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Sri lanka: conflitto sociale e repressione

Non si  placano in Sri Lanka le tensioni politiche e il conflitto sociale. Arrestato anche Joseph Stalin segretario del sindacato Sri Lanka Teachers’ Union

di Gianni Sartori

Da mesi l’Isola è travolta da una crisi economica senza precedenti, probabilmente la peggiore dal giorno dell’indipendenza nel 1948: inflazione galoppante, scarsità di valuta straniera, lunghi, quotidiani periodi di mancanza elettricità, scarsità e razionamento di generi alimentari, medicinali e carburanti.

Un contesto desolato e desolante in cui non si attenua ma si inasprisce l’attività repressiva.

Il 3 agosto è stato arrestato Joseph Stalin (tranquilli, solo un omonimo, abbiamo controllato…) segretario del sindacato Sri Lanka Teachers’ Union. In prima linea nelle lunga serie di manifestazioni e proteste che hanno di fatto sfrattato e costretto il mese scorso alla fuga il presidente Gotabaya Rajapaksa.

Oltre che per l’insolito nome e per la sua notorietà (dell’arrestato s’intende), l’arresto di questo dissidente ha suscitato qualche scalpore trattandosi, almeno finora, del più anziano tra le centinaia di persone incarcerate negli ultimi mesi. Tutte accusate di aver danneggiato, saccheggiato beni pubblici e di aver partecipato all’assalto della residenza di Rajapaksa (a Colombo il 9 luglio) quando i soldati avevano aperto il fuoco sulla folla.

Nonostante nei giorni precedenti fosse stato istituito il coprifuoco, a migliaia lo avevano ignorato e avevano costretto le ferrovie a condurli fino a Colombo per aggregarsi alla protesta in atto.

Del resto, pur avendo in un primo momento, diplomaticamente, garantito che si sarebbe applicata una distinzione tra “manifestanti” e “rivoltosi”, il nuovo presidente Ranil Wickremesinghe aveva promesso di prendere severe misure punitive contro gli autori dei disordini.

Tra gli arrestati anche un uomo di 43 anni accusato di aver prelevato e bevuto una birra dal frigo dell’ex presidente. Con l’aggravante di aver pubblicato la foto su Facebook (ma si può !?!) ed essersi portato via il bicchiere o una tazza. Un pericoloso sovversivo, beninteso.

Un altro manifestante, un sindacalista portuale, era già stato fermato per aver prelevato due bandiere dal palazzo e averle poi utilizzate una come copriletto e l’altra come sarong.

Appare quindi scontato che anche con il nuovo presidente la musica rimarrà la stessa. Poche ore dopo l’investitura ufficiale di Ranil Wickremesinghe (il quale mentre svolgeva tale funzione ad interim aveva decretato lo stato d’emergenza estendendo i poteri di polizia ed esercito), le forze antisommossa armate di fucili d’assalto avevano scacciato i manifestanti e abbattuto le barricate, trincerandosi poi attorno al palazzo presidenziale che qualche giorno prima era stato invaso da migliaia di persone.

In continuità con quanto accadeva nelle settimane precedenti quando la polizia aveva distrutto la tendopoli (denominata “GotaGoGama”) allestita nelle strade circostanti. Anche allora centinaia di manifestanti venivano manganellati (compreso qualche giornalista) e fermati.

In questi mesi manifestazioni e scontri si sono registrati in gran parte del Paese, non solo nella capitale.

Il 19 giugno disordini erano scoppiati a Vusuvamadu quando le pompe di benzina si erano ritrovate a secco. E anche in questo caso i soldati avevano aperto il fuoco ferendo alcuni manifestanti che avevano risposto lanciando pietre (esiste anche una versione opposta sulle dinamiche).

Il palazzo presidenziale era già stato preso d’assalto alla fine di maggio (a conclusione di un ciclo di proteste che durava ormai da oltre 50 giorni) da migliaia di studenti che già allora chiedevano le dimissioni di Gotabaya Rajapaksa. Il 31 marzo invece era stata l’abitazione privata del presidente a venir stretta d’assedio, costringendolo a rifugiarsi nel palazzo presidenziale per maggior sicurezza.

In maggio tuttavia pare che la polizia si fosse limitata a usare cannoni ad acqua e lacrimogeni evitando di aprire il fuoco.

Ranil Wickremesinghe (all’epoca in veste di primo ministro) aveva promesso di istituire una quindicina di “comitati” (in cui includere anche esponenti del movimento di protesta) per discutere insieme ai membri del Parlamento sul futuro assetto politico del paese.

Proprio in quei giorni (e sempre come conseguenza delle proteste) Wickremesinghe era appena stato nominato primo ministro in sostituzione di Mahinda Rajapaksa,fratello di Gotabaya.

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