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In memoria della “sposa del Kurdistan”

Cade oggi, 12 maggio, il 49° anniversario del martiro della femminista curda Leyla Qasim, condannata alla pena capitale dal regime di Saddam Hussein

di Gianni Sartori

Ovviamente sappiamo tutti che Saddam Hussein non venne abbattuto (e che l’Iraq non venne invaso) per aver impiccato o sterminato con gas letali i curdi.

Tantomeno per la guerra con l’Iran durante la quale godeva del sostegno statunitense.

Tuttavia si rimane perplessi quando altri popoli oppressi talvolta lo ricordano ancora – questo macellaio – un campione dell’antimperialismo.

“Contraddizioni in seno ai popoli” verrebbe da dire.

Oggi 12 maggio, cade il 49° anniversario dell’impiccagione di Leyla Qasim e di altri quattro compagni curdi: Jawad Hamawandi, Nariman Fuad Masti, Hassan Hama Rashid e Azad Sleman Miran.

Nella memoria della Resistenza curda il nome della giovane militante femminista assassinata a soli 22 anni rimane ancora integro. Un esempio perenne come quelli di Sakine Cansiz, Zarife Xatun, Hevrin Khalaf … i cui ritratti campeggiano sui muri di tante abitazioni curde e nei luoghi pubblici del Kurdistan (dove questo è possibile ovviamente).

Leyla era nata nel 1952 a Xanequin (Kurdistan del Sud, in territorio iracheno) da Dalaho Qasim e Kanî, poveri contadini che avevano altri cinque figli.

Con suo fratello Chiyako aveva appreso l’arabo dalla madre.

Nel 1971 si era iscritta alla facoltà di sociologia di Bagdad e qui aveva contribuito alla costituzione di un sindacato degli studenti militando sia per i diritti delle donne sia per la causa curda.

Già alla fine degli anni sessanta, insieme al fratello, aveva scritto e diffuso alcuni opuscoli contro la politica del partito Baas (in particolare contro le torture e la repressione della popolazione curda). Il suo arresto per “separatismo” rientrava in una vasta operazione condotta dall’esercito iracheno e in carcere venne torturata, sottoposta a trattamenti disumani.

Si ritiene sia stata la prima donna giustiziata in Iraq e forse la quarta prigioniera politica nel mondo a venire impiccata.

Soprannominata “la Sposa del Kurdistan”, per ricordarla vennero scritti poemi, canzoni e in suo onore eretta una statua a Erbil.

Ancora oggi quel nome viene donato a migliaia di bambine nate in Kurdistan. Non è quindi casuale se centinaia di “Leyla”, combattenti e militanti della Resistenza curda, stanno ora lottando sia in Royava che in Bakur o Rojhilat.

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