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Nightmare in Nigeria

Secondo l’agenzia Reuters dal 2013 sarebbero almeno diecimila le donne nigeriane ex prigioniere di Boko Haram (in gran parte minorenni, adolescenti) costrette ad abortire (con iniezioni o pillole abortive) dopo essere riuscite a fuggire o essere state liberate dai militari.

di Gianni Sartori

Dal 2013 sarebbero almeno diecimila, stando al recente reportage (basato su interviste e testimonianze) dell’agenzia londinese Reuters, le donne nigeriane ex prigioniere di Boko Haram (in gran parte minorenni, adolescenti) costrette ad abortire (con iniezioni o pillole abortive) dopo essere riuscite a fuggire o essere state liberate dai militari. Quelle che si rifiutavano sarebbero state minacciate e picchiate. In qualche caso anche drogate o legate.

Si tratterebbe quindi, almeno nella maggioranza dei casi, di aborti effettuati senza il consenso della donna, talvolta spacciando pillole e iniezioni somministrate come farmaci per curare presunte malattie.

I responsabili avrebbero dichiarato di aver agito sia “per disinfettare la società”, sia “per il loro bene, per evitare problemi al rientro nella comunità”. Dove sarebbero a rischio di emarginazione in quanto “contaminate”.

Questo almeno è quanto emerge dalle 33 interviste a donne costrette ad abortire e ad alcuni operatori sanitari.

In aggiunta – e a conferma – anche le dichiarazioni di soldati e funzionari governativi.

Si tratterebbe di un programma segreto per estirpare i “figli di Boko Haram” considerati (non si comprende in base a quale ragionamento) una possibile futura minaccia. Come se ancora nel grembo materno maturassero progetti terroristici, predestinati a seguire le orme dei padri jihadisti.

Il programma – segreto – di aborti forzati, secondo la Reuters, sarebbe stato avviato già durante la presidenza di Goodluck Jonathan (2010-2015), proseguendo poi con Muhammadu Buhari. Soprattutto negli stati del nord-est (Yobe, Borno e Adamawa).

Immediata la smentita da parte del governo, secondo cui “non esiste un programma di aborto segreto, sistematico e illegale gestito dai nostri militari nel nord-est o in qualsiasi parte del paese”.

Stessi toni indignati da parte dei militari che hanno definito il rapporto della Reuters “un insulto ai popoli e alla cultura nigeriani”.

Ormai da oltre un decennio le popolazioni del nord-est del paese sono doppiamente vittime (e le donne in particolare) del conflitto tra esercito governativo e jihadisti. Secondo fonti onusiane i caduti civili sarebbero oltre 300mila. Morti ammazzati o per la fame, le malattie, i disagi causati da una crisi umanitaria senza pari.

Paradossalmente, in Nigeria l’aborto è in genere condannato (sia nel sud a maggioranza cristiana che nel nord a maggioranza musulmana) e comunque illegale (con condanne fino a 14 anni).

Quanto all’aborto forzato, qualora provochi la morte della donna, viene punito con l’ergastolo.

Ma tutto questo non sarebbe bastato a impedire l’incubo, l’orrore denunciato dall’agenzia Reuters.

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