«Vaffanculo non è caduto», «Chiudilo chiudilo che cade, nooooo merda non è caduto», «Ha perso il casco». Sono le frasi choc dell’inseguimento di una gazzella dei carabinieri a uno scooter in fuga per le vie di Milano. A bordo c’è Ramy Elgaml, 19 anni, e il suo amico Fares Bouzidi, 22 anni, alla guida. È la sera del 24 novembre 2024 e le immagini vengono dall’auto delle forze dell’ordine.
Le ha pubblicate ieri per la prima volta corredate di audio il Tg3. La folle corsa, di oltre 8 km, si conclude con il motorino che finisce a terra incalzato dalla volante: Ramy morirà di lì a poco, incendiando la rabbia del quartiere Corvetto perché, gridavano i manifestanti, «l’hanno investito, l’hanno ammazzato». Nel registro degli indagati, per diverse ipotesi, ci sono al momento Bouzidi e tre carabinieri.
Al Tg3 il video ripreso dall'auto dei carabinieri dell'inseguimento di Ramy morto a Milano durante la fuga il 24 novembre. Le immagini dell'impatto. Le frasi choc dei militari pic.twitter.com/y7de8EOTlV
— Tg3 (@Tg3web) January 7, 2025
Ilaria Salis deputata europea con un post su X dichiara:”Il video dell’inseguimento in cui Ramy ha perso la vita è terribile e lascia addosso una rabbia profonda. Le parole dei Carabinieri, e ancor più il loro comportamento, sono inaccettabili in un paese civile. Come lo è il fatto che i video registrati da un testimone siano stati fatti cancellare, eliminando così possibili prove. Molte cose che sono state dette dopo l’incidente – senza sapere di cosa si stesse parlando o addirittura in malafede – sono vergognose e contribuiscono a un clima di ingiustizia e mistificazione. Se oggi il caso non può più essere insabbiato, come è già accaduto altre volte in situazioni simili, lo dobbiamo anche alle proteste del quartiere Corvetto, grazie a cui l’opinione pubblica ha iniziato a interessarsi della vicenda. Lo dobbiamo alla comunità di amici e solidali che reclamano verità e giustizia per Ramy e Fares. Ma queste proteste raccontano qualcosa che va oltre Corvetto: ci parlano del razzismo sistemico e del classismo che permeano la nostra società e che si manifestano nella mancanza di opportunità per chi vive nelle periferie e, spesso, negli abusi di potere. È la gioventù proletaria e meticcia di questi quartieri popolari che ha alzato la voce, rifiutando di essere trattata come una cittadinanza di serie B.”
“La verita’ è evidente. Ora vogliamo giustizia” commenta ai microfoni di Radio Onda d’Urto Elio Catania del Collettivo Off Topic, una delle tante realta’ che avevano partecipato alla fiaccolata del 30 novembre scorso al Corvetto di Milano Ascolta o scarica
Alla fine del video dell’inseguimento culminato nella morte di Ramy Elgaml diffuso dal TG3 compaiono due carabinieri: si dirigono verso un ragazzo estraneo all’incidente, tra via Ripamonti e via Quaranta, che alza le mani subito. Si chiama Omar e ha 28 anni. Secondo il telegiornale è il momento in cui i due militari chiedono al ragazzo di cancellare il video che ha girato della scena. Al momento è in corso una consulenza informatica da parte della Procura per chiarire se il video esista ancora e possa essere ancora autorizzato.
“Stavo tornando a casa, volevo mangiare un panino da un ambulante all’incrocio tra via Quaranta e via Ripamonti. Ho iniziato a sentire le sirene già all’altezza dell’incrocio di via Toscana. Ho avuto l’istinto di prendere il telefono in mano e ho iniziato la registrazione. Mi sarei aspettato di registrare l’inseguimento e non l’incidente”, sono le parole del 28enne nella deposizione citate dal Corriere della Sera.
Quello che i media definiscono il “Supertestimone” ha parlato davanti al pm Marco Cirigliano. Ha raccontato di aver visto questi mezzi che percorrevano quella strada a “velocità inaudita” e che arrivati all’incrocio la moto ha inchiodato e le gomme dell’automobile, vicinissima, hanno fischiato sui binari. La vettura non avrebbe fatto in tempo a fermarsi. “Ricordo che i ragazzi erano in procinto di svoltare, quindi l’auto con l’anteriore destro ha tamponato il posteriore sinistro dello scooter”.
E quindi il momento finale del video che ha destato sconcerto e indignazione, quando i militari si sono avvicinati. “Frasi del tipo ‘cancella immediatamente il video’, ‘fammi vedere che lo hai cancellato’, a quel punto mi hanno fatto la foto al documento e hanno aggiunto ‘adesso Sali in macchina perché ti prendi una denuncia’”. Ha raccontato di aver ripreso tutto, di non esser riuscito però a rivedere il video perché ha dovuto cancellarlo subito.
E’ chiaro ora che i carabinieri hanno ucciso Ramy e come succede nei casi di abusi, soprusi, torture e omicidi in cui sono coinvolti, hanno mentito a cominciare dagli alti gradi. Ed ora smettiamola anche con la narrazione dominante che Ramy fosse un delinquentello. Era un normalissimo ragazzo di 19 anni. Come tanti altri bravissimi ragazzi di 19 anni. Come possono essere i nostri figli, o i nostri fratelli o nipoti. Una cosa di questo genere poteva succedere a ciascuno di loro. Sentiamo ancora l’obiezione: “Se non scappava non succedeva niente”. Già, forse non sarebbe morto. Ma voi vi stupite se un ragazzino, che magari deve nascondere uno spinello, fugge perché ha paura della polizia o dei carabinieri, magari perché ha sentito tante storie di ragazzini presi per uno spinello e maltrattati? Beh, a Stefano Cucchi successe esattamente questo. Fu maltrattato fino alla morte. Non aveva niente di niente di niente di male.
Ora la procura ha aperto un’inchiesta. Sembra che voglia indagare i carabinieri per omicidio volontario. Il problema non è quello di punire severamente i carabinieri. La “certezza della pena”, l’abbiamo sempre detto, è una stronzata. Punire severamente non è mai servito a nulla. Il problema è interrompere la campagna di criminalizzazione dei ragazzi. È riconoscere che hanno fatto bene a scendere in piazza per protestare contro l’uccisione del loro amico. Non hanno mostrato di essere violenti. Hanno mostrato di essere ragazzi seri, impegnati, coraggiosi, leali e combattivi. E chi non ha creduto a loro, e li ha indicati come malfattori, dovrebbe oggi scusarsi.
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