Più che una conferenza stampa è una corrida, un corpo a corpo tra la premier e i giornalisti che travolge il nuovo capo dell’ufficio stampa di palazzo Chigi, Mario Sechi. A Cutro, dopo la riunione del consiglio dei ministri in loco, «segnale simbolico e concreto», non si può sorvolare su quel che di fronte a Cutro è successo. La premier è tassativa: «Il governo non poteva fare nulla di più o di diverso». Assoluzione piena per tutti tranne che per Frontex: «Perché ha segnalato la nave solo quando è entrata in acque italiane…, volevo dire quando era in prossimità delle acque italiane?».

Quello su Frontex non è l’unico errore di Giorgia Meloni. Si confonde sugli orari, è approssimativa su tutto, i cronisti non la perdonano, le rinfacciano ogni sbaglio senza aspettare il loro turno. Sechi si sgola inutilmente, la presidente si incanta come un disco rotto, «Allora volete dire che il governo voleva quelle morti?», poi getta la spugna e passa la parola a Piantedosi. Ma quando uno è burocrate lo è sempre e il ministro dell’Interno si trincera dietro un arido «Ho già spiegato in aula: cercate gli atti». E aggiunge quella che per lui è da sempre la risposta: «Succede». Cose che capitano.

Prima dell’inglorioso botta e risposta la premier aveva illustrato il decreto appena varato all’unanimità dal cdm. Unanimità dovuta in realtà al ritiro del passaggio della competenza sulla sorveglianza marittima dai ministeri di Salvini e Piantedosi a quello di Crosetto, cioè la Difesa. Nel testo originario c’era. Salvini ha puntato i piedi. Meloni si è arresa. Alla fine però l’unanimità c’è davvero e non solo di facciata: il capo leghista è visibilmente soddisfatto e ne ha tutte le ragioni. La tricolore ha sfoderato il suo lato più ruvido, assicurato che «la linea del governo non cambia dopo Cutro: la tragedia conferma anzi che per evitare l’eccidio in mare serve la fermezza».

FERMEZZA SIGNIFICA prima di tutto guerra ai trafficanti: «Non replicheremo l’approccio di chi finora ha lasciato che i trafficanti agissero indisturbati. L’Italia si è occupata soprattutto di andare a cercare i migranti per tutto il Mediterraneo. Noi invece andremo a cercare gli scafisti lungo tutto il globo». Iperboli stentoree a parte significa che le pene e le multe saranno aumentate ma soprattutto che verrà introdotta una nuova fattispecie di reato per chi durante le traversate provoca morti o lesioni gravi, con pene fino a 30 anni. «E perseguiremo anche chi commette questo reato fuori dalle nostre acque».

L’intenzione del governo sarebbe quella di muoversi su due direttrici opposte: allargare le maglie per l’immigrazione legale con il ripristino dei flussi, competenza assoluta di Chigi, e irrigidire la guerra contro quella illegale. Le cifre, il numero degli ingressi consentiti, ancora non ci sono però, e non è un particolare.

I permessi di soggiorno saranno rinnovati per tre anni invece di due. Saranno favoriti, con quote maggiori, i Paesi che collaborano alla lotta contro i trafficanti e ci sarà un occhio di riguardo per chi può vantare corsi di formazione riconosciuti dal governo italiano. Così potranno fare «lavori qualificati», perché questa è vera solidarietà, mica «costringerli a lavare i vetri ai semafori». La presidente sembra vivere in un altro pianeta, come se non si rendesse conto di chi sono i disperati che cercano salvezza da fame e miseria.

MA IL CAPO DEL GOVERNO non riesce a mantenere l’equilibrio e l’esposizione finisce molto sbilanciata sul versante salviniano, quello della repressione pura e semplice. Le espulsioni saranno facilitate. Ci sarà un centro in ogni regione e certo, ammette l’ineffabile Piantedosi, in quei postacci si vive male ma sta ai migranti restarci il meno possibile facilitando l’identificazione. Impagabile. Il peggio arriva con le restrizioni sulla protezione speciale, per evitare «allargamenti impropri».

È solo l’antipasto: Giorgia Meloni annuncia la decisione di eliminare del tutto la protezione a breve. È il vero punto segnato dalla Lega, che proprio questo si proponeva con la proposta Iezzi-Molinari, calendarizzata ieri in commissione alla Camera tra le proteste dell’opposizione che ha abbandonato l’aula. «Buona parte di quel testo è già compreso nel dl», assicura festosa lady Giorgia.

SUL CONTENZIOSO Con i Paesi del nord, che reclamano dall’Italia maggior controllo sui movimenti secondari, insomma il blocco dei confini, l’italiana insiste per lo scambio: «Si combattono i movimenti secondari bloccando quelli primari, gli arrivi in Italia». La fortezza deve essere europea, mica solo nordeuropea.
E sui salvataggi, dopo l’orrore di Cutro? Neanche una parola: va già tutto bene.

Antigone: “non è con l’aumento delle pene che si affrontano le questioni sociali e umane”

Tra tutte le azioni che, all’indomani del naufragio di Cutro, il governo poteva intraprendere, quella dell’aumento delle pene per i cosiddetti scafisti è sicuramente la meno utile. Le pene non sono mai un deterrente. Lo abbiamo visto in tanti casi, anche recentemente. Negli anni della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, consumi e traffici non diminuirono, ma aumentarono esponenzialmente le persone detenute, con costi economici e sociali altissimi.

E’ ancora meno un deterrente quando vogliono andare a colpire le catene ultime delle filiere criminali, persone – appunto i presunti scafisti – che accettano di mettersi in mare, su imbarcazioni di fortuna, rischiando a loro volta la vita, e che una volta arrivati sanno di poter essere tratti in arresto. Persone che non conosceranno in molti casi neanche una parola di italiano e non sapranno certamente se la pena che li aspetta possa essere di uno, cinque, dieci anni. E non si faranno probabilmente fermare da questa incertezza. Inoltre questo provvedimento andrà a colpire anche quelle persone che svolgono azioni di solidarietà nei confronti dei migranti. Persone che già oggi rischiano di pagare un prezzo molto alto proprio per queste loro azioni solidali e che, da domani, potranno incorrere in pene assurde e spropositate. Pene che minano la proporzionalità che un sistema sanzionatorio dovrebbe avere e che questo governo, per la seconda volta in pochi mesi, mette a repentaglio. La prima volta accadde con il decreto Rave su cui poi, infatti, ci fu un passo indietro.

All’indomani del naufragio di Cutro è stato arrestato un ragazzino di 17 anni. Ce ne sono diversi nelle carceri minorili italiane di giovani e giovanissimi che hanno questa accusa. Parlando con loro e con gli operatori che li seguono, resta in tutti l’impressione che siano ragazzi messi sulle navi dai loro genitori, con la speranza di costruire per loro un futuro, a cui, ad un certo punto, è stato affidato un timone. Ragazzi che nulla hanno a che fare con le organizzazioni criminali che speculano sulle speranze e la vita delle persone che migrano.
Il diritto penale, in uno stato autenticamente liberale, non può andare a rincorrere emergenze o pseudo emergenze. Deve invece essere uno strumento che si accompagna ad una lettura complessiva dei fenomeni, per i quali vanno cercate di volta in volta risposte sociali e umane prima ancora che penali.