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Otto celerini di Bologna a giudizio per il pestaggio di Paolo Scaroni tifoso del Brescia

Otto celerini di Bologna saranno processati per il pestaggio di cinque anni fa al tifoso bresciano Paolo Scaroni. Un gip veronese, i fatti avvennero in quella città, non ha accolto la seconda richiesta di archiviazione. Entro il 9 aprile, il pm dovrà formulare il capo di imputazione non solo per quel che accadde nei pressi della stazione Porta Nuova a Scaroni, ma anche per la caccia all’uomo nei paraggi in cui rimasero ferite altre 22 persone, tutti tifosi del Brescia che il 24 settembre 2005 avevano affrontato la trasferta scaligera.
I giornali del posto riferiscono imbarazzati di una «vicenda intricata» ma fu una carica a freddo. Così ha scritto proprio Scaroni in una lunga lettera aperta a Maroni, pubblicata da Liberazione , alla vigilia del secondo tentativo di archiviazione: «Finita la partita, siamo stati scortati in stazione dalla polizia senza nessun intoppo o tensione. Dopo essermi recato al bar sottostante la stazione, stavo tornando con molta serenità al treno riservato a noi tifosi portando dell’acqua al resto della compagnia (era stata una giornata molto calda ed eravamo quasi tutti disidratati). Tutti gli altri tifosi erano già pronti sui vagoni per fare velocemente ritorno a Brescia. Mancavano pochi minuti ed i binari della stazione erano completamente deserti. Cosa alquanto strana …Improvvisamente, senza alcun preavviso o motivo apparente, sono stato travolto da una carica di “alleggerimento” del reparto celere e picchiato a sangue, senza avere nemmeno la possibilità di ripararmi. Sottratto al pestaggio dagli amici (colpiti loro stessi dalla furia delle manganellate), sono entrato in coma nel giro di pochissimo e quasi morto. Dopo circa venti minuti sono stato caricato su un’ambulanza, osteggiata, più o meno velatamente, dallo stesso reparto che mi aveva aggredito e trasportato all’ospedale. Lì sono stato operato d’urgenza. Lì sono stato salvato. Lì sono tornato dal coma dopo molte settimane. Lì ho passato alcuni mesi della mia nuova vita. Una vita d’inferno.
Nel frattempo la mia famiglia, in uno stato d’animo che fatico ad immaginare, subiva pressioni e minacce affinché la mia vicenda mantenesse un basso profilo.
Ai miei amici non andava certo meglio, nonostante tutti gli sforzi per far uscire la verità».
Il giovane di Castenedolo, allevatore di tori, non sarebbe mai tornato come prima. «Ho perso il lavoro, sebbene abbia un padre caparbio che insiste nel mandare avanti la mia ditta, sottraendo tempo e valore ai suoi impegni.
Ho perso la ragazza. Ho perso il gusto del viaggiare (il più delle volte quelli che erano itinerari di piacere si sono trasformati in veri e propri calvari a causa delle mie condizioni fisiche), nonostante mi spinga ancora molto lontano. Ho perso soprattutto molte certezze, relative alla Libertà, al Rispetto, alla Dignità, alla Giustizia e soprattutto alla Sicurezza». La procura aprì un fascicolo contro ignoti e le indagini portarono all’individuazione di otto agenti del reparto mobile di Bologna che quel giorno, insieme ai colleghi di Verona e di Padova, aveva l’incarico di mantenere l’ordine pubblico. Nel febbraio 2009 fu lo stesso gip a iscrivere gli otto nel registro degli indagati due anni dopo che la procura aveva chiesto l’archiviazione. Il pubblico ministero presentò ricorso per Cassazione, ma la Suprema Corte riconobbe al gip la possibilità di procedere. La procura nel mese di ottobre ha chiesto la seconda archiviazione. 72 ore fa il secondo «no» e l’ordine di formulare il capo di imputazione coatta. «Se pensiamo a quanto accaduto a Genova al processo per il G8, quando ci si scontrò contro una reticenza scandalosa, penso che sarà durissima», dice l’avvocato di Scaroni.
«Per noi è una novità importante, non era scontata, visti i precedenti – ha detto Diego Piccinelli, portavoce del gruppo Brescia 1911, il gruppo di Paolo, a Radio Onda d’Urto – chi ha ridotto Paolo così non merita di gestire certe situazioni e non è degno della divisa che porta. Lo stadio non deve essere una zona franca nemmeno per i poliziotti». Proteste, scioperi del tifo, convegni, cortei: il gruppo ha provato di tutto per evitare che la vicenda di Scaroni fosse dimenticata. «Molti si sono girati dall’altra parte, la tifoseria non è stata così compatta. Ma abbiamo incontrato anche realtà diverse dalla nostra, come la radio», continua Piccinelli riferendosi a Onda d’urto e anche a Patrizia Aldrovandi a cui Paolo è legatissimo da una coincidenza. Poche ore dopo che lui sprofondò nel coma, Federico si imbatteva nelle due volanti che lo avrebbe ammazzato.
Maroni, of course, non s’è degnato di rispondere alla sua lettera ma Haidi Giuliani sì: «Vedi, Paolo, sono convinta che a Genova, oltre al disegno repressivo organizzato nelle alte sfere, ci sono stati agenti che hanno picchiato persone per il gusto di ferire, di sottomettere, di umiliare… Nel 2004 abbiamo raccolto migliaia di firme per chiedere una norma per l’ identificazione, mediante codice alfanumerico, del personale delle forze impiegate in servizio di ordine pubblico. Sono passati diversi anni e due governi ma non abbiamo ottenuto risposta. In cambio è stato reintrodotto il reato di offesa a pubblico ufficiale».

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