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Strage di Ustica: Resiste il “muro di gomma”, il governo prolunga il segreto di Stato

Sembra incredibile ma nonostante siano passati  40 anni dalla Strage di Ustica, quando venne abbattuto un aereo Itavia nei cieli italiani, è stato rinnovato il segreto di stato sui documenti del Sismi che provenivano da Beirut e che racconterebbero le attività italiane in quell’area.

Il governo ha prorogato il segreto di Stato per altri 9 anni perchè “la verità farebbe male” ed è “a rischio la sicurezza nazionale”.  A renderlo noto è il quotidiano La Stampa dove si racconta della risposta ottenuta  alla richiesta di Giuliana Cavazza, la figlia di una delle vittime della strage del 27 giugno 1980. Cavazza chiedeva di poter avere il carteggio tra colonnello Stefano Giovannone, il responsabile dei  servizi segreti italiani che operò in Libano dal 1973 al 1982. Ma i servizi segreti sono intenzionati a mantenere il segreto quantomeno fino al 2029.

Secondo Rosario Priore, uno dei magistrati che indagò sulla strage, la sera del 27 giugno 1980 ben ventuno aerei militari di diverse nazionalità sfrecciavano sui cieli italiani “in una guerra non dichiarata”. Il Dc 9 della compagna Itavia decollato da Bologna non arrivò mai a Palermo, con 69 adulti e 12 bambini a bordo che morirono nell’abbattimento sui cieli di Ustica. Da uno di quegli aerei militari partì con ogni probabilità il missile che colpì il volo civile dell’Itavia, nella cui scia si celava – fuori dai radar – il bersaglio mancato.

Trentacinque giorni dopo la strage di Ustica, sempre a Bologna, esplodeva la bomba alla stazione facendo decine di morti e centinaia di feriti. Un altro episodio di quella “guerra non dichiarata” che chiama in causa diverse potenze “alleate dell’Italia” e sulla quale la verità “farebbe male” e “metterebbe a rischio la sicurezza nazionale”, ancora oggi.

Anche obiettivamente, appare fin troppo chiaro che “a mettere a rischio la sicurezza nazionale” 40 anni dopo la strage non può certo essere la pista palestinese sulla quale insistono strumentalmente in tanti. Né quella su leader arabi ormai deceduti e con i loro paesi devastati dall’intervento militare occidentale (dall’Iraq alla Libia alla Siria). Infine i palestinesi oggi sono debolissimi sul piano politico e diplomatico.

Sono dunque ben altre relazioni internazionali ancora vigenti e vincolanti che impediscono di accedere alla verità sulla strage di Ustica, vogliamo parlare di Francia, Stati Uniti, Israele? E’ di questo e su questo che si ha paura di far sapere la verità. E’ come far sapere all’opinione pubblica di aver convissuto con l’assassino per quaranta anni.

Federico Rucco

da Contropiano

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Strage di Ustica, prolungato il segreto di Stato. «La verità farebbe male all’Italia»

In una lettera indirizzata a Giuliana Cavazza, figlia di una delle 81 persone morte nella tragedia del 27 giugno 1980, Palazzo Chigi afferma che rendere pubbliche le carte arrecherebbe «un grave pregiudizio agli interessi della Repubblica»

«Stiamo valutando se ricorrere al Tar o riproporre la richiesta citando anche ciò che è stato già pubblicato sulle note del Sismi, inviate giorno per giorno poco prima della strage». A dirlo è Giuliana Cavazza, presidente onoraria dell’associazione «Verità per Ustica» e figlia di una delle 81 persone morte nella strage del 27 giugno 1980, commentando la lettera a lei indirizzata e nella quale Palazzo Chigi afferma che rendere pubbliche le note del colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi in Libano dal 1973 al 1982, che nei giorni prima della strage avvertiva il governo italiano degli imminenti pericoli che correva il nostro Paese soprattutto per mano dell’Fplp, arrecherebbe «un grave pregiudizio agli interessi della Repubblica».

La lettera che Palazzo Chigi ha indirizzato alla Cavazza, riporta La Stampa, «ripercorre brevemente la storia: il colonnello Giovannone oppose il segreto di Stato durante l’inchiesta sulla scomparsa dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo. Era il 1984 quando l’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, confermò il segreto di Stato e ciò impedì anche ai magistrati di visionare il dossier. Da quel momento sulle informazioni di Giovannone si è stesa una coltre impenetrabile che è durata fino al 2014. E quanto prescrive la legge: il segreto di Stato può durare al massimo trent’anni. Immediatamente dopo, però, sulle sue carte è subentrata la classifica di «segretissimo». «Significa che ora almeno i magistrati potrebbero leggere questi documenti, ma con tanti vincoli, e non è dato sapere quali procure li hanno visionati». Subito dopo il quotidiano di Torino spiega: «Il segreto riguarda una serie di telegrammi cifrati sui rapporti occulti tra Italia e palestinesi, l’Olp, la formazione al-Fatah di Yasser Arafat, la formazione ancor più estremistica Fplp di George Habbash, altri servizi segreti arabi, i libici. Nel plico ci sono gli allarmi che Giovannone faceva rimbalzare a Roma. L’escalation nel corso del 1979 e 1980 di minacce contro gli italiani da parte del gruppo terroristico Fplp dopo che furono sequestrati ad Ortona, in Abruzzo, alcuni missili terra-aria di fabbricazione sovietica che stavano portando attraverso l’Italia. Oppure i riferimenti al super-terrorista Carlos, sanguinario e folle, che era al soldo del Patto di Varsavia, ma anche di Gheddafi o di Saddam Hussein».

C’è, poi, un documento che «impressiona più di tutti», scrive ancora La Stampa: «Un cablo arrivato a Roma il 27 giugno 1980, proprio il giorno in cui sarebbe precipitato il Dc9 dell’Itavia con 81 persone a bordo, nel quale il colonnello del Sismi avvisava che l’Fplp dichiarava superato il Lodo Moro. Da quel momento per il gruppo di Habbash non vigeva più l’accordo che era stato stipulato sei o sette anni prima e che garantiva di tenere fuori l’Italia da atti terroristici. In cambio, ci eravamo impegnati a favorire i palestinesi in molti modi. Soprattutto sul piano diplomatico: avremmo aiutato l’Olp ad ottenere il riconoscimento dalla Comunità economica europea. Riconoscimento che venne il 14 giugno con una famosa, all’epoca, Dichiarazione di Venezia. Presidente del Consiglio era Francesco Cossiga». E se oggi quel passaggio «è negletto – conclude il quotidiano -, occorre ricordare che per impedire la Dichiarazione di Venezia si mossero forze potenti. Saddam, Gheddafi e Assad erano come impazziti contro Sadat (che sarebbe stato assassinato l’anno dopo) e Arafat, considerati traditori della causa. La settimana seguente, tra il 22 e il 23 giugno, Venezia ospitò anche una riunione del G7 con il Presidente Carter. L’ex ambasciatore Richard Gardner nelle memorie accenna all’incubo di un attentato contro il suo Presidente. Francesco Cossiga insomma fu il mattatore dell’estate ’80. Le stragi sono collegabili a quegli eventi? Le carte di Giovannone per il momento non ci aiuteranno».

Cavazza spiega che nella missiva il governo italiano afferma che quelle note di Giovannone «non sono attinenti» alla strage di Ustica, «ma secondo noi, invece, sono interessanti per disegnare lo scenario». «Non sono arrabbiata – spiega Cavazza – me l’aspettavo, ma in sostanza, visto che il segreto scadrebbe nel 2029 e poi basterà mettere una firma per rinviare ancora di quinquennio in quinquennio, bisognerebbe vivere come degli Highlander… ma non ci diamo per vinti».

Ma Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti vittime della strage di Ustica, commenta: «Sono tre anni che queste persone continuano a diramare la stessa notizia, le stesse banalità e le stesse menzogne. Quelli sono incartamenti relativi a un’altra vicenda e che hanno dei livelli di segretezza previsti dalla legge, e se contenessero elementi relativi ad Ustica sarebbero già stati consegnati, da direttiva Renzi, all’Archivio di Stato, e sarebbero, dunque, visibili. Ma proprio perché non contengono nessun elemento relativo alla vicenda di Ustica, stanno lì e seguiranno il loro corso». E subito dopo chiosa: «È vergognoso e davvero insultante, dopo 40 anni di battaglie e dopo la presenza del Capo dello Stato a Bologna, dove ha auspicato insieme a noi che gli Stati stranieri collaborino per dirci i nomi degli autori della strage, che ancora ci si attardi con un titolo, quello dell’articolo, indecente e indecoroso e che richiama un mai esistito segreto di Stato sulla vicenda».

«L’unica sentenza che ha analizzato e confrontato fatti, testimoni e perizie, ha stabilito che parlare di battaglia aerea è pura fantascienza. Sentenza definitiva della Corte di Cassazione penale. L’ex senatrice Bonfietti dovrebbe saperlo. Questa è semplice verità dei fatti», replica Eugenio Baresi, già segretario della Commissione Stragi, in risposta alla presidente Bonfietti.

«La verità sulle stragi di Ustica e di Bologna farebbe male all’Italia», accusa Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir. «La giustificazione con cui il presidente del Consiglio avrebbe risposto ai familiari delle vittime  – aggiunge – che chiedono verità e quindi giustizia non può in alcun modo essere condivisa. È solo la menzogna che fa male all’Italia». «Anche il Copasir ha chiesto, con una deliberazione assunta all’unanimità e dopo aver letto quei documenti, di desecretare le note di Giovannone dal Libano inerenti nello specifico l’assassinio di Aldo Moro e le stragi di Ustica e Bologna. Tutti coloro che hanno letto quelle carte sono convinti che possano contribuire a svelare la verità e quindi a fare vera giustizia. Attendiamo la risposta ufficiale del presidente del Consiglio per giudicare», conclude il senatore Urso.

Sul caso interviene anche Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia: «Da quarant’anni sulla strage di Ustica si combattono due tesi contrapposte: quella della bomba sull’aereo e quella del missile lanciato per sbaglio in uno scenario di guerra. A me oggi preme solo ricordare che nell’ultimo, recente anniversario della strage, il premier Conte ha detto che “non devono esserci più veli a coprire le pagine più tragiche della nostra storia nazionale”. Ebbene, la notizia che Palazzo Chigi ha prorogato per otto anni il segreto di Stato sui documenti del Sismi a Beirut va nella direzione esattamente opposta. Se non si trattasse di una tragedia nazionale, sarebbe lecito parlare di farsa».

da il dubbio

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