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Pestaggi nel carcere di Ivrea. Indagati 25 agenti penitenziari

È arrivata a una svolta l’inchiesta sui pestaggi al carcere di Ivrea, dove i muri dell’infermeria almeno per due anni hanno coperto percosse e umiliazioni compiuti dagli agenti nei confronti di diversi detenuti. Finora erano stati solo loro, con le testimonianze, a far uscire allo scoperto il trattamento che ricevevano, mentre i verbali falsificati provavano a sviare le indagini. Ora invece anche la magistratura ha individuato delle responsabilità nei 25 indagati che nei giorni scorsi hanno ricevuto l’avviso a comparire per essere interrogati. Tra loro ci sono agenti di polizia penitenziaria e medici, – difesi dagli avvocati Celere Spaziante ed Enrico Calabrese – alcuni ancora in servizio nel carcere eporediese, altri nel frattempo trasferiti.

Le carte dell’inchiesta dipingono un quadro inquietante di quello che accadeva dietro le sbarre. Detenuti malmenati mentre i medici prendevano il caffè, ferite da percosse fatte passare per cadute accidentali, umiliazioni come quelle di tenere i carcerati nudi.

Due agenti picchiavano Alì, calci e pugni, e “il medico di turno della casa circondariale, anziché impedire l’evento come sarebbe stato suo obbligo, continuava a sorseggiare il caffè al distributore automatico”.  Questo episodio è il primo di una serie di contestazioni che la procura generale di Torino ha fatto a 25 indagati, 24 agenti di polizia penitenziaria e un medico, coinvolti a vario titolo in pestaggi e punizioni che avvenivano principalmente nell'”acquario”, come era soprannominata l’infermeria che dava sul corridoio.

Sono sette anni che si cerca di far luce su quello che accadeva nel carcere di Ivrea. Gli episodi contestati risalgono al 2015 e 2016. Da allora l’inchiesta aperta dalla procura di Ivrea ha subito parecchie traversie, tra richieste di archiviazioni e opposizioni fatte dall’associazione Antigone, fino a quando la procura generale non l’ha avocata. Sono stati i sostituti pg di Torino Giancarlo Avenati Bassi e Carlo Maria Pellicano, partendo dalle denunce, ad allargare le indagini ad altri episodi e a individuare i reati ipotizzati: lesioni e falsi aggravati, ma non le torture – come invece è stato fatto in un’altra inchiesta per il carcere di Torino – poiché il reato non era ancora contemplato dal codice penale all’epoca dei fatti.

Antigone: “grazie alla Procura di Torino per le indagini dopo anni di disinteresse”

Sarebbero 25 gli avvisi di garanzia recapitati ad agenti penitenziari, funzionari e medici in servizio al carcere di Ivrea e accusati, a vario titolo, di lesioni e falsi aggravati per le presunte violenze su alcuni detenuti.

I casi indagati dalla Procura si riferiscono al periodo che va dal 2015 al 2016. “Antigone – sottolinea l’avvocata Simona Filippi, che per l’associazione segue il contenzioso legale – era venuta a sapere di diversi casi di presunte violenze e aveva presentato alcuni esposti alla Procura di Ivrea, territorialmente competente, anche a seguito delle denunce presentate dal Garante comunale della città piemontese. Nei mesi successivi – sottolinea Filippi – abbiamo registrato un sostanziale immobilismo da parte della Procura eporediese che portò a ben due richieste di archiviazione a cui ci opponemmo. Proprio a seguito di quello che, a nostro rilievo, era un mancato esercizio dell’azione penale, chiedemmo l’avocazione delle indagini al Procuratore generale presso la Procura di Torino che, a due anni di distanza, avrebbe emanato questi avvisi di Garanzia”.

Nell’atto dell’accusa – come riporta anche La Stampa – si legge che Hamed, uno dei detenuti il cui caso Antigone aveva segnalato con un esposto e ora oggetto delle indagini, fu picchiato con pugni e calci da sette agenti. In due gli tenevano ferme le braccia. Gli altri menavano. E il medico di turno della casa circondariale continuava a sorseggiare il caffè delle macchinette automatiche. Non un cenno, non un intervento per fermarli. Nemmeno una comunicazione al direttore come sarebbe stato suo dovere.

“Anche se i fatti in oggetto, se confermati, si riferiscono pienamente alla fattispecie di tortura – dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – questo reato non è stato contestato poiché non ancora presente nel codice penale al momento della presentazione degli esposti e dell’apertura delle indagini. Fortunatamente oggi questo reato c’è e ci consente di perseguire pienamente chi commette questi crimini, nonostante ci sia ancora chi ritiene che sia di impedimento ai poliziotti nello svolgimento del proprio lavoro, tanto da avanzare la richiesta di abolizione o ampia modifica della fattispecie penale. In attesa che si giunga alla verità processuale, speriamo presto per evitare prescrizioni, in questo momento di campagna elettorale chiediamo a tutte le forze politiche di esprimersi intorno a questo e, soprattutto, rispetto a quello che deve essere la pena in una società democratica” conclude il presidente di Antigone.

Anche il Comitato per la Prevenzione della Tortura (CPT), in un suo rapporto pubblicato a seguito di una visita svolta nell’aprile del 2016, aveva segnalato le violenze che sarebbero avvenute nel carcere di Ivrea. Lo stesso aveva fatto il Garante nazionale delle persone private della libertà personale a seguito di una visita del novembre 2016.

Nella pagina sui processi seguiti da Antigone, presente sul sito dell’associazione, ci sono ulteriori dettagli sui tre procedimenti penali che si riferiscono al carcere di Ivrea.

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