Un’analisi del voto referendario a cura di Salvatore Palidda – La vittoria del NO non può essere considerata esito di un voto di “pancia”, di matrice qualunquista e populista (nel senso deteriore del termine). È una presa di posizione cosciente e razionale di una buona fetta dell’elettorato italiano che non ha gradito le scelte politiche ed economiche del governo Renzi.

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Ecco innanzitutto alcuni dati  indispensabili:

Il voto

Abitanti/Elettori: 65.138.790/50.773.284; votanti: 33.244.258, (65,47 %);

Per il SI: 13.432.313, 40,89% (26,45 sul totale degli aventi diritto di voto);

Per il NO: 19.419.800, 59,11% (38,24 sul totale degli aventi diritto di voto);

Schede bianche o nulle : 392.145 (0,7%); non votanti: 17.529.026 (34,5%);

Residenti all’estero: 4.052.341; votanti: 1.246.342, 30,75%  (qui la fonte ).

I dati economici e sociali

Il tasso di povertà e d’esclusione sociale è del 28,7% (17 milioni 469 mila persone, superiore ai 12 milioni 882 mila stabiliti dall’Europe 2020), e nel Sud del paese raggiunge il 46,4% (dati Istat dic. 2016). Il reddito medio in Italia è 29.472 euro. Ma metà delle famiglie non ha più di 24.190 euro e al Sud 20.000 euro. Nella classifica UE l’Italia si piazza in sedicesima posizione come il Regno Unito, che –paese campione di liberismo- ha il più alto tasso di diseguaglianza socio-economica (la soglia di povertà e d’esclusioni sociale è stabilito a un reddito annuale netto inferiore a 9.508 euro, cifra che varia secondo il numero dei componenti della famiglia)

Il tasso di disoccupazione in Italia

Il tasso nazionale è di 11,6%, ma è stato registrata anche una diminuzione delle persone iscritte alla ricerca di un impiego. Il tasso di disoccupazione dei giovani (15-24 anni) arriva a 36,4% ma nel Sud è vicino al 60%.

Secondo le prime analisi [1] sul voto degli elettori dei vari partiti sembra che il SI abbia avuto successo solo grazie all’80,6% dell’elettorato del PD, al 48,7% dei partitini di destra che governano con Renzi e al 36,2% degli altri di destra che sostengono il governo (verdiniani e vari ex berlusconiani e transfughi vari); il SI ha ottenuto anche il voto del 23,8% di Forza Italia, il 16,4 di chi aveva votato per la lista Tsipras, un po’ più del 10% della Lega Nord e dei fascisti e quasi il 10% dei M5S).

Invece hanno votato NO più del 90% degli elettori del M5S e alte percentuali dei partiti che nelle passate elezioni hanno avuto tra il 2 e il 12% dei voti (più dell’83% dei Tsipras, 76% di FI, 89% della Lega e dei fascisti, ma anche oltre il 51% della destra al governo e quasi il 64% degli altri di destra che sostengono Renzi, ma anche 19,1% del PD).

Ora, tenendo conto dei dati degli elettori rimasti fedeli ai diversi partiti si può dire che eccetto la grande maggioranza del M5S et del PD, per il NO hanno votato anche tante persone che non avevano votato alle precedenti elezioni.

Secondo altri analisi del voto, 81% di chi ha votato NO ha un’età compresa tra 18-34 anni, 67% tra 35-54 anni e 47% più di 55 anni. Le sole regioni che hanno votato SI – ma con una maggioranza risicata – sono l’Emilia-Romagna e la Toscana e la provincia di Bolzano mentre tutto il Sud ha votato a larga maggioranza NO, ma con un tasso di votanti molto più basso che nel Nord. Le analisi del voto dicono anche che il NO ha vinto largamente laddove il tasso di disoccupazione e il tasso di povertà sono più elevati.

Aldilà delle analisi basate sui sondaggi e aldilà di ciò che gridano quelli che cercano di accaparrarsi della vittoria del NO, appare evidente come questo voto abbia sanzionato pesantemente Renzi non solo perché diventato “antipatico” – se non odioso – per la sua arroganza, comune anche al suo entourage, ma soprattutto perché il bilancio del suo governo è molto negativo dal punto di vista della maggioranza della popolazione.

Di seguito alcune e diverse ragioni che hanno mobilitato le diverse componenti dell’elettorato che ha votato NO:

1) Non ha ridotto gli effetti della crisi economica (disoccupazione e  aumento della povertà) mentre non ha smesso di elargire aiuti di ogni sorta alle banche, ai gruppi finanziari, agli imprenditori, alle grandi opere spesso assurde, inutili e anche dannose e a beneficio di inquisiti per affari illeciti (come per il ponte sullo stretto o la TAVTorino-Lione ecc.);

2) Non ha varato alcun programma di risanamento e di prevenzione rispetto ai molto gravi rischi di disastri «naturali» (terremoti e inondazioni), di disastri sanitari-ambientali (vedi la diffusione del cancro e altre malattie quali l’asbestosi e gli incidenti sul lavoro);

3) Non ha fatto quasi nulla per combattere le economie sotterranee e le neo-schiavitù che riguardano sia milioni di italiani che immigrati regolari e senza permesso di soggiorno e ogni sorta d’attività tra legale e illegale spesso «inquinate» dalle mafie;

4) Non ha smesso di far aumentare le spese militari sino a 64 milionial giorno previsti per il 2017 e più del 21% degli investimenti per la difesa in 10 anni. A ciò si aggiunge la crescita del peso della lobby militare e delle polizie con referente politico nel PD, notoriamente col ministro Minniti, grande sponsor dell’ex capo della polizia De Gennaro, di fatto regista delle torture e violenze al G8 di Genova e ora presidente della multinazionale italiana Finmeccanica che vende armamenti agli Emirati e a intermediari che non esitano ad alimentare diversi trafficanti[2];

5) Non ha ridotto per nulla la corruzione e gli affari oscuri e illeciti come quelli nei quali sono coinvolti alcuni membri del governo così come numerosi membri delle amministrazioni locali e delle forze di polizia;

6) Non ha fatto nulla per adottare una legge contro il conflitto d’interessi e i reati dei “colletti bianchi” (aspetti tante volte denunciati da diversi magistrati assai noti, come per esempio Davigo);

7) Ha finito per inglobare nella sua maggioranza più della metà del partito di Berlusconi e scacciare la sinistra nella prospettiva di creare il “partito della Nazione” definitivamente estraneo alla sinistra e quindi rappresentante delle cerchie di affari, degli agiati, e degli strati abbienti favoriti dal liberismo. E non è un caso che Renzi abbia ricevuto le lodi di Berlusconi quale «migliore uomo politico oggi sulla scena»;

Tra altri aspetti, ricordiamo che il NO è stato votato dai sindacati, dall’ANPI, dalla maggioranza dei giuristi democratici e da tutte le ONG che non fanno parte delle clientele dominate dai partiti di governo e dai loro subappaltatori.

Ora, dire che la vittoria del NO sia un successo del populismo di destra e di sinistra e che ciò rischia di condurre a una instabilità grave dell’Italia e anche di tutta l’Europa, una vittoria che fa il pari con il Brexit e il successo di Trump, è un insulto alla grande maggioranza degli elettori italiani che hanno espresso la loro giusta protesta contro la deriva liberista.

Gli attacchi intossicanti contro la vittoria del NO in Italia ricordano ciò che è già stato fatto contro la Grecia. Il terrorismo liberista scatenato contro il «popolo del NO» è emblematico della modalità con cui i poteri finanziari europei cercano d’imporre a forza i loro orientamenti. In più, a riprova che la minaccia di un disastro finanziario è falsa, due giorni dopo il referendum la borsa di Milano ha chiuso a + 4,15 e lo spread è sceso sotto i 160 punti.

I leader della sinistra convertiti al liberismo hanno fatto tutto ciò che gli veniva chiesto di fare e continuano la corsa per schiacciare i lavoratori così come le scuole, le università, la ricerca e le attività culturali. Constatiamo che i Renzi, gli Hollande e i Valls (così come prima Blair) hanno lavorato e continuano a insistere proprio nella prospettiva di distruggere la sinistra, umiliare i lavoratori e ciò che resta delle loro organizzazioni sindacali.

Renzi ha fatto sapere che ha l’intenzione di tenere ben in mano il controllo del PD, continuando a marginalizzare la sua sinistra o costringendola a lasciare il partito. S’illude di poter andare alle elezioni politiche contando sul 40% dei voti del SI e arrivare a superare il M5S grazie anche al sostegno indiretto della destra berlusconiana, che rischia di essere eliminata. Questa ipotesi appare assai aleatoria visto il comportamento dell’elettorato, senza contare che la legge elettorale sarà modificata dalla Consulta sicuramente non a favore di sistemi che favoriscano troppo il partito che prende più voti e non fa scegliere gli eletti.

La leadership di Grillo non può non inquietare perché oscilla tra argomenti di destra o qualunquisti e altri ecologisti e di sinistra. Ma è anche vero che la maggioranza degli elettori e degli eletti del M5S sono, appunto, ecologisti e di sinistra, anche se appare difficile prendere le distanze da una leadership ambigua. Detto ciò, la necessità di trovare mediazioni non potrà che imporsi e allora la questione è sapere se vinceranno mediazioni accettabili o no dal punto di vista della res publica.

Salvatore Palidda

pubblicato in contemporanea anche su Effimera in italia e Mediapart in Francia.

NOTE

[1] I dati riportati sono tratti da diverse fonti: Corriere della Sera, Istituto Cattaneo, Il Fatto Quotidiano, Ilvio Diamanti su La Repubblica.

[2] Si può anche dire che grazie al D’Alema del 1999, a Violante e poi soprattutto a Forcieri e Minniti, il PD è ormai il partito che ha il quasi monopolio della rappresentanza politica della lobby militare e di polizia e ciò spiega anche perché si periti di minimizzare sempre le violenze e torture e crimini tante volte commessi da militari e membri delle polizie per difendere “l’onore di queste sacre istituzioni” anziché programmare un profondo risanamento e quindi una sistematica prevenzione delle derive liberiste che accentuano il facile scivolamento dalla discrezionalità al libero arbitrio (per approfondimenti qui e qui)