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Una piccola ma importante vittoria

Con sentenza di data 17 novembre, il tribunale di Udine ha stabilito che il licenziamento di Federico, lavoratore in appalto dei Servizi educativi (doposcuola) del Comune di Udine, è illegittimo e ha condannato la Cooperativa sociale Onlus Aracon a riconoscergli un’indennità pari a 9 mensilità.

Come Assemblea permanente contro il carcere e la repressione ci siamo da subito mobilitati in solidarietà a Federico, per riconoscere e sostenere la sua lotta e rafforzarla, mettendo in campo, lo scorso 19 ottobre (data dell’udienza per l’impugnazione del licenziamento), un’iniziativa di volantinaggio e speakeraggio ai passanti, davanti al tribunale.

Repressione

Federico è stato licenziato perché rompeva le scatole ai padroni della Aracon, rivendicava condizioni di lavoro migliori e contestava gli approcci repressivi e annichilenti dell’utenza che vengono utilizzati nel campo dei servizi sociali e specialmente dalle cooperative sociali.

La sua ribellione ai diktat padronali gli è costata anni di svalutazione del proprio lavoro, precarizzazione dell’incarico, turni di lavoro mal ripartiti, demansionamento, provvedimenti disciplinari ritorsivi per atti di insubordinazione, marginalizzazione rispetto ai colleghi e alle colleghe, attacchi personali pesanti in assemblea soci; provvedimenti contro i quali il nostro compagno Federico ha sempre fatto resistenza e opposizione.

Licenziamento

Per sferrare l’ultimo colpo la dirigenza della cooperativa sociale Aracon ha furbescamente scelto di licenziarlo per “giustificato motivo oggettivo”, cioè ha addotto motivazioni economiche relative alla perdita di un appalto.

L’impugnazione proposta da Federico ha messo in luce come la cooperativa non abbia nemmeno aspettato la decisione del compagno in merito all’essere assorbito o no dalla cooperativa subentrante, ma al contrario abbia proceduto con altre assunzioni a tempo indeterminato. Da qui la vittoria giudiziaria che Federico ha ottenuto, la quale non è nulla rispetto allo sfruttamento e all’oppressione che i lavoratori salariati devono sopportare ogni giorno, ma che per noi rientra in un percorso di lotta e resistenza che dobbiamo sostenere.

Sentenza

Non abbiamo fiducia nello Stato e nelle sue istituzioni, anzi sappiamo che Stato e padroni vanno a braccetto, ma utilizziamo gli strumenti giudiziari per tentare di difenderci dagli attacchi subiti. Non ci culliamo nell’idea illusoria che migliori condizioni di lavoro si ottengano dalla “legalità”: sappiamo che i lavoratori e le lavoratrici devono conquistarsele con la lotta.

Dobbiamo, infatti, rilevare che il giudice ha dichiarato, anche questa volta, che la normativa del lavoro anno 2020 non prevede di considerare il lavoro come un bene da tutelare materialmente – da ripristinare nel caso di accertata illegittimità del licenziamento, ma per regola soltanto concedendo una monetizzazione, simbolicamente riparatoria in qualche modo del torto subìto.

Questo in un quadro complessivo dove, per rimanere solo agli ultimi 10 anni, abbiamo assistito a: depotenziamento sostanziale dei contratti collettivi nazionali di lavoro, miliardi di soldi pubblici regalati ai padroni e salari sempre più miseri per i lavoratori, metodi sempre più rapaci per l’estrazione di quote sempre maggiori di plusvalore (ad esempio consentendo alle aziende il rifiuto di retribuire ai lavoratori le indennità come la trasferta, la reperibilità telefonica, ecc.), in poche parole alla cancellazione delle conquiste degli sfruttati (uno degli obbiettivi cardine della famigerata lettera Trichet-Draghi dell’agosto 2011, con la quale i poteri finanziari centrali del continente diedero inizio al colpo di mano per distruggere le residuali difese degli sfruttati).

E per i lavoratori e le lavoratrici che si ribellano: intimidazioni, licenziamenti politici, manganellate e processi penali contro manifestazioni e picchetti.

Lotta

Sono sempre i lavoratori il problema: costano troppo, pretendono diritti, esigono pure di essere pagati!

Le lotte  nascono da chi, di fronte a una condizione soffocante, scopre di potersi liberare solo con le proprie forze e non cerca risposte diverse per riequilibrare il presente, ma impone domande altre.

Lo ripetiamo: questa è una storia di ordinaria repressione… come molte altre, che riflette la situazione anche di altri posti di lavoro e di altri ambiti territoriali.

Repressione a cui noi sfruttati e sfruttate dobbiamo resistere e contro cui dobbiamo lottare, per non essere alla mercé dei padroni e dello Stato.

COOP SOCIALI E TERZO SETTORE = SFRUTTAMENTO E REPRESSIONE!

SEGUIRE L’ESEMPIO DI CHI SI RIBELLA, RESISTERE ALLA REPRESSIONE PADRONALE E DI STATO!

10 100 1000 LOTTE CONTRO I PADRONI!

Assemblea permanente contro il carcere – Udine-Trieste

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