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Omicidio Aldrovandi: La questura sapeva della colluttazione

«S’è capito cos’è successo?». «Non s’è capito un c…». Cominciava così, alle 7.36 del 25 settembre 2005 una conversazione tra la sala operativa della questura di Ferrara e il centralino del 112. E’ nella sede dei carabinieri, infatti, che s’è prodotto il primo equivoco della vicenda di Federico Aldrovandi, diciotto anni e nessun reato commesso, ucciso in un misterioso e violentissimo controllo di polizia più di un’ora prima della telefonata resa nota ieri. Un nastro che certamente sarà al centro dell’udienza di domani del processo per omicidio colposo che vede imputati gli autori del controllo di polizia, i quattro agenti delle volanti che, prima l’una poi l’altra, giunsero in via Ippodromo quella domenica mattina. Una donna aveva avvertito il 112 della presenza di qualcuno in evidente stato di agitazione, «che sbatteva dappertutto». Il carabiniere di turno ci avrebbe messo del suo trasmettendo la richiesta ai colleghi di Via Ercole Primo D’Este, sede della questura: «C’è uno che sbatte la testa al muro». «Loro han detto che c’è stata una colluttazione», riferisce il carabiniere nella telefonata finora sconosciuta. Dall’altro capo del filo, il collega della polizia, è lui ad aver chiamato, replica: «C’è stata la colluttazione però magari questo qui ha già sbattuto la testa». Pochi istanti dopo, il poliziotto chiede se all’Arma esiste la registrazione della prima chiamata: «Sì ci ha chiamato una ragazza… dice che sbatteva la testa a destra e sinistra». «Dice che sbatteva la testa?», si assicura l’agente che aggiunge: «E’ importantissimo questo». L’interlocutore annuisce: «L’importante che non vadano nei guai i colleghi. «Sicuramente delle pecche ce le hanno, sicuramente…», ammette il poliziotto ripetendo la richiesta: «Ce l’avete la registrazione che dice che sta sbattendo la testa perché noi abbiamo solo quella che dice che sta urlando, dunque la vostra è fondamentale…».Perché il centralinista della questura è convinto che quella registrazione sia fondamentale. L’agente è stato ascoltato nell’ultima udienza ed è indagato per falso in atti pubblici nell’ambito della cosiddetta inchiesta bis che punta a ricostruire le prime fasi dell’indagine sulla strana morte del diciottenne. In particolare, il pm Proto, che ha ereditato le indagini dopo l’esplosione mediatica del caso, dalla prima pm che, pare, non si sarebbe nemmeno recata sulla scena del reato, vorrebbe vederci chiaro su alcuni verbali relativi alla successione delle chiamate al 113 negli orari a ridosso del controllo di polizia. E la parte civile vorrebbe anche capire chi e quando ha deciso che l’indagine sulla polizia l’avrebbe gestita la polizia stessa dal momento che il capo della polizia giudiziaria ferrarese, tra l’altro, è il convivente dell’unica imputata donna. In questo quadro cresce l’attesa per l’udienza di domani, quando saliranno a testimoniare altri due funzionari indagati nell’inchiesta bis. A loro, probabilmente, sarà chiesto lume anche su alcune frasi estrapolate in ulteriori analisi dal video della scientifica mostrato in aula un paio di udienze fa. Dodici minuti in cui si vede il cadavere del ragazzo, di fronte al cancello dell’ippodromo, disteso sull’asfalto. Mani livide e sporche di terra, il volto tumefatto, i pantaloni abbottonati. Niente manganelli nelle vicinanze – spunteranno spezzati solo nel tardo pomeriggio in questura – ma, soprattutto, niente sangue accanto al volto come invece risulta dalle foto del medico legale, e niente portafoglio che, nelle foto successive al video, compare nella tasca del giubbotto, mentre i jeans sono slacciati. Nel rumore di fondo, il pm è riuscito a estrapolare alcune frasi oltre alle risate dei polizotti che avevano sconvolto Patrizia e Lino Aldrovandri quando le hanno ascoltate in aula. Ecco le frasi: «Si è ammazzato da solo». «Qui ci vuole la benzina».

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