Un piano in venti punti che corrispondono ad altrettante azioni da intraprendere lungo le rotte dei migranti, a partire dal Mediterraneo centrale. Dopo le tensioni con la Francia seguite al caso Ocean Viking, l’Unione europea prova a venire incontro alle richieste italiane di una maggiore partecipazione degli Stati nella gestione di quanti arrivano in Europa. Il «Piano di azione dell’Ue sulla migrazione nel Mediterraneo», come è stato battezzato dalla Commissione Ue che l’ha presentato ieri, verrà discusso dai ministri dell’Interno dei 27 in un vertice straordinario convocato per venerdì prossimo: «Non possiamo gestire la migrazione caso per caso, barca per barca», ha spiegato il greco Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione. «Le soluzioni strutturali possono essere trovate solo attraverso l’adozione del nostro Patto Ue».

TOCCHERÀ AI MINISTRI adesso cercare di rendere concrete almeno alcune delle proposte avanzate. Non sarà un lavoro semplice. Forse perché preparato proprio sull’onda delle tensioni nate tra Italia e Francia, il Piano è più che altro un elenco di buone intenzioni già sentite in passato (dalla cooperazione con i Paesi di origine dei migranti a un incremento dei rimpatri, agli aiuti allo sviluppo) a cui si aggiungono però almeno tre punti che invece potrebbero trovare un’immediata applicazione: un codice di comportamento per le navi delle ong, una maggiore collaborazione tra Stati costieri e Paesi di bandiera delle navi e, infine, un maggiore coinvolgimento nel Mediterraneo, ma anche al confine meridionale della Libia, di Frontex, l’Agenzia europea per il controllo della frontiere il cui operato in passato non ha mancato di sollevare critiche.

SULLE NAVI UMANITARIE la Commissione prova a mettere alcuni paletti alla loro azione di soccorso in mare proponendo di avviare una discussione sul tema con l’Organizzazione marittima internazionale per ragionare, è scritto nel documento, «sulla necessità di un quadro specifico e orientamenti per le navi che si concentrino in particolari sulle operazioni di salvataggio, tenendo conto degli sviluppi del contesto europeo». In pratica si tratterà di individuare nuove linee guida alle quali le ong dovranno attenersi per poter operare. Non si parla, almeno per ora, di eventuali provvedimenti per quanti dovessero rifiutarsi di aderire. «Nel Patto per la migrazione e l’asilo – ha detto ieri la commissaria agli Affari interni Ylva Johansson – abbiamo già proposto una sorta di codice di condotta europeo. Ovviamente siamo pronti discuterne di più»

Nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe finire anche il contenzioso, aperto dall’Italia, in atto tra Stati costieri e Paesi di bandiera delle navi umanitarie promuovendo una collaborazione più stretta attraverso «scambio di informazioni e coordinamento, anche al fine di facilitare una migliore cooperazione tra i Paesi membri e navi di proprietà di soggetti privati o da essi gestite». Per quanto riguarda Frontex, invece, l’Agenzia dovrà rafforzare l’azione di sorveglianza aerea e marittima nel Mediterraneo centrale, ma è previsto un suo impiego per contrastare il traffico di esseri umani anche il Libia, Sahel e Niger. Nel documento figura anche un riferimento, per ora vago, alla necessità di promuovere in collaborazione con Unhcr e Oim il dialogo tra gli Stati costiera «sugli approcci regionali alla ricerca e soccorso» in mare».

IL PIANO DELL’UE prevede inoltre la stipula con Paesi terzi di accordi che facilitino i rimpatri dei migranti economici e investimenti per 580 milioni di euro destinati ai Paesi del Nord Africa. Spinta, infine anche per i rimpatri volontari dalla Libia con una collaborazione tra Ue, Unione africana e Nazioni unite. «Quest’anno già più di 3.000 persone sono state rimpatriate volontariamente dalla Libia ai Paesi di origine», ha spiegato Johansson.
Soddisfatto del piano si è detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: Il testo mette al centro alcune importanti questioni in tema di gestione dei flussi migratori – ha detto – e lo fa nella prospettiva già auspicata dal governo italiano». Prudenti, invece, le ong sull’annunciato codice che le riguarderebbe: «Vediamo cosa ci sarà scritto», afferma Marco Bertotto di Msf. «Quando non firmammo il codice Minniti spiegammo che non era finalizzato a migliorare il sistema di soccorso in mare. Se da Bruxelles arriveranno segnali diversi valuteremo, altrimenti non sarà possibile aderire».

da il manifesto