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Nessuna assistenza e daspo urbano: così si fa la guerra ai poveri

L’allontanamento di alcuni volontari che distribuivano cibo alla stazione Termini ha aperto un dibattito su cosa devono e possono fare le amministrazioni comunali. A Termini un uomo senza dimora ha ricevuto 187 volte il daspo e nessuna proposta di assistenza.

di Valerio Nicolosi

C’è una guerra in corso contro i poveri e la stazione Termini di Roma è solo l’ultimo campo di battaglia nel quale i ricchi usano tutte le loro armi per continuare a vincerla.
La scorsa settimana ha fatto clamore l’allontanamento di alcuni volontari da parte dei militari che presidiano la stazione: stavano portando del cibo come ogni giovedì sera ma sono stati invitati a allontanarsi.

Nei giorni scorsi invece Grandi Stazioni, la società che gestisce Termini e di proprietà di Ferrovie dello Stato, ha fatto gettare acqua fredda lungo il perimetro della stazione stessa, giusto in corrispondenza dei luoghi di rifugio dei senza dimora.

Queste sono persone che vanno assistite e non allontanate” racconta Federica Borlizzi, attivista dell’associazione “Nonna Roma” e curatrice del rapporto “Dalla strada alla casa”, che mette in luce come nella capitale le politiche di welfare a sostegno dei senza dimora abbiano fallito totalmente: “con la gestione Raggi è stato recepito il Decreto Sicurezza di Minniti e Roma è diventata la città più repressiva d’Italia: su 21.000 daspo urbani oltre 6.000 sono stati dati a Roma, spesso alle stesse persone. Stiamo seguendo un cittadino del Bangladesh che ne ha ricevuti 187” aggiunge l’attivista e ricercatrice.

Il problema è tutto nell’approccio, senza un percorso di assistenza quelle persone non possono uscire dalla loro condizione, continuando a essere cacciati dai luoghi dove si rifugiano.
Nella nostra ricerca abbiamo visto come la categoria dei senza dimora sia sottodimensionata perché non vengono incluse le persone che vivono in una tenda, in un fabbricato abbandonato o in una roulotte. L’altra cosa che salta all’occhio è la diversità di storie personali ed esigenze” racconta Ilaria Manti, che insieme a Borlizzi ha curato il rapporto.

Uno dei problemi principali è la residenza, senza la quale non si può accedere ai servizi essenziali come il medico di base o l’iscrizione alle graduatorie per le case popolari. “Questo è l’effetto dell’articolo 5 del decreto Lupi, che però può essere derogato dai sindaci, quindi chiediamo a Gualtieri di farlo e di agevolare i senza dimora a prendere una residenza fittizia per accedere ai servizi” aggiunge Borlizzi.
L’unico sindaco in Italia ne ha fatto uso è Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, le altre amministrazioni non hanno fatto nulla, e le condizioni della Stazione Termini sono il risultato di queste scelte.

da micromega

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