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Medio Oriente: conflitti a carattere religioso o prosecuzione del colonialismo (interno ed esterno) con altri mezzi?

Quanto è avvenuto nelle aree curde, occupate militarmente dalla Turchia, di Afrin e di Sere Kaniyê (Nord della Siria) appare emblematico. Non essendo in grado di controllare adeguatamente le proprie milizie mercenarie (vedi l’Esercito Nazionale Siriano, SNA), Ankara si starebbe affidando direttamente al gruppo terrorista Hayat Tahrir al-Sham (HTS, successore di Al-Nusra), con tutta probabilità l’emanazione locale di Al-Qaeda.

di Gianni Sartori

Se in passato le “guerre di religione” potevano, forse, esprimere (“fotografare”) in qualche modo i conflitti etnici e/o sociali del tempo (vedi alcune “eresie” e certe“ riforme” diretta conseguenza dei conflitti di classe), direi che in seguito, perlomeno dal secolo scorso, il più delle volte sono state la copertura, la “vetrina” di interessate strumentalizzazioni.

A titolo di esempio, il conflitto irlandese, soprattutto dopo la divisione dell’Isola di smeraldo. Se già nel settecento cattolici e protestanti (discendenti i primi dagli indigeni irlandesi colonizzati, gli altri dai coloni scozzesi presbiteriani) avevano fatto fronte comune per l’indipendenza dell’Irlanda, anche in seguito (vedi gli scioperi di lavoratori salariati cattolici e protestanti a Belfast) non mancarono lotte comuni. A porvi fine intervennero le ricche borghesie filo britanniche (v. La Casa d’Orange) elargendo piccoli privilegi e organizzando milizie settarie “lealiste” (v. UVF). Non potendo utilizzare – che so – un diverso colore della pelle o diversità etniche rilevanti (in quanto entrambe le comunità erano di origine celtica, diversamente dagli inglesi anglosassoni – di origine germanica – e anglicani) si accontentarono di ampliare il modesto solco di natura religiosa.

Poi è andata come sappiamo. Esperimento sostanzialmente riuscito, un modello per future strumentalizzazioni a “geometria variabile”.

Quindi ritengo che anche le sanguinose faide mediorientali tra sunniti e sciiti (con ricadute particolarmente gravi per le minoranze qui presenti: yezidi, alaviti, assiro-cristiani, zoroastriani…) siano state perlomeno “pompate”, gonfiate, esasperate ad arte.

Solo un’ipotesi, la mia. Da “proletario autoalfabetizzato” senza pretese accademiche. A naso diciamo.

Quanto è avvenuto nelle aree curde, occupate militarmente dalla Turchia, di Afrin e di Sere Kaniyê (Nord della Siria) appare emblematico. Non essendo in grado di controllare adeguatamente le proprie milizie mercenarie (vedi l’Esercito Nazionale Siriano, SNA), Ankara si starebbe affidando direttamente al gruppo terrorista Hayat Tahrir al-Sham (HTS, successore di Al-Nusra), con tutta probabilità l’emanazione locale di Al-Qaeda.

Anche perché tra le fila di alcune formazioni sul libro paga di Ankara ultimamente serpeggiava, oltre al malcontento, anche una certa preoccupazione. Le voci su un possibile riavvicinamento tra Ankara e Damasco (patrocinato da Mosca) lasciava intravedere la possibilità di venir scaricati, se non addirittura consegnati, per diversi membri delle milizie mercenarie. In quanto ricercati da Damasco potrebbero venire estradati e questo suggerisce una possibile spiegazione su alcuni episodi di insubordinazione. Come per gli scontri a mano armata intercorsi tra membri di Jabhat al-Shamiya e di Jaish al-Islam.

Tali dispute ricorrenti (oltre al rischio concreto di insubordinazione e defezione) tra le diverse fazioni di SNA (forse non adeguatamente attrezzate, oltre che sul piano politico, anche in quello religioso?) avrebbero suggerito a Erdogan di far leva sul maggiore entusiasmo, fervore religioso (eufemismo per fanatismo) di HTS. Un fanatismo indispensabile per annichilire le minoranze “eretiche” e non omologate (tutti apostati, dissidenti, “pagani” …addirittura comunisti o anarchici talvolta) del nord della Siria. Nella prospettiva di ulteriori invasioni.

Già all’epoca delle prime manifestazioni contro il regime siriano si assisteva ad un proliferare di gruppi armati, in genere appoggiati, oltre che dalla Turchia, da alcuni Stati del Golfo come il Qatar.

Per inciso, è probabile che questo stia oggi avvenendo in Iran, nel tentativo di strumentalizzare, “dirottare” altrove, le legittime proteste popolari. Con un occhio di riguardo per i beluci, già manovrati in passato anche da qualche potenza imperialista di oltre oceano.

Va anche detto che da parte sua la Repubblica islamica sembra far di tutto per fornire pretesti in tal senso. In una recente manifestazione (4 novembre 2022) a Khach, provincia di Zahedan, le forze di sicurezza hanno ucciso una ventina di civili beluci(16 le vittime identificate, tra cui alcuni bambini) ferendone oltre sessanta. Da segnalare – stando a quanto dichiarato da alcuni attivisti – che altri feriti erano poi deceduti non essendo stati traspostati all’ospedale dove rischiavano seriamente di essere  arrestati.

Un’altra strage di civili beluci era già avvenuta, sempre nella provincia di Zahedana, il 30 settembre.

Appare evidente che – analogamente a quella curda – anche la popolazione minorizzata dei beluci (“minorizzata” e non minoritaria, in quanto divisa da frontiere statali) in Sistan e Baloutchistan subisce quotidiane discriminazioni ed è sottoposta a una dura repressione (come del resto altre comunità delle aree periferiche del Paese) da parte di Teheran.

Sia per la loro appartenenza etnica, sia per ragioni religiose in quanto sunniti.

Alcune organizzazioni hanno stabilito un’analogia, per vastità e inasprimento, tra l’attuale repressione in Iran e i massacri subiti dai beluci a Deraa (in Siria) nel 2011, denunciati dall’ONU come crimini di guerra.

Come da manuale, ca va sans dire, anche i beluci ci mettono “del suo”. per esempio in Pakistan alcuni gruppi indipendentisti beluci sono ritenuti responsabili responsabili di vere e proprie stragi ai danni degli Azara, un’altra minoranza, ma di fede sciita.

Tornando in Siria, è storicamente accertato che potenze regionali ostili a Damasco avevano favorito la militarizzazione (vedi appunto la formazione di SNA) e l’escalation del conflitto.

Oltre che a SNA, la Turchia non avrebbe lesinato nel fornire sostegno al fronte Al-Nusra (dal 2012 nella lista del terrorismo internazionale in quanto ritenuto emanazione di al-Qaeda) e addirittura a Daesh. Formazioni entrambe notoriamente jihadiste.

Per esempio, il comandante di Al-Nusra, Al-Hana (Abu Mansour al-Maghrebi) arrestato nel 2020 in Iraq aveva rivelato che lo sceicco Khalid Sueliman (della potente famiglia al-Thani), a capo del Fronte Al-Nusra (e pare anche delle organizzazioni derivate), veniva finanziato con qualcosa come un milione di dollari al mese. Turchia e Qatar sosterrebbero, sia finanziariamente, sia con la fornitura di armamenti,i vari gruppi combattenti emanazione dei Fratelli musulmani salafiti in quanto utile strumento per la loro politica estera. Anche in chiave pan-islamica.

Negli USA è ancora in corso il processo contro “Qatar Charity” e contro Qatar Bank per aver finanziato con ottocentomila dollari il leader dell’Esercito Islamico Fadhel al-Salim.

Quanto al fronte Al-Nusra, va ricordato che nell’ottobre 2012 attaccava i distretti autonomi di Şêxmeqsûd e Eşrefiye (regione di Aleppo) uccidendo decine di curdi.

Subito dopo gli ascari jihadisti si scagliavano contro Afrin, incontrando però la ferrea resistenza delle YPG.

Nel voler annichilire in primis le zone curde del Rojava (dove si sperimentava la rivoluzione del Confederalismo democratico) il Fronte Al-Nusra si smascherava da solo, mostrando apertamente di agire su indicazione della Turchia.

Sempre nel 2012, in novembre, veniva attaccata, partendo direttamente dalla Turchia, anche Serêkaniyê. Un’operazione congiunta tra al-Nusra e alcune milizie curde collaborazioniste legate al PDK. Entrando in alcuni dei quartieri a maggioranza araba di Serêkaniyê, queste milizie si spacciavano per ribelli anti-Assad cercando di stabilire alleanze. Solo successivamente (il 19 novembre) partiva il brutale attacco contro i quartieri a maggioranza curda. Veniva assassinato il sindaco della città e la chiesa diventava un bivacco per il loro quartiere generale.

Nel frattempo la loro già consistente presenza veniva rinforzata dall’apporto della cosiddetta Coalizione nazionale (ETILAF).

ETILAF – secondo i curdi – sarebbe al comando di SNA o comunque della sua derivazione, il “governo di transizione siriano”. Oltre al seggio di Istanbul, ETILAF ne controlla uno anche a Berlino (oltretutto finanziato dal governo tedesco).

Avrebbe anche una certa influenza in alcuni progetti (ugualmente finanziati dal governo tedesco) che sembrano funzionare come “specchietti per allodole”, allo scopo di creare cortine fumogene sulla realtà della situazione curda.

Tra questi, il Centro europeo di studi curdi (EZKS) e il sito Kurdwatch, divulgatore di notizie farlocche intese a giustificare le operazioni militari di Erdogan nel nord della Siria e nel nord dell’Iraq.

Ma nonostante questo ulteriore apporto di milizie, successivamente venivano scacciati dalla popolazione insorta dei quartieri curdi, grazie anche all’intervento dei combattenti di YPG e YPJ.

Gli scontri ripresero, durissimi, nel gennaio 2013.

Praticamente una vera e propria ammucchiata di gruppi mercenari guidata da Al-Nusra quella che contese per circa due settimane il controllo dei quartieri alle milizie curde.

Sconfitte nuovamente, le truppe jihadiste si misero in salvo direttamente oltre il confine turco (immediatamente blindato dai soldati turchi per maggior sicurezza), ma lasciando in mano ai curdi un’ampia documentazione della loro intensa collaborazione con Ankara.

Purtroppo durante la ritirata sia Al-Nusra che Daesh non mancarono di vendicarsi sulla popolazione curda con una vile rappresaglia.

Come a Til Eran (luglio 2013) e a Tal Hasil. Dichiarando pubblicamente, attraverso le moschee, che sia il bagno di sangue nei confronti della popolazione curda (circa un’ottantina le vittime accertate) che il sequestro-rapimento delle donne curde (prelevate a centinaia) era giustificato dal punto di vista religioso. Rastrellando poi casa per casa le due località sopracitate alla ricerca di “Apoisti”, ossia di seguaci di Apo Ocalan.

Oltre a quelli crudelmente assassinati (alcuni bruciati vivi, con le immagini poi diffuse nei social), vanno considerati anche i desaparecidos (qualche decina) e i cadaveri (una ventina) di cui non è stata possibile l’identificazione.

Da sottolineare che – per quanto entrambe aspirassero alla supremazia – Al-Nusra e Daesh (o Stato Islamico che dir si voglia) non smisero mai di collaborare proficuamente.

Sia garantendo una certa “osmosi” di combattenti -praticamente intercambiabili – da una formazione all’altra (in base alle necessità del momento), sia dandosi il cambio, alternandosi nel controllo delle aree occupate.

E soprattutto instaurando congiuntamente durante l’occupazione delle città, dei villaggi e dei quartieri curdi un aspro regime di ispirazione salafita. Anche a livello di tribunali islamici dove operavano in coppia.

Sempre sotto la supervisione di Ankara ovviamente. L’assalto al carcere di Sine à Hesekê (gennaio 2022) era stato pianificato dai territori occupati dalla Turchia.

Come già detto negli ultimi tempi il Fronte Al-Nusra aveva cercato di “riciclarsi” prendendo (almeno ufficialmente) le distanze da Al-Qaeda e cambiando pelle e nome. Diventando prima, nel 2016, Liwa Fatah al-Sham e successivamente, nel 2017, appunto Hayat Tahrir al-Sham (HTS, in realtà una finta coalizione di vari gruppi, sostanzialmente sotto il controllo della vecchia Al-Nusra, comunque denominata). Attualmente la casa madre sarebbe localizzata in quel di Idlib, in felice coabitazione con l’alleato turco. Allo scopo dichiarato di soffocare il risorgere e la diffusione del Confederalismo democratico in questa parte del Rojava. Esperienza pericolosa perché esemplare e contagiosa, soprattutto così in prossimità del confine turco.

Dal maggio di quest’anno (a seguito dell’incontro di Idlib-Sarmada con esponenti del regime turco) le milizie di HTS hanno ripreso a riposizionarsi e raggrupparsi su Idlib puntando quindi su Afrin. Inoltre si sarebbero acquartierati anche nelle zone di Girê Spî, Azaz, al-Bab, Cerablus e intorno alla città di Minbić (ancora gestita dall’amministrazione autonoma).

Sempre in vista di ulteriori attacchi in Rojava.

Per concludere, pur essendo presto rientrato nella lista nera dei gruppi terroristi, HTS continua a godere dei finanziamenti di Turchia, Qatar, Arabia Saudita…

Pare anche di qualche non meglio identificato “Paese occidentale” …

Vai a sapere.

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