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Roma 23 marzo 1944: azione partigiana a Via Rasella

Giovedì 23 marzo 1944: Rosario Bentivegna, partigiano dei Gap, gruppi di azione patriottica , gira per Roma vestito da netturbino, trainando un carretto di ferro che contiene immondizia. In mezzo all’immondizia sono nascosti 18 chili di tritolo, attaccati ad una miccia.

Alle due del pomeriggio arriva a via Rasella, dalla quale sarebbero dovuti passare da lì a poco gli occupanti tedeschi. L’undicesima compagnia del SS-Polizeiregiment “Bozen” , formata da circa centocinquanta soldati, arriva pochi minuti prima delle quattro. Bentivegna accende la miccia e si allontana dal carretto, ma nel frattempo alcuni ragazzini si avvicinano al carretto e cominciano a giocare a pallone: Pasquale Balsamo, altro gappista, corre verso i bambini e dà un calcio al pallone, facendoli allontanare.

Circa un minuto dopo l’accensione della miccia, il carretto esplode, uccidendo trentadue soldati tedeschi, il partigiano Antonio Chiaretti e un ragazzino italiano. Un altro tedesco morirà all’ospedale nella notte, mentre altri nove spireranno nei giorni successivi.

Quando la notizia dell’azione partigiana, in pieno giorno e nel centro di Roma, giunge ad Adolf Hitler, egli dispone che per ogni soldato tedesco morto vengano uccisi cinquanta cittadini italiani, e che l’intero quartiere venga dato alle fiamme.

Alla fine la decisione del capo della Gestapo a Roma, Herbert Kappler, ridimensionerà questo numero a dieci italiani per ogni tedesco rimasto ucciso durante l’esplosione.

Le vittime prescelte sono innanzitutto detenuti accusati di fare parte della Resistenza ed ebrei ma, per raggiungere il numero stabilito, si aggiungono anche detenuti comuni già condannati o in attesa di processo: alla fine sono 335 coloro che vengono prelevati dal carcere Regina Coeli come ostaggi.

La mattina successiva, venerdì 24 marzo, un gruppo di camion tedeschi arriva in periferia di Roma, sulla via Ardeatina, in una zona abbandonata: i 335 condannati a morte vengono fatti scendere a gruppi di cinque, con le mani legate dietro la schiena, per ricevere il colpo alla nuca che li ucciderà. I tedeschi, dopo aver infierito sui corpi delle vittime, faranno anche esplodere numerose mine per far crollare le cave dove si è consumato il massacro, al fine di nasconderne la portata. L’episodio passerà alla storia come l’eccidio delle Fosse Ardeatine. (da InfoAut)

 

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