Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Lazio, Marche, Puglia, Toscana, Trentino Alto Adige, Valle D’Aosta, Sicilia, Veneto. Sono ben dodici le regioni “fuorilegge” che ospitano nelle patrie galere un numero di persone ben superiore al limite dell’umano. In Emilia Romagna, ad esempio, si è raggiunto il record del 202% della capienza regolamentare mentre in Trentino Alto Adige siamo intorno al 130%. Per quanto riguarda le singole case circondariali al primo posto nella triste classifica delle strutture più affollate c’è il carcere di Caltagirone (Catania) con 259 detenuti (345% oltre il massimo consentito per legge) a fronte di una capienza di 75 e di un limite di tollerabilità che può salire fino a 150. Un sistema, quello carcerario, ormai prossimo all’implosione se consideriamo che sta per entrare in vigore il cosiddetto Pacchetto Sicurezza: “più carcere per tutti”, insomma.E allora, per fronteggiare questa emergenza, ecco che dalla scrivania del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, viene partorito un piano di «interventi necessari per conseguire la realizzazione di nuove infrastrutture penitenziarie e l’aumento di capienza di quelle esistenti»: in tutto il paese verranno realizzati complessivamente 17mila 129 nuovi posti per la faraonica cifra di un miliardo 590 milioni 730mila euro. Oltre un miliardo e mezzo, per la gioia di costruttori edili che si preparano a essere messi all’ingrasso dal governo che, fra Piani Casa e Piani Carceri, ha stanziato, in pochi giorni, quanto messo in campo per fronteggiare l’Emergenza Abruzzo. Il tutto per non risolvere né il problema del sovraffollamento delle carceri, né quello delle migliaia di persone sotto sfratto o senza casa.Un congestionamento, quello degli istituti penitenziari, che, come spiegato nella relazione illustrata del Programma Carceri, riguarda soprattutto le strutture del nord Italia e i grandi agglomerati metropolitani di Roma, Milano, Napoli e Catania. Un intervento di ampliamento che lo stesso Ministero considera necessario «data la protratta incapacità amministrativa di far fronte alla progressiva implementazione della popolazione detenuta». Come dire: vista la stretta legalitaria in atto nel nostro paese, possiamo già prevedere che aumenteranno gli arresti. E allora via a nuove carceri, ovviamente, come denunciato da tutti i sindacati di categoria che hanno manifestato a Napoli lo scorso 22 luglio, fermo restando il già insufficiente numero di agenti di Polizia penitenziaria all’interno delle strutture. Un problema, questo, di cui si è accorto anche il ministro Alfano che, nella relazione, ammette non solo l’uso improprio di agenti «su fronti diversi dal contesto penitenziario», facendo riferimento a compiti di sicurezza, vigilanza e servizio di polizia stradale come voluto dal Ministro degli Interni Maroni, ma la necessità di «riflettere sulla previsione di un piano straordinario di assunzioni».Intanto, però, il governo si dichiara pronto per «la realizzazione in tempi ragionevolmente brevi di 46 nuovi padiglioni in ampliamento a strutture già esistenti» che andranno ad aggiungersi a nuovi istituti penitenziari al posto di quelli attuali e di carceri che sorgeranno ex novo: Pinerolo (Torino), con 400 nuovi posti; Milano per una capienza di mille persone; Genova con 400; Roma che ospiterà mille detenuti; Nola (Napoli) con mille; Reggio Calabria con 250 e Catania con 600. Le regioni che registreranno il maggior aumento di posti in carcere saranno la Lombardia con un incremento di 3587 posti, il Lazio con 2909, la Campania con 2254 e la Sicilia con 1908. Numeri che delineano una sorta di cartina geografica dell’attuale emergenza di sovraffollamento. A Cagliari e Sassari, invece, due nuovi padiglioni detentivi, per un totale di 180 posti, saranno destinati a ospitare i detenuti sottoposti al regime dell’articolo 41 bis.«Invece di contrastare il sovraffollamento con la costruzione di nuove carceri» afferma Angiolo Marroni, Garante dei detenuti del Lazio, «governo e Parlamento dovrebbero puntare a una riforma del codice penale che preveda la reclusione per i casi veramente gravi e un sistema di misure alternative negli altri casi». Basti pensare a Silvio, un italiano senza fissa dimora arrestato mentre era ricoverato all’Ospedale Santo Spirito di Roma, condannato a quasi tre mesi di carcere e a un’ammenda di 4 centesimi per il furto, commesso tre anni fa, di un filone di pane e un altro genere alimentare in un supermercato e che ora si trova nell’infermeria del braccio G14 di Rebibbia con un fine pena fissato al prossimo 3 settembre. Oppure alla vicenda di un detenuto affetto da poliomielite che ha raccontato al Garante dei diritti dei detenuti di aver scontato un residuo di pena di dieci giorni: sempre sdraiato su un letto, costretto, ogni volta che doveva spostarsi per mangiare o andare al bagno, a far superare alla sua sedia a rotelle ripetuti controlli di sicurezza.Storie emblematiche dell’attuale confusione che regna nel sistema della sicurezza italiano che punisce ogni tipo di condotta difforme dalla legge con la reclusione, «con conseguenze drammatiche in termini di sovraffollamento, e che», commenta Marroni, «ha ormai praticamente abbandonato la funzione del recupero sociale dei reclusi garantita dalla Costituzione».
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