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Milano: espulso in base al decreto Pisanu, ora rischia la vita in Turchia

L’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo è una norma di rara brevità e chiarezza: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a trattamenti inumani o degradanti”. E’ una di quelle norme che a noi, cittadini dell’occidente democratico, sembrano scritte per altri luoghi, per remoti continenti. Così fa una certa impressione apprendere che anche l’Italia di recente l’ha violata. La vittima si chiama Cherif Foued Ben Fitouri e da quattordici mesi è recluso in un carcere tunisino dove è stato inviato proprio da noi. Fino al 4 gennaio dello scorso anno, Cherif Foued aveva vissuto a Milano con sua moglie, cittadina italiana, e le tre figlie. La mattina di quel giorno, mentre era al lavoro, fu fermato, condotto in questura e immediatamente espulso secondo la procedura prevista dal “decreto Pisanu”. Cioè sulla base dei sospetti della polizia. L’ordine di espulsione accusava Cherif Foued di avere un “consolidato circuito relazionale con elementi di primo piano nel panorama del radicalismo islamico presente in Italia” e perciò di essere coinvolto in “progettualità terroristiche”. Ma, secondo i familiari e il suo legale, Cherif Foued – che al momento dell’arresto era titolare di un regolare permesso di soggiorno ed era incensurato – aveva solo avuto la sfortuna di condividere, prima del matrimonio, un alloggio con alcuni suoi connazionali in seguito inquisiti per terrorismo. Circostanze che, assieme all’argomento giuridico fondato sulla violazione dell’articolo 3 della Convenzione, sono state esposte in un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ricorso che, naturalmente, è stato presentato a espulsione avvenuta. Di certo la situazione giudiziaria di Cherif Foued era ben diversa da quella di un altro tunisino, Nassim Saadi, che invece è stato condannato sia in Italia (quattro anni e mezzo di reclusione), sia in Tunisia (vent’anni di carcere) perché ritenuto colpevole di far parte di un’organizzazione terroristica. Anche nei confronti di Nassim Saadi, infatti, era stata disposta l’espulsione dal territorio nazionale sulla base del “decreto Pisanu”. Solo che, per qualche ragione, non fu eseguita immediatamente. Così Nassim Saadi ebbe il tempo di ricorrere a Strasburgo. La decisione è arrivata alcuni giorni fa. Con sentenza unanime, la Corte europea si è opposta all’espulsione affermando che l’Italia, se la mettesse in atto, violerebbe l’articolo 3 della Convenzione. La Tunisia – come emerge anche dall’ultimo rapporto di Amnesty International – è considerata un paese che non offre garanzie di rispetto della norma che vieta la tortura e i trattamenti inumani o degradanti. E’ probabile che in tempi rapidi arrivi anche la decisione sul caso di Cherif Foued. E poiché l’argomento fondamentale è analogo a quello sostenuto dalla difesa di Nassim Saadi, anche la sua espulsione sarà dichiarata illegittima. Ma ciò avverrà dopo che il danno è stato prodotto: quattordici mesi di reclusione, la rovina economica, una famiglia gettata nella disperazione. Quanto fatti come questo siano utili alla lotta contro il terrorismo internazionale è un mistero. Dal confronto tra le due vicende si ricava l’impressione di una giustizia che agisce in modo del tutto casuale. Più che una lotta, una lotteria. Il pluricondannato Nassim Saadi è rimasto in Italia, mentre l’incensurato Cherif Foued è stato espulso. Solo quando uscirà dal carcere si potrà fare il bilancio definitivo dei danni e dell’entità della violazione dei diritti umani della quale siamo stati autori.

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