A poche ore dall’ennesima parata neofascista autorizzata dalla questura di Pavia vorremmo prendere parola come antifascisti in merito alle ritorsioni della questura nei confronti di chi lo scorso sette febbraio è sceso in piazza per difendere i valori di libertà, antifascismo e antirazzismo scritti col sangue dei partigiani uccisi dai nazifascisti in questa provincia.
Vogliamo dare la nostra lettura di quella giornata onde evitare facili strumentalizzazioni e per restituire alla nostra scelta di scendere in piazza quel giorno il senso che le spetta, a maggior ragione dopo aver appreso della chiusura delle indagini per 26 persone con diversi capi d’imputazione e addirittura un foglio di via (triste e vergognosa eredità del fascista codice Rocco) per un compagno bergamasco: le denunce vanno da resistenza a pubblico ufficiale ad interruzione di pubblico servizio, passando per oltraggio, travisamento, accensioni pericolose e manifestazione non autorizzata.
Quel giorno, infatti, Pavia è stata infangata da un presidio organizzato da Casapound, partito che si professa apertamente fascista, che ha visto la partecipazione, sotto le lapidi ai martiri partigiani in piazza Italia, di squadristi provenienti da tutta la Lombardia, inclusi i picchiatori che solo poche settimane prima avevano sprangato a Cremona il compagno antifascista Emilio, mandandolo in coma.
I sinceri antifascisti quel giorno si sono rifiutati di abbassare la testa di fronte a una così grave provocazione, affermando che scendere in piazza era un atto dovuto perché un compagno stava ancora lottando tra la vita e la morte proprio per colpa di Casapound.
Il centro storico è stato letteralmente militarizzato con l’impiego di centinaia di agenti, con gran spreco di soldi pubblici. Il tutto per garantire lo scempio del presidio neofascista.
Rispediamo al mittente tutte le accuse rivolte agli antifascisti con la finalità di delegittimare chi oggi si fa carico di portare sulle proprie spalle dei valori, che sulla carta dovrebbero essere fondanti di questa repubblica, messi pericolosamente in discussione dal vuoto che si sta creando tra rappresentanza politica locale, leggasi la giunta Depaoli, e l’arbitrarietà delle istituzioni che rispondono al ministero dell’interno.
Quel giorno non eravamo gli unici ad essere scesi in piazza, infatti, contro la parata neofascista. Ricordiamo che lo stesso sindaco Depaoli, impotente, ma non per questo meno colpevole, nei confronti dei diktat di questura e prefettura, ha sentito il bisogno di convocare un presidio sotto al municipio chiamando a raccolta le varie forze istituzionali e cittadine che si richiamano ai valori dell’antifascismo.
La nostra presenza in piazza Vittoria quel giorno è dovuta ad una serie di ragioni che vogliamo spiegare alla cittadinanza. La comunicazione del concentramento e del tragitto del nostro corteo è arrivata alla questura con largo anticipo, ma, per giorni, la stessa non si è fatta carico di convocarci e informarci di un’eventuale contrarietà, riservandosi di farlo solamente il giorno prima del corteo, con una convocazione dell’ultima ora, cui sono seguite le prescrizioni. Lo scarsissimo preavviso con cui la questura ha imposto un altro tragitto e un altro ritrovo per il corteo non ci ha dato la possibilità di rettificare un appuntamento già ampiamente diffuso nei giorni precedenti.
A nostro avviso la decisione della questura di riservarsi le prescrizioni all’ultim’ora corrisponde alla volontà di creare la tensione che quel giorno puntualmente si è verificata e di boicottare la partecipazione al corteo. Infatti, non abbiamo avuto il tempo di dare comunicazione ufficiale del nuovo concentramento, anche a causa di alcuni “casuali” inconvenienti tecnici con gli account dei nostri social network.
Questo ha fatto sì che in molti si ritrovassero in piazza Vittoria alla spicciolata e abbiamo dunque deciso di raggiungere gli antifascisti confluiti lì sulla base dell’appello circolato per giorni. In questo contesto un concentramento spontaneo ha incontrato immediatamente la reazione di un cordone di polizia che era stato messo a protezione di un banchetto del partito neofascista Forza Nuova, di cui la questura non ci aveva messo al corrente.
Partita la carica, tutto ciò che ne è seguito rappresenta una delle pagine più brutali dell’operato della polizia in questa città. Anche ignari passanti sono stati travolti dalla violenta carica, tra cui una signora anziana in stampelle, scaraventata a terra dalla polizia e soccorsa solo dagli antifascisti sotto gli occhi dei poliziotti.
Altra irresponsabilità della questura è stata la decisione di non deviare la linea dell’autobus 3: mentre durante i weekend del periodo prenatalizio, infatti, i bus non hanno mai transitato per il centro cittadino a causa dell’alta concentrazione di persone nelle strade strette, il tavolo per l’ordine pubblico non ha minimamente preso in considerazione l’ipotesi che, con ben tre manifestazioni di piazza lungo il percorso del bus (ricordiamo che il concentramento antifascista autorizzato era proprio presso la fermata delle scuole Carducci), potessero verificarsi dei disagi. Ora si cerca di far ricadere la responsabilità dei rallentamenti dei pullman sugli antifascisti per nascondere l’assenza di buonsenso e la totale faziosità delle forze dell’ordine nella gestione di quella giornata.
L’accanimento giudiziario contro gli antifascisti deriva dal fatto che il sette febbraio è saltato un piano preordinato che voleva sostanzialmente garantire campo libero a chi apertamente inneggia a prevaricazione, odio e razzismo, relegando chi si rifà all’antifascismo militante ai margini della città e lasciando sotto palazzo Mezzabarba un sindaco che si richiama ai valori dell’antifascismo ma che non è capace di difendere la sua città dallo stupro perpetrato dai neofascisti.
Come avevamo previsto già a febbraio, la marcia su Pavia era destinata a preparare il terreno per l’apertura di una sede neofascista, che ora si pone come luogo di raccolta del peggiore livore razzista, xenofobo e omofobo e di chi non si fa scrupolo di usare la violenza per sopraffare chi la pensa diversamente nei vicoli bui della città mostrando di giorno il sorriso e la faccia pulita. Il prossimo 5 novembre varie organizzazioni neofasciste e neonaziste marceranno per le vie del centro cittadino, esibendo la solita paccottiglia illegale di croci celtiche, saluti romani e fumogeni tricolori.
Il disegno della questura di criminalizzare chi lotta quotidianamente al fianco dei più poveri, degli esclusi, degli sfruttati per rifare la verginità a chi ha sempre fatto della guerra ai più deboli la propria bandiera non fermerà la nostra ferma e ostinata determinazione di fermare ancora una volta i messaggi di odio, morte e sopraffazione che la galassia neofascista sta cercando di veicolare attraverso le cialtronesche buffonate della Lega Nord di Salvini.
Iniziamo da subito un percorso che costruisca solidarietà materiale per i compagni colpiti dai provvedimenti giudiziari, porti alla chiusura dei covi neri e alla messa in condizione di non nuocere dei picchiatori fascisti, estenda il fronte delle lotte sociali, unico vero antidoto alla guerra tra poveri propagandata dai nemici della classe degli sfruttati.
Antifascisti e antifasciste