La continua diminuzione dei costi nel settore della logistica, e non solo in questo, è da tradurre in maggiori guadagni per multinazionali, azionisti e dirigenti, denari che non finiranno mai nelle buste paga dei lavoratori
di Marco Sommariva*
Oggi desidero annoiarvi col raccontarvi la mia giornata di ieri e non per eccesso di egocentrismo, ma perché la ritengo parecchio indicativa dei tempi che stiamo vivendo, o meglio, dei tempi che ci stanno facendo vivere.
Inizio col dirvi che, per la giornata di ieri, mi ero preso otto ore di ferie per avere tutto il tempo necessario a svolgere diverse commissioni personali, piacevoli e non.
La prima commissione era di quelle piacevoli, ritirare il doppio cd dei The Clash, Sandinista!, presso uno dei pochi negozi di dischi rimasto a Genova, gestito da un amico: l’avevo prenotato e, dopo giorni di attesa, ero stato avvisato dell’arrivo del cofanetto in mattinata. A grandi linee, eccovi cosa mi dice l’amico gestore dell’attività quando mi presento in negozio:
“Marco, mi spiace, ma non è arrivato, o forse sì ma il corriere non trovava il pacco destinato al mio negozio, forse gliel’avevano caricato per primo e restava dietro tutti gli altri. Dopo un po’ che lo cercava gli ho detto io di andare via. Io, però, non segnalerei la cosa al suo datore di lavoro: son tutti ragazzi quelli che sfrutta questo Corriere, sudamericani che sanno a malapena parlare l’italiano, costretti a pagarsi le multe e una specie di penale per ogni pacco non consegnato in giornata. Alcuni mi dicono dover farsi carico anche della manutenzione del mezzo. Quando stamattina il ragazzo è arrivato qua e ha aperto il furgone, c’erano stipati dentro decine e decine di pacchi da consegnare entro stasera e mi ha fatto tenerezza. Sei d’accordo se non segnalo nulla e magari torni un altro giorno? È perché sono certo che se la prenderebbero con lui, è già successo. Ti chiamo io quando avrò il disco fisicamente in negozio, ok?”
Anche la seconda commissione era di quelle piacevoli, andare in edicola ad acquistare l’ultimo numero di un famoso mensile musicale che accompagna ogni uscita della rivista con un cd.
Nella delegazione genovese dove abito, che conta oltre quarantamila abitanti, hanno chiuso moltissime edicole così come in tutta Italia, ma resistono comunque le due più centrali, quelle “storiche”, e lì sono andato: né la prima né la seconda avevano la rivista, e non perché l’avevano venduta, semplicemente perché non gliela mandano più. A grandi linee, eccovi cosa mi è stato detto da entrambe le edicolanti: “Spiace per lei, ma ne ricevevo una copia e, visto che non la vendevo tutti i mesi, non mi è stata più mandata”.
In giornata, mi son recato da altre edicole più piccole, meno fornite, ma quella rivista non l’avevano mai ricevuta, o meglio, “forse anni e anni fa sì, quando c’era ancora mio padre in edicola ricordo che… poi però… non vendendola…”
La terza commissione era meno piacevole, ossia andare in un ufficio di Poste Italiane con tanto di appuntamento preso da tempo per un’operazione che, data la mia età (ho superato i sessant’anni), non sono in grado di fare direttamente col mio cellulare e devo affidarmi a un’impiegata. A grandi linee, eccovi cosa mi dice dopo quasi un’ora di tentativi falliti la ragazza gentilissima che mi ha fatto accomodare nel suo ufficio:
“Signor Sommariva, mi spiace, ma oggi non si riesce a fare nulla: internet non regge, forse per l’eccesso di traffico sulla rete – sa, oggi è giorno di pensioni –, forse per il caldo eccessivo o, chissà, forse per entrambe le cose. Le devo chiedere la cortesia di tornare dopodomani così riproviamo, riesce?”
La quarta commissione era ancor meno piacevole della precedente, dovevo accompagnare mio figlio in uno dei più grandi e attrezzati ospedali genovesi per una visita che, nonostante le pessime condizioni di salute del ragazzo, abbiamo dovuto attendere per giorni, appuntamento che nelle precedenti ventiquattr’ore mi era stato spostato via whatsapp prima di Padiglione, poi di Piano e infine di orario. A grandi linee, eccovi cosa mi dice la dottoressa dopo la visita iniziata con quasi cinquanta minuti di ritardo rispetto all’ultimo orario comunicatomi via sms, e dopo una decina di ricerche di segnale in ogni angolo del suo ufficio, del corridoio e dell’ufficio della collega:
“Signor Sommariva, mi spiace, ma il pagamento dovrà effettuarlo domani o nei prossimi giorni tramite bonifico perché, l’ha visto anche lei, non c’è un angolo dove il cellulare prenda almeno due tacche, e senza queste il POS non funziona. Comunque, qua ha le ricette, vada in farmacia e veda di far iniziare la cura a suo figlio il prima possibile, magari già stasera”.
La quinta commissione era diventata l’andare in farmacia, e così ho fatto. A grandi linee, eccovi cosa mi dice il dottore della farmacia dopo aver letto le ricette della dottoressa:
“Signor Sommariva, mi spiace, ma questi quattro medicinali non li ho, però glieli posso far arrivare: se torna tra un paio d’ore, li troverà senz’altro, anzi no, torni fra tre ore così è certo di non fare un viaggio a vuoto”.
Tre ore dopo…
“Signor Sommariva, mi spiace, ma il furgone per la consegna dei medicinali richiesti, non s’è presentato. Le assicuro che non era mai successo prima. A questo punto dovrebbe provare domattina, riesce?”
Mi resta giusto il tempo d’andare presso un grosso supermercato cittadino, per vedere se riesco a concludere qualcosa, fare la spesa.
Chiedo a un amico mio coetaneo diventato ultimamente uno dei responsabili del supermercato, se era mica previsto che numerosi scaffali vuoti venissero riempiti a breve, ma mi risponde:
“Mi spiace Marco, ma oggi diversi mezzi non hanno consegnato mentre con gli altri abbiamo difficoltà a scaricarli perché non abbiamo personale a sufficienza”.
Mentre, al momento di pagare, è la cassiera che ha inserito nel lettore la mia card coi ticket che l’azienda per cui lavoro ci ripaga del servizio mensa sottrattoci anni fa, a dovermi dir qualcosa:
“Mi spiace, ma oggi a questa cassa la rete va e viene, e in questo momento non va: le spiace farsi un po’ da parte così continuo con gli altri clienti? Se per pagare non avesse abbastanza sul suo conto, potrebbe spostare la merce su un’altra cassa? Tranquillo, non le faremmo ci certo fare un’altra coda”.
Accetto di spostarmi di cassa, ma qualcosa non deve aver funzionato perché, uscendo dal supermercato, scatta l’allarme di chi prova a trafugare merce senza pagare e vengo avvicinato da un gigante africano che mi controlla minuziosamente l’intero carrello e lo scontrino, prima di dirsi dispiaciuto e augurarmi una buona serata.
Quando arrivo a casa è tardissimo, sono sfinito, ma a ridurmi così non è stato solo il caldo umido che ieri opprimeva Genova.
Ma visto che la giornata non è ancora terminata, c’è un ultimo episodio che la dice lunga circa i tempi che stiamo vivendo, o meglio, dei tempi che ci stanno facendo vivere. Eccovi la chiusa di ieri, martedì 1° luglio 2025: alle 20e30 un collega mi chiede via whatsapp se anche dalle mie parti siamo senza corrente da quasi un’ora. Me lo domanda perché abita in una delegazione genovese confinante la mia. Gli rispondo di no, che da me la corrente c’è. Il collega mi scrive che un suo vicino di casa sta strillando da quasi un’ora perché rimasto chiuso dentro l’ascensore, e non sarà l’unico a subire questa sorte in tutta la regione, visto che stamattina l’edizione online del quotidiano locale più venduto, Il Secolo XIX, titolava così la prima pagina: “Emergenza caldo, la Liguria fa i conti con i blackout. E gli ascensori diventano trappole”.
Non credo tutti voi conosciate il significato di “just in time”, ma se andaste su Wikipedia trovereste scritto più o meno questo: just-in-time è un’espressione inglese che significa “appena in tempo”, è una filosofia industriale che ha invertito il “vecchio metodo” di produrre prodotti finiti per il magazzino in attesa di essere venduti, detto logica “push”, passando alla logica “pull” secondo cui occorre produrre solo ciò che è stato già venduto o che si prevede di vendere in tempi brevi; in pratica, la logica che regnava una volta era quella del “make to stock” che aveva costi sicuramente alti ma i prodotti li trovavi sempre disponibili, ora invece comanda il “make to order” che ha costi decisamente più bassi ma sono infiniti i disguidi e i ritardi sull’intero processo, e il “make to order” non è praticabile senza il “just in time”, appunto.
Non voglio annoiarvi oltre, è che io lavoro nel settore della logistica e vi assicuro che perché il “just in time” funzioni, occorre che a gestire l’intero processo ci siano così tanti lavoratori preparati e qualificati che, con la superficialità che regna al giorno d’oggi nel mondo del lavoro in Italia, non potrà mai funzionare – anche per via delle nostre infrastrutture che non sono di certo quelle del Giappone.
La logistica è un settore che è molto di più che il semplice trasporto di merci da un luogo a un altro tramite mezzi; è un sistema complesso che coinvolge pianificazione, gestione delle scorte di magazzino, coordinamento con fornitori e clienti, e analisi dei dati per ottimizzare l’intera catena di approvvigionamento, ossia l’intera rete di processi e attività coinvolti nella produzione e distribuzione di un prodotto o di un servizio, dall’approvvigionamento delle materie prime fino alla consegna al cliente finale. La logistica è un insieme di attività che mirano a garantire l’efficienza, la puntualità e la riduzione dei costi in tutte le fasi, dall’approvvigionamento alla distribuzione.
Ecco, sulla riduzione dei costi non ho alcun dubbio – sia questa sia stata ottenuta sulla pelle dei lavoratori, sia questa ne derivi da giacenze di magazzino ridotte all’osso (motivo per cui dalla farmacia al supermercato non era sullo scaffale ciò di cui avevo bisogno) –, molti ne nutro, invece, riguardo l’efficienza e la puntualità; due fattori quest’ultimi che nella giornata di ieri, come ho avuto modo di raccontarvi, non mi hanno soddisfatto in nulla, letteralmente.
L’efficienza e la puntualità che non vengono rispettate sulla pelle dell’utente sono, sia chiaro, qualità non più garantite da costi risparmiati come i Corsi d’aggiornamento inesistenti o fasulli oppure come i passaggi di consegne, quelli sì totalmente inesistenti, tra chi va in pensione e chi li sostituisce; solitamente tre escono e uno entra, e spesso chi entra ha un contratto a termine.
Costi risparmiati che vanno tradotti in maggiori guadagni per multinazionali, azionisti e dirigenti, denari che – sia chiaro anche questo – nessuno pensa neanche lontanamente di farne finire una microscopica parte nella busta paga del corriere sudamericano, dell’impiegata gentilissima di Poste Italiane o in quella del gigante africano che mi controlla il carrello sino all’ultimo yogurt, che poi sono gli stessi utenti che non riusciranno a consolarsi con un disco o una rivista perché in ritardo o introvabile, o non riusciranno a curarsi prima d’aver fatto più volte avanti e indietro da casa alla farmacia di fiducia.
Ora mi piacerebbe tanto salutarvi dicendo che tutto quel che ho scritto prima, è soltanto frutto della mia fantasia o che mi è accaduto nell’arco di un mese, e invece no, vi dico che è tutto dannatamente vero. Mi spiace Signori lettori.
P.S.: la sapete l’ultima? Stamattina sono andato in farmacia a ritirare i farmaci per mio figlio e sapete cosa mi è stato risposto? “Signor Sommariva, mi spiace ma…”. Giuro.
*scrittore sul sito www.marcosommariva.com tutte le sue pubblicazioni
Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000
News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp