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Panama: 200 arresti e un morto dopo una brutale repressione

Una nuova ondata repressiva scuote Panama. Il governo di José Raúl Mulino impone lo stato d’emergenza, sospende i diritti costituzionali e silenzia le proteste sociali. 192 arresti, un morto e decine di feriti.

di Comitato Carlos Fonseca

Una nuova ondata repressiva scuote Panama. Il governo di José Raúl Mulino ha decretato lo stato d’emergenza nella provincia di Bocas del Toro – alla frontiera con la Costa Rica – tra il 20 e il 25 giugno, con un saldo provvisorio, secondo denunce cittadine, di 192 arresti, un morto e decine di feriti.

Il decreto presidenziale sospende garanzie fondamentali: diritti di riunione, protesta, libero transito, habeas corpus, inviolabilità del domicilio e perfino la libertà religiosa. In pratica, permette detenzioni senza un ordine giudiziario e senza spiegazione (art. 21-22), la sospensione dell’habeas corpus (art. 23), perquisizioni arbitrarie (art. 26-27), controllo sui dispositivi elettronici (art. 29), e censura nelle reti sociali, anche di riunioni sociali o religiose (art. 37-38).

Il detonatore è stata l’approvazione della Legge 462, che riforma il sistema delle pensioni. Anche se i blocchi a Bocas del Toro si erano fermati, l’arresto di tre dirigenti sindacali ha riattivato la protesta. Da quel momento, sono state riportate una violenta repressione, blocco delle comunicazioni, scomparse forzate e trattamenti degradanti, specialmente contro la popolazione indigena: ci sono denunce cittadine di uomini denudati, rasati ed esibiti dalle forze di sicurezza.

Oltre al giovane di 24 anni assassinato a colpi d’arma da fuoco, non ci sono cifre ufficiali sui feriti o i morti civili. Le informazioni sono scarse e stanno venendo bloccate: le autorità hanno ristretto nelle zone chiave l’accesso ad internet e alla telefonia mobile.

Lo sfondo storico non passa inosservato: molti degli attuali manifestanti sono figli e nipoti di coloro che rimasero cechi durante la repressione esercitata da Mulino quando era ministro della Sicurezza. Oggi, come mandatario nazionale, torna ad affrontarli con una mano ancor più dura.

Mulino, che in passato chiese alla sinistra “di andarse a vivere nelle dittature”, applica ora misure che evocano esattamente questo: un regime autoritario in pieno XXI secolo.

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