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Nessuna minaccia interna. Con la pandemia l’intelligence ha “dormito tra due guanciali”

E’ stata resa nota la relazione sulla sicurezza del paese che i servizi segreti presentano al Parlamento ogni anno. Il documento analizza le “minacce” alla sicurezza nel 2020 e indica le priorità dell’intelligence sul come affrontarle.

La relazione spazia dal terrorismo jihadista (che in Italia finora non ha colpito), alla situazione nel “Medio Oriente allargato”, alla Russia e allo spazio post-sovietico, alla Cina e ai quadranti internazionali etc. Dedica moltissimo spazio – come fa ormai da diversi anni a questa parte – alla sicurezza informatica e alla cyberwar. Colpisce invece come i capitoli sulle minacce eversive interne nel 2020 – complici la pandemia, i lockdown, le misure restrittive – sono stati ridotti decisamente a poca cosa., praticamente solo il 15% delle informative inviate dai servizi segreti agli altri apparati di sicurezza riguardano “Eversione ed estremismo interno”. Insomma con la pandemia sul fronte interno, lo Stato, gli interessi dominanti e dunque anche gli apparati di sicurezza, hanno potuto riposare quasi tra due guanciali.

Gli unici a suscitare – o a legittimare – qualche preoccupazione sono stati, come al solito, gli anarchici, anzi gli anarchici/insurrezionalisti, che da quasi due secoli sono la nemesi delle polizie di tutta Europa. Tant’è che i servizi di sicurezza si sono dovuti addirittura inventare la “pista anarchica” anche dietro il rave e le risse ai Navigli di Milano. “Le evidenze raccolte dall’Intelligence nel 2020, sistematicamente condivise con le Forze di polizia, fanno stato di come l’anarco-insurrezionalismo resti la componente eversiva endogena più vitale” è scritto nella relazione.

Se, da un lato, l’emergenza pandemica ha limitato le potenzialità mobilitative dell’estremismo politico, dall’altro ha fatto da volano, in concomitanza con il ruolo aggregante e amplificatorio del web, ad una montante effervescenza propagandistica, che ha trasversalmente interessato anarco-insurrezionalisti, marxisti-leninisti, realtà del movimento antagonista e circuiti della destra radicale impegnati, pur con intensità variabile e nelle diverse, specifiche prospettive, a strumentalizzare la crisi sanitaria – e segnatamente il suo impatto emotivo, sociale ed economico – per rilanciare progettualità conflittuali e istanze antisistema”. Così i servizi d’intelligence descrivono in premessa le minacce eversive nel 2020.

Qualche preoccupazione hanno creato le manifestazioni spontanee di piazza ad ottobre contro le chiusure dovute alle misure antipandemiche, a partire da Napoli, Torino, Firenze, Milano. Secondo la relazione Nel vivo di una fase che in molti Paesi europei ha fatto registrare proteste – talvolta sfociate in incidenti ed episodi di guerriglia urbana – contro le misure di contenimento del virus adottate dai Governi, anche l’Italia è stata interessata, in ottobre, da manifestazioni con derive violente, che hanno visto una partecipazione eterogenea”.

Deve essere stato questo carattere spurio delle proteste a preoccupare i servizi segreti, perché hanno dovuto rivedere e adeguare su molti aspetti il monitoraggio sul chi fossero le persone scese in piazza: “Si sono infatti evidenziati negli scontri, oltre che militanti di matrice oltranzista, anche frange ed individualità non connotate ideologicamente – inclusi giovani contigui alla criminalità comune – prive, secondo quanto emerso sul piano informativo, di una regia unitaria, ma accomunate da slanci ribellistici condivisi e alimentati online”.

Gli apparati di sicurezza sembrano poi meno preoccupati che in passato sia di quelli che definiscono i “circuiti marxisti-leninisti” sia del “movimento antagonista”.

I primi, scrive la relazione, con l’intento di far proseliti, “si sono infatti impegnati tanto nella tradizionale opera di recupero della memoria brigatista, mediante pubblicazioni e documenti redatti da ex militanti, quanto in interventi tesi ad attualizzarne il messaggio attraverso l’analisi, in ottica di “contrapposizione di classe”, delle ricadute socio-economiche dell’emergenza pandemica. Ricadute che, nella visione che contraddistingue il settore in parola, sarebbero da imputare unicamente ad una crisi sistemica del “potere capitalista” e “imperialista”.

Conseguentemente, secondo i servizi d’intelligence, “l’interesse dell’area ha continuato ad appuntarsi sul mondo del lavoro e segnatamente su quei settori occupazionali maggiormente gravati da precarietà e tensioni, con l’obiettivo, velleitario, di conferire alle contingenti rivendicazioni delle maestranze una valenza politico-ideologica di più lungo periodo. Analoghi tentativi di strumentalizzazione in chiave oltranzista, anch’essi rimasti senza seguito, sono stati rilevati con riguardo a specifiche istanze relative alla questione della tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro”.

Più avanti la relazione dei servizi d’intelligence scrive che: In linea con la tendenza degli ultimi anni, non sono mancati ambiti di tangenza con altre realtà oltranziste, in ragione del comune impegno su tematiche trasversali a diverse componenti del fronte antisistema. È il caso della propaganda d’area contro la “repressione” e il cd. carcere duro, da tempo prioritariamente focalizzata sulla permanenza di ex brigatisti nel regime detentivo del 41 bis, che non ha mancato – in analogia con gli interventi dell’anarco-insurrezionalismo – di inneggiare alle citate rivolte che, nel vivo della prima ondata epidemica, hanno riguardato diversi istituti di pena.

Il documento dei servizi segreti si sofferma poi su altri aspetti, quelli che sostanzialmente creerebbero le connessioni tra settori diversi dell’antagonismo politico e sociale.

“Al riguardo, oltre alle convergenze sul versante lavoristico, le evidenze informative hanno confermato come l’attivismo marxista-leninista abbia cercato di raggiungere un uditorio più vasto, promuovendo e sviluppando approfondimenti su temi ritenuti di forte presa, quali l’“antimilitarismo” e l’“antifascismo”. Sono poi proseguite, soprattutto sul web, le iniziative di sostegno ad omologhi circuiti esteri impegnati in iniziative di solidarietà ai “detenuti politici” ristretti in altri Paesi, alla “resistenza palestinese”, alla “lotta del popolo curdo”, nonché all’opposizione maoista in Turchia. Da evidenziare, infine, come il brigatismo abbia continuato a rappresentare un riferimento di pronunciata valenza simbolica con riguardo a taluni episodi intimidatori registratisi nel corso dell’anno, in cui logo e lessico dell’area sono stati strumentalmente mutuati per conferire enfasi e risonanza mediatica a gesti di pro-testa contro le restrizioni anti-contagio imposte dalle Autorità nazionali e locali”.

Sul piano di quello che gli stessi servizi di sicurezza definiscono come “movimento antagonista”, viene segnalata la perdurante frammentazione di questa componente.

La relazione scrive che “Il monitoraggio intelligence in direzione del composito fronte antagonista ha rilevato come l’emergenza pandemica e, più in particolare, la gestione della crisi da parte del Governo abbiano costituito i temi centrali di un ampio dibattito che ha coinvolto le diverse “anime” del dissenso, in un’ottica di rilancio delle tradizionali campagne di lotta e, nello stesso tempo, di superamento dell’endemica frammentazione che affligge da tempo il movimento. La propaganda d’area ha cercato, dunque, di accreditare l’inedita contingenza quale occasione favorevole a progettualità aggregative, attraverso una narrazione antisistema che ha, tra l’altro, strumentalmente connesso la diffusione del virus con il progresso tecnologico e i cambiamenti climatici.

Nel documento viene segnalato come anche le mobilitazioni sul piano ambientale e antimilitarista siano rimaste nel mirino dell’intelligence, anche se questa volta l’enfasi è decisamente minore che nelle analisi sugli anni precedenti.

“È in tale contesto che, all’indomani del primo lockdown nazionale, si è registrata una ripresa sul territorio delle iniziative che, muovendo dalla tematica ecologista, si sono progressivamente declinate, sulla scia di omologhe mobilitazioni internazionali, anche in chiave anticapitalista e no-global. Direttamente collegate al filone ambientalista sono state anche le critiche al cd. decreto semplificazione, accusato dagli antagonisti di agevolare la realizzazione delle “grandi opere inutili e dannose”. Tema, quest’ultimo, dalla persistente capacità propulsiva per frange di diversa matrice che, come di consueto specie nei mesi estivi, hanno rivitalizzato la campagna No TAV con assalti ai cantieri valsusini e scontri con le Forze dell’ordine. È proseguito, inoltre, l’attivismo antimilitarista, nel cui ambito sono state riproposte le argomentazioni sulle asserite ricadute, in termini di tagli al welfare, degli investimenti pubblici destinati alla difesa, con l’organizzazione di iniziative di protesta, specie nei territori con una maggiore presenza di siti militari. Non è mancato, infine, il tradizionale impegno antagonista sul terreno dell’“antifascismo militante” e dell’opposizione alla gestione della questione migratoria, nel tentativo di sfruttare, in funzione aggregante e con azioni di proselitismo, l’impatto della mobilitazione statunitense contro il razzismo animata dal movimento Black Lives Matter”.

Insomma leggendo l’annuale relazione degli apparati di sicurezza presentata al Parlamento, si evince come la pandemia e le misure restrittive introdotte (è bene ricordare che ormai è da ottobre è in vigore il coprifuoco alle 22.00, solo per dirne una), abbiano prodotto un effetto decisamente “calmierante” su quelle che i servizi di intelligence chiamano minacce eversive e che noi preferiamo chiamare conflitto sociale. Del resto, diceva qualcuno, la pandemia “è il sogno dei tiranni perché le persone obbediscono volontariamente”. E se poi c’è qualcuno che comincia a farsi domande e a non obbedire ci sono i generali e gli apparati di sicurezza per metterli a tacere.

Federico Rucco

da contropiano

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