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Napoli: «Siete ladri». A fuoco la casa dei rumeni.

Per vendicarsi del furto subito da un’amica, tre ragazzi assaltano a Napoli l’abitazione di sei immigrati. Del tutto estranei al furto
Avevano preso una casa nella Napoli bene, a Chiaia nel quartiere delle vetrine, delle firme, dello shopping. Unica municipalità di centrodestra, cuore della movida partenopea di alto borgo. Loro però abitavano nei vicoli a ridosso della Riviera, vicino al mare in quelle case un tempo dei pescatori oggi diventate popolar-chic. In vico San Guido vivevano da due mesi in sei in un basso. Nonostante si trattasse di un piccolo buco pagavano un affitto un po’ più salato di altre zone, ma almeno avevano la possibilità di essere vicini ai luoghi di lavoro ristoranti, pub e case da rassettare. Nella notte tra martedì e mercoledì l’abitazione è stata presa di mira e bruciata solo perché loro, gli inquilini, erano rumeni. Ad appiccare il fuoco dei ragazzini, due sedicenni e un ventitreenne di buona famiglia. Perché? La fidanzatina di uno dei tre dopo aver subito una rapina ha descritto l’aggressore con concitazione: «un extracomunitario alto, della zona». Tanto è bastato ai giovani per identificare il criminale tra i sei abitanti di vico San Guido, tra l’altro loro vicini di casa, facendo scattare il raid punitivo alle prime luci dell’alba. I tre si sono presentati con una tanica di benzina e hanno appiccato il fuoco alla porta di casa. Le fiamme sono dilagate rapidamente raggiungendo i letti delle tre coppie che sorprese nel sonno hanno tentato di domare le fiamme con coperte e cuscini fino all’arrivo dei vigili del fuoco. Fortunatamente la spedizione non ha avuto un epilogo tragico: il bilancio è stato di un unico ferito, con un piede ustionato. Ma lo choc per quelle ore di terrore è stato molto forte. Nonostante le traballanti rassicurazioni degli agenti del commissariato di San Ferdinando che hanno escluso la matrice etnico-politica, ieri le vittime – per gli inquirenti del tutto estranee alla rapina – hanno preso un aereo e sono tornati in patria, a Buzau nella loro città d’origine. E’ chiaro che i ragazzi, dopo il clima di razzismo montato nei confronti dei rumeni, hanno immediatamente collegato la rapina a quei loro vicini che invece lavoravano tutti «regolarmente a nero» in città, da un anno e mezzo. I tre uomini erano impiegati in pizzerie e pub come lavapiatti, uno aveva anche appena trovato un posto come cuoco in un rinomato ristorante, le tre donne lavoravano invece come collaboratrici domestiche. Tutti giovanissimi i protagonisti di questa vicenda, i romeni avevano tra i venti e i trenta anni, due degli aggressore addirittura minorenni, con i primi impegnati in una piena integrazione e i secondi accecati dal rancore su cui ha soffiato negli ultimi tempi anche la politica. Ora per gli adolescenti napoletani si aprirà un processo, i tre ragazzi sono stati infatti immediatamente acciuffati e accusati di incendio doloso e lesioni personali. Eppure in città fino a questo momento non era stata ancora attraversata dall’onda lunga del razzismo scatenato dopo la morte di Giovanna Reggiani, sia perché la comunità rumena è presente in percentuali ridotte rispetto ad altri gruppi di stranieri residenti sul territorio, sia perché i rom, di cui invece negli anni si è verificata un’importante migrazione dalla Romania, sono stati già rimpatriati negli anni. In ogni caso le decisioni delle amministrazioni spesso non aiutano. Sempre mercoledì infatti è scattato un blitz di carabinieri e polizia in uno dei cinque campi rom di Ponticelli. Le forze dell’ordine hanno quindi fermato venti rumeni, undici con precedenti penali. In due sono stati condotti nel cpt di Bari, per nove sono state avviate le procedure di allontanamento dal territorio, mentre un uomo è stato immediatamente fatto rimpatriare a bordo di un aereo.

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