In Perù, soprattutto nelle aree rurali e più povere, si continua a protestare contro la rimozione dell’ex presidente Castillo. Negli scontri di lunedì tra manifestanti e polizia sono state uccise almeno 17 persone
In Perù sono riprese le proteste dei sostenitori dell’ex presidente Pedro Castillo, di sinistra, rimosso dal suo incarico per aver cercato di sciogliere il parlamento peruviano. Solo lunedì negli scontri con la polizia sono state uccise almeno 17 persone e ne sono state ferite 68. È il più alto numero di morti in un solo giorno da quando sono iniziate le proteste, a inizio dicembre: in totale finora i morti sono 34.
Gli scontri più violenti si sono verificati proprio a Juliaca, dove sono state uccise almeno 12 persone, tra cui un minorenne: sono state avviate alcune indagini per capire se la polizia abbia agito con violenza sproporzionata ed eccessiva.
Nel frattempo Boluarte ha accusato Evo Morales, ex presidente della vicina Bolivia, di fomentare le proteste. Morales, di sinistra ed ex sindacalista come Castillo, era stato presidente dal 2006 al 2019, quando era stato costretto a fuggire dalla Bolivia dopo essere stato accusato di brogli alle elezioni. Contro di lui c’erano state diverse proteste, che Morales aveva descritto come un tentato golpe.
Morales era già stato dichiarato “persona non grata” in Perù l’anno scorso, perché accusato di interferire con gli affari interni al paese e di avere un’eccessiva influenza sul governo di Castillo (la locuzione è latina, letteralmente “persona non gradita”). Lunedì il governo peruviano ha emesso un’ordinanza che vieta il suo ingresso nel paese: secondo le autorità peruviane almeno otto persone molto vicine a Morales hanno coordinato le attività di protesta nell’area di Juliaca, che si trova proprio vicino al confine con la Bolivia.
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