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Mattarella firma il decreto sicurezza. Già cominciate le espulsioni dai centri di accoglienza.

Tutti gli appelli lanciati perché non firmasse sono caduti nel vuoto. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato ieri il decreto sicurezza, convertito in legge dalla Camera la scorsa settimana, e che attende ora di essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.

Un atto scontato, che ha lasciato però l’amaro in bocca a quanti, tenuto conto della presenza nel decreto di misure a rischio di incostituzionalità, speravano in un estremo stop da parte del Quirinale. Così invece non è stato. Esulta Matteo Salvini, che con la firma del capo dello Stato porta a casa un provvedimento prezioso da sbandierare come un successo nella prossima campagna elettorale per le europee di maggio. «E’ necessario smontare le bufale che stanno circolando da giorni – ha detto il ministro degli Interni -. Più diritti per i rifugiati e meno diritti per chi rifugiato non è».

Saranno anche bufale, come dice Salvini, fatto sta che a Nord come a Sud del Paese decine e decine di sindaci, governatori e assessori sono impegnati nel fare i conti con le conseguenze che il provvedimento provocherà nei territori. «Sarà un disastro e alla fine saranno i sindaci a restare con il cerino in mano», aveva pronosticato a ottobre Matteo Biffoni, primo cittadino di Prato e responsabile immigrazione dell’Anci, l’associazione dei comuni italiani. Conseguenze che rischiano di essere pesanti non solo per i migranti, ma anche per il futuro di migliaia di italiani che oggi sono impiegati nel circuito dell’accoglienza e che domani potrebbero ritrovarsi senza più un lavoro .

Sempre l’Anci ha calcolato in circa 50 mila i migranti che nel solo 2019 passeranno bruscamente da un percorso di integrazione a una situazione di irregolarità per effetto della nuova legge. E le espulsioni sono già cominciate. Alle 26 persone – tra le quali una donna incinta e un bambino di cinque mesi – che venerdì scorso sono state messe alla porta nel Cara di Isola di Capo Rizzuto, in Calabria, moltissime altre si preparano a fare la stessa fine. A Milano il Comune ha calcolato in 900 i migranti che nei prossimi mesi saranno costretti a lasciare i centri di accoglienza della città, e di questi 240 potrebbero ritrovarsi in mezzo alla strada già nei prossimi giorni. Non si sta parlando di «clandestini», bensì di migranti regolari, spesso di famiglie con bambini in possesso di una protezione umanitaria cancellata dalle nuove norme e per questo, finito il periodo di accoglienza, destinate a lasciare l’unico luogo che hanno a disposizione. «Un follia che ci regala 900 nuovi senzatetto» commentava ieri l’assessore alle politiche sociali del Comune, Pierfrancesco Majorino.

Una «follia» che in Toscana, stando ai calcoli dell’assessore all’Immigrazione della Regione, subiranno cinquemila degli undicimila migranti presenti nei Centri di accoglienza straordinaria e in quelli aderenti al circuito Sprar ( il Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, destinato a essere fortemente ridotto dalle nuove norme). Di questi, tremila solo come conseguenza dell’abolizione della protezione umanitaria. In Piemonte sono destinati a diventare irregolari almeno 5.000 dei 10.380 migranti accolti nei Cas mentre a Roma l’assessore alle Politiche sociali del Campidoglio, Laura Baldassarre, parla di 1.059 persone espulse dai centri di accoglienza. E l’elenco potrebbe continuare.

Ma la prospettiva di migliaia di disperati costretti ne prossimo futuro a sopravvivere nelle strade è solo una parte del problema. Ad rendere la situazione ancor più pesante è l’articolo della legge che cancella il diritto per i richiedenti asilo ad iscriversi all’anagrafe del Comune in cui risiedono. Questo significa niente documenti e quindi vedersi preclusa la possibilità di avere un lavoro regolare, possedere una patente e, soprattutto, l’accesso al Servizio sanitario nazionale. Fatto quest’ultimo che ricadrà inevitabilmente sui singoli Comuni, che hanno già calcolato in 280 milioni di euro i nuovi costi sociali che dovranno affrontare. Come se non bastasse, un emendamento alla manovra di bilancio prevede che a partire dal 2019 il fondo di 30 milioni di euro finora vincolato alla spesa sanitaria per i migranti non iscritti al Servizio sanitario, possa essere usato dalle Regioni anche per altri scopi. Anche per questo il governatore del Lazio Nicola Zingaretti ha stabilito che le Asl della Regione continueranno ad erogare cure e assistenza «a tutte le persone, anche ai nuovi invisibili creati dal decreto».

da il manifesto

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