Senza cibo, senza medicine, senza ripari, con poca acqua e insufficiente elettricità. La popolazione di Gaza è nuovamente sotto assedio completo
di Eliana Riva da il manifesto
Dopo il blocco degli aiuti umanitari ordinato da Netanyahu nove giorni fa, domenica il ministro israeliano dell’energia, Eli Cohen, ha tagliato anche la fornitura elettrica, spegnendo la linea che alimenta il più importante impianto di desalinizzazione nel centro della Striscia. «Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione per riportare gli ostaggi e garantire che Hamas non sia più a Gaza dopo la guerra», ha dichiarato Cohen. E gli strumenti comprendono far morire di fame e di sete due milioni di palestinesi. Almeno 600mila palestinesi beneficiano dell’acqua potabile dell’impianto, ha informato il portavoce dell’Unicef Jonathan Crickx, e anche se i pannelli solari ne garantiscono in parte il funzionamento, tantissime persone saranno costrette a utilizzare l’acqua contaminata dei pozzi. Il sindaco di Deir al-Balah, Nizar Ayyash, ha detto che il taglio israeliano riduce del 70% l’approvvigionamento idrico al centro e al sud di Gaza.
LA RELATRICE Onu per i diritti umani nei territori occupati, Francesca Albanese, ha dichiarato in un post su X che la responsabilità di ciò che sta accadendo non è solo di Israele ma di tutti coloro che non fanno nulla di concreto per provare a fermarlo: «Nessuna sanzione/nessun embargo sulle armi contro Israele significa aiutare e assisterlo nella commissione di uno dei genocidi più prevenibili della nostra storia». Alcuni parenti degli ostaggi ancora presenti nella Striscia hanno inviato una lettera al premier Netanyahu chiedendogli di ripristinare la fornitura elettrica per non mettere in pericolo i propri cari, minacciando di intraprendere vie legali se la loro richiesta dovesse rimanere inascoltata.
L’ASSEDIO è il tentativo dichiarato di mettere sotto pressione Hamas durante i negoziati. Letteralmente, l’utilizzo della fame come arma di guerra. Una punizione collettiva con lo scopo di costringere il nemico ad accettare le proprie condizioni. Il gruppo islamico ha fatto sapere in effetti di aver «ammorbidito» le proprie richieste e di attendere l’esito dei colloqui tra Israele e i negoziatori. Una delegazione è partita lunedì pomeriggio da Tel Aviv per giungere Doha, con il mandato di verificare le condizioni per una ripresa del cessate il fuoco e dello scambio di ostaggi e prigionieri. Allo stesso tempo, il Capo di stato maggiore israeliano ha cancellato i congedi per i soldati, che dovranno rimanere in uno stato di massima allerta e pronti a nuovi combattimenti. Il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, ha smentito le dichiarazioni dell’inviato statunitense per gli ostaggi, Adam Boehler, che aveva descritto come «molto utili» i colloqui con Hamas ed era addirittura arrivato a prevedere il raggiungimento di un accordo entro poche settimane.
AL CONTRARIO, Rubio ha riferito degli incontri come qualcosa che non si ripeterà e che non ha dato i frutti sperati. Rassicurazioni, queste, che riscaldano il cuore di Netanyahu, dopo la notizia mal digerita dei negoziati diretti Usa-Hamas. Un’altra conferma dell’indissolubilità dei legami tra Washington e Tel Aviv è giunta dal consigliere del presidente Usa per gli affari arabi, e suo consuocero, il libanese Massaad Boulos, che ha incontrato a Washington Yossi Dagan, uno trai i leader più estremisti dei coloni israeliani. Boulos si è rivolto a quello che ha definito «il popolo di Samaria», utilizzando il nome biblico con cui Israele identifica parte della Cisgiordania occupata. Yossi Dagan è un forte sostenitore del progetto di colonizzazione della Striscia di Gaza e ritiene gli accordi di Oslo un impedimento all’acquisizione di terra palestinese. Per questo motivo, li ha dichiarati «morti». Proprio come ha fatto ieri un altro leader dei coloni, capo di Potere ebraico, Itamar Ben Gvir. L’ex ministro della sicurezza nazionale ha proposto alla Knesset un disegno di legge per revocare gli accordi di Oslo: «Stiamo correggendo un’ingiustizia di lunga data», ha scritto Ben Gvir in un post su X. In questo modo Tel Aviv reclamerebbe come propri tutti i territori palestinesi occupati. Mentre il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, sta lavorando all’attuazione del piano di deportazione proposto da Trump per Gaza. Ha dichiarato, infatti, che il governo istituirà una «amministrazione della migrazione» con lo scopo di supervisionare l’esodo dei palestinesi.
INTANTO, i militari israeliani hanno ucciso una donna a Rafah, nel quartiere di Tal al-Sultan. Secondo le autorità locali, dal 7 ottobre 2023 sono state almeno 12.317 le donne uccise nell’enclave. Nel rapporto giornaliero sulle vittime, il ministero della salute palestinese ha registrato nove morti: quattro uccisi e cinque recuperati dalle macerie. L’esercito ha dichiarato di aver colpito tre persone a Shujaiyeh, sospettate di posizionare ordigni esplosivi. Nelle zone in cui c’è presenza dei militari, Israele applica lo stesso protocollo ordinato nei campi profughi sotto assedio della Cisgiordania: se qualcuno sembra rovistare tra il terreno può essere ucciso, dai cecchini o dai droni. È scaduta ieri la data ultima per il ritiro totale dell’esercito dal corridoio Filadelfia, al confine tra Gaza e l’Egitto. Negli accordi per il cessate il fuoco Tel Aviv aveva sottoscritto l’impegno di lasciare l’area ma la presenza militare è ancora numerosa e Hamas ha accusato Israele di una nuova violazione del cessate il fuoco.
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