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Il razzismo, la divisa e l’Italia genuflessa

Mentre sui giornali si continua a discutere a pieno regime della scelta della nazionale italiana di inginocchiarsi o meno agli Europei in solidarietà con Black Lives Matters, un’altra notizia passa quasi totalmente sotto silenzio.

Alcuni giorni fa nella democratica Milano dei diritti civili un gruppo di ragazzi e ragazze di seconda generazione sono stati violentemente aggrediti da un manipolo di carabinieri in assetto antisommossa che li ha insultati, picchiati ed umiliati. (video)

La loro colpa? Stare seduti fuori da un Mc Donald in Darsena a fare ciò che fanno i giovani, divertirsi e stare insieme. A scatenare la violenza delle forze dell’ordine sarebbe stato il rumore di un campanello di un monopattino elettrico.

Sono intervenuti sette pattuglie e due blindati della celere per il rumore di un campanello di un monopattino elettrico.

I carabinieri mentre assalivano i ragazzi urlavano “Annientate questo negro” e “Torna al tuo paese”.

I giornali liberali che gettano fiumi di inchiostro quotidianamente sui diritti civili e mostrano fieri i loghi con le bandierine arcobaleno si sono limitati a definire ciò che è accaduto una “rissa” sottolineando come i giovani fossero per lo più di origine straniera e pubblicando le solite veline questurine come se nulla fosse.

Poche settimane fa un episodio simile, anche se meno violento, aveva avuto luogo a Torino.

Ma queste notizie non meritano la prima pagina, perchè in Italia il razzismo tra le forze dell’ordine non esiste e gli abusi in divisa sono un’invenzione. Chi non ricorda le interviste a piena pagina a Gabrielli ed altri eminenti dirigenti delle forze dell’ordine durante l’esplosione di BLM negli Stati Uniti? Per far parlare questi soggetti sui media mainstream c’è sempre spazio, mentre la voce di chi subisce abusi quotidiani, di chi misura sulla propria pelle ogni giorno cosa vuol dire inclusione differenziale, cosa significa razzismo sistemico, per loro al limite c’è qualche lacrima di coccodrillo quando accadono le cosidette “tragedie”.

Intanto se la tua pelle è di un altro colore puoi rischiare di venire messo sotto da un camion ad un presidio di protesta per i diritti sul lavoro, puoi morire di fatica sotto il sole cocente in un campo, puoi essere tranquillamente picchiato, arrestato e denunciato senza motivo nella civilissima Milano.

Intanto i picchiatori di Stato possono fare una strage nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ed un ministro può “rinnovare la fiducia nella penitenziaria” anzicchè ammettere che esiste un problema.

Ecco che la nazionale non si inginocchia, ma a genuflettersi al cospetto dell’abuso di Stato e della violenza in divisa è tutta la solita schiera di scribacchini, politici e opinionisti, in grado di prendere parola su tutto, di cambiare i loghetti dei propri social a seconda del vento che tira, ma strutturalmente impegnati a riprodurre il razzismo sistemico, la criminalizzazione dei giovani e coprire la violenza dei forti sui deboli.

Il problema non sono una quindicina di babbi ignavi strapagati per prendere a calci un pallone, loro sono solo il riflesso del perbenismo, del razzismo peloso, dell’ipocrisia conclamata che è sistematicamente riprodotta da tv, social e giornali in quest’Italia genuflessa. Un’ipocrisia in cui cresce il seme della reazione e della lotta tra poveri.

La rottura di questa ipocrisia non verrà da qualche bianco che per convenienza si inginocchierà in campo, ma da quanti più di ogni colore alzeranno la testa contro il razzismo sistemico, la disuguaglianza e l’oppressione per fargli pagare ogni abuso, ogni violenza, ogni connivenza.

da InfoAut

Milano: Razzismo e abuso in divisa in Darsena

 

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