preso una sbronza. Eppure la polizia lo ha preso a pugni. Perchè ? Perchè odio invece di giustizia ?

Che ne direste se un pomeriggio di fine estate, subito prima dell’inizio della scuola, quattro quindicenni decidessero di prendersi una sbronza ? L’abbiamo fatto in molti. Che radunassero 5 euro a testa e, al supermercato sotto casa, comprassero una bottiglia di rum, una di limoncello o cose simili. Poi, sbronzi, ridendo e barcollando si avviassero lungo il Tevere. Qualche schiamazzo. Fin qui nulla di male. Ma ecco arrivare quattro tutori dell’ordine su di una camionetta. Quattro nerboruti giovani che scendono e si precipitano a constatare cosa di pericoloso stiano facendo i quattro uomini di vita. Di questi ultimi, uno regge l’alcool, l’altro vomita, uno sviene dopo aver vomitato, ed il quarto tenta di scappare. Quello che scappa è alto e sottile, la metà di quei due che lo inseguono, ed è terrorizzato all’idea che i genitori sappiano. Ha studiato fino a poco prima, perchè, come in tanti, ha un debito da riparare. Viene riacciuffato per un braccio. Tenta di alzare le mani in segno di resa e dire: “non ho fatto niente”. Viene sbattuto contro una camionetta. Ma non basta, gli sferrano due cazzotti, uno per ogni mascella. In fondo non è accaduto niente di grave direte voi: con quello che si sente oggi. Invece i nostri, i suoi tutori, l’hanno picchiato con violenza e deliberatamente. E non sappiamo se lui sarà più lo stesso. Gli adolescenti sono essere fragili, in via di evoluzione. Le esperienze , a quell’età, incidono. Siamo tutti genitori. certamente qualcosa abbiamo sbagliato. Due schiaffoni in più magari avremmo dovuto darglieli noi. Ma questa violenza verso un ragazzino che è lontano dall’essere un uomo…. Non ci preoccupano né i lividi né il dolore, ma l’odio che lui ha provato. L’impotenza. Le urla di rabbia, che sono durate per più di due ore, sia pur influenzate dall’alcool, contenevano delle verità: “vigliacchi, picchiate uno di quindici anni, sono un bravo ragazzo, avevamo solo bevuto, non ho fatto del male a nessuno, non volevamo fare del male a nessuno, str…., vi siete comportati come fascisti, io non ho paura di voi, io vi odio… figli di p……, vigliacchi….” e cosi via. Io sono la madre di quel pericoloso delinquente e non ho sporto denuncia perchè delle botte a mio figlio testimoni non ce ne sono: non varrebbe la testimonianza di quattro quindicenni brilli. Ma così è accaduto. Avremmo dovuto portarlo al Pronto Soccorso per avere un referto da esibire ma sembrava, a mio marito e a me, prioritario portarlo a casa, lontano da quel caos di emozioni, farlo calmare e piangere. Abbiamo, noi della nostra generazione, passato una vita a inseguire e perseguire l’idea della tolleranza, dell’equità, della giustizia. Non abbiamo, in genere, pregiudizi nei confronti delle forze dell’ordine, anzi, in molti di tanto in tanto rileggiamo Pasolini e, da borghesi, viviamo i nostri sensi di colpa nei confronti di chi, come molti carabinieri, ha potuto scegliere tra meno opportunità. Ma qui c’entra una questione più semplice, scevra di ogni retorica, da ogni discorso politico o sociale: è una questione di tipo morale. Quello che un ragazzino deve apprendere o non apprendere. Cari rappresentanti dell’ordine: l’essere umano è sacro. Non insegnategli, come avete fatto con mio figlio, il diritto all’arroganza, della forza fisica, della prepotenza. Il fascismo e i comportamenti simili dovrebbero essere un ricordo e noi non vogliamo che tornino nella carne e nella mente dei nostri figli. Quello che avete fatto è stato un abuso ma, soprattutto, una deviazione dal principio cardine della società fondata dagli uomini civili: il rispetto dell’individuo. Voi gli avete fatto assaggiare il sapore dell’odio. Avrei preferito quello dolce, della tolleranza e della giustizia.

Chiara Pollini – Roma

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