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Migranti reclusi e sedati nei cpr

Inchiesta di «Altreconomia» sui Centri per il rimpatrio. «Abuso di medicine arbitrario quotidiano che permette all’ente gestore maggiori guadagni» Tutti i soldi spesi dallo Stato per stordirli e tenerli buoni nei Cpr

Antiepilettici, antipsicotici, antidepressivi e metadone: sono gli psicofarmaci lo strumento principale di gestione delle persone recluse nei Centri di permanenza per il rimpatrio dei migranti. «Servono per stordire donne e uomini in modo che mangino di meno, restino più tranquilli e resistano di più al sovraffollamento, nelle gabbie in cui vengono stipati. All’ente gestore gli psicofarmaci costano meno del cibo e permettono di riempire maggiormente i Cpr e allungare il tempo di permanenza di ciascun migrante nella struttura, in modo da aumentare i guadagni».

È una fotografia agghiacciante, indegna di un Paese civile, quella scattata dai giornalisti Luca Rondi e Lorenzo Figoni nell’inchiesta pubblicata nell’ultimo numero del mensile Altreconomia e presentata alla Camera dei deputati in una conferenza stampa. Proprio mentre nella legge di Bilancio sono stati previsti più di 42,5 milioni di euro per l’ampliamento entro il 2025 della rete dei Cpr al fine di costruirne uno per regione, con le procedure di costruzione semplificate dal nuovo decreto sull’immigrazione.

Mesi di lavoro, per i due giornalisti, dati reperiti tra estreme difficoltà, risposte parziali, rimpalli tra prefetture (che hanno compiti di vigilanza sui Cpr e conferiscono l’appalto agli enti gestori) e Asl di competenza, per raccontare l’abuso di psicofarmaci cui vengono sottoposti cittadini inermi reclusi nelle galere per stranieri, da Torino a Trapani, da Milano a Roma, Brindisi e Gorizia. Nei nove Cpr italiani attivi, a fronte di 744 posti totali disponibili, nel 2021 sono transitate quasi 6 mila persone con una permanenza media di 36 giorni (da 15 giorni a 3 mesi). Lo scopo di questi centri sarebbe il rimpatrio ma avviene in meno del 50% dei casi. Mentre a conti fatti gli psicofarmaci hanno inciso per il 31% sulla spesa totale dei farmaci.

Il giornalista Luca Rondi ha ricordato che presso i Cpr “non sono previste attività, le giornate sono tutte uguali; un operatore ci ha raccontato che gli psicofarmaci sono usati per ‘stordire’ le persone così ‘mangiano di meno, fanno meno casino, rivendicano di meno i loro diritti’. La spesa per gli psicofarmaci è altissima mentre la tutela della salute all’interno dei Cpr non è affidata a figure specialistiche che lavorano per il Ssn bensì da assunti da enti gestori che mirano a risparmiare”. Sui numeri: rispetto all’esterno, su una popolazione di riferimento simile, la spesa in antidepressivi, antipsicotici e antiepilettici nella struttura di via Corelli a Milano è di 160 volte più alta, al “Brunelleschi” di Torino 110, a Roma 127,5, a Caltanissetta 30 e a Macomer 25.

Addirittura a Roma, in cinque anni, sono state acquistate 154.500 compresse di Buscopan su un totale di 4.200 persone transitate. In media, 36 pastiglie a testa quando un ciclo ‘normale’ ne prevede al massimo 15. A Torino la spesa in Clonazepam (Rivotril) dal 2017 al 2019 è di 3.348 euro, quasi il 15% del totale (22.128 euro) mentre a Caltanissetta tra il 2021 e il 2022 sappiamo che sono state acquistate 57.040 compresse: 21.300 solo nel 2021, a fronte di 574 persone trattenute. Significa mediamente 37 a testa. Anche a Milano il Rivotril rappresenta la metà del totale della spesa in psicofarmaci con 196 scatole acquistate in soli cinque mesi. L’altro giornalista Lorenzo Figoni ha denunciato che “non è stato facile ottenere questi dati dalle Asl e dalle Prefetture. C’è un grosso problema di trasparenza”.

Per Ilaria Cucchila verità è una: i Cpr sono incostituzionali e vanno chiusi. Le persone vengono trattenute come animali, alcuni ci hanno detto ‘è meglio stare in carcere, almeno ci sono delle regole’”. E invece nell’ultima legge di Bilancio sono stati previsti più di 42,5 milioni di euro per l’ampliamento entro il 2025 della rete dei nove Cpr già attivi. Per Magisono luoghi pensati con l’unico scopo dell’afflizione e dell’annientamento della persona. Ne ho visitati molti: quello peggiore è stato il Cpr di Gradisca d’Isonzo. Trovai persone in condizioni di semi incoscienza. Per questo feci anche una denuncia. Questi farmaci vengono somministrati al di fuori delle norme. Tutto questo avviene in strutture dello Stato e merita una risposta immediata dei Ministri Piantedosi e Schillaci. Se non lo faranno oggi stesso (ieri, ndr) presenterò un’interpellanza urgente”.

Intanto a metà gennaio 2023 è iniziato il processo per la morte di Vakhtang Enukidze, 37 anni originario della Georgia, avvenuta il 18 gennaio 2020 proprio nel Cpr di Gradisca dopo che l’autopsia ha accertato che la causa della morte è edema polmonare e cerebrale per un cocktail di farmaci e stupefacenti e non è chiaro come abbia fatto a procurarseli; a Roma invece la Procura indaga sulla morte di Wissem Ben Abdel Latif, 26 anni, che il 28 novembre 2021 morì mentre era legato a un letto dell’ospedale San Camillo di Roma: arrivava dal Cpr di Ponte Galeria con valori del sangue anomali.

Per Duccio Facchini, direttore della rivista “si tratta di un lavoro non improvvisato ma portato avanti da mesi. I dati rappresentano la vera emergenza del Paese abituata a nutrirsi invece di emergenze propagandistiche”. Poi ha partecipato un aneddoto: “arrivando qui alla sala stampa ho incontrato la Ministra Roccella e le ho lasciato una copia della rivista dicendole che trattava i Cpr. La sua risposta è stata: ‘Cpr che?’, a dimostrazione del disinteresse politico”.

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