Menu

Maltrattamenti e sfruttamento nei Cas di Napoli

Come funzionano i Cas a Napoli e provincia lo racconta il report consegnato il 17 novembre in prefettura dagli attivisti che hanno organizzato la Marcia degli esclusi.

Foto, video e una miniguida all’accoglienza all’inferno, dove mediazione culturale, assistenza sanitaria e legale sono inesistenti, i pasti scarsi quando non sono immangiabili e il pocket money che arriva a singhiozzo, quando arriva.

A Napoli all’hotel San Giorgio, nella zona della Duchesca, ci sono 110 migranti, la Croce rossa riceve 32 euro a persona al giorno. C’è un unico operatore che parla solo italiano, nessun supporto legale né assistenza sanitaria, quando i ragazzi si sono rivolti alla Cgil, l’uomo li ha intimiditi: «Muto devi stare quando parlo io. Qua le leggi le faccio io, sono io il boss, voi non siete niente. Se ti sta bene, se no puoi cambiare hotel perché di te ce ne stanno altri milioni che arrivano dall’Africa. Qua abbiamo persone da tre anni e mezzo che non parlano proprio, voi state da due mesi e parlate!». La conversazione è stata registrata da uno dei ragazzi, gli attivisti l’hanno allegata al dossier.

Tre ospiti della Costa d’Avorio per riuscire a formalizzare la prima istanza di protezione internazionale, si sono dovuti rivolgere allo sportello legale dell’Ex Opg Je so’ pazzo perché spesso l’operatore del Cas dà «informazioni fuorvianti», inoltre «per buona parte dei beneficiari non sono mai state avviate le procedure per l’Iscrizione anagrafica e per il rilascio della tessera sanitaria».

E poi c’è Cheikh Silla. A luglio sta male, all’ospedale Loreto Mare gli viene diagnosticata un’anemia emolitica. Continua a stare male, si rivolge all’ambulatorio dell’Ex Opg: il medico lo accompagna al Policlinico e lì scoprono che in realtà ha un’anemia falciforme. Ha bisogno di andare due giorni a settimana al Policlinico ma al Cas gli danno solo cortisone e così sta male ancora.

Al prefetto si chiede di verificare questa e altre situazioni. Come Villa San Giuseppe a Giugliano: sono in 67, i primi 40a mangiano poi finiscono i pasti e gli altri restano digiuni. Khalifa è del Gambia e racconta: «Il centro è vicino a una strada a scorrimento veloce, un ragazzo del Mali a maggio è stato investito ed è morto, un altro del Ghana stava male, per mesi ha chiesto di essere curato poi ad agosto è crollato a terra, morto». Al Cas di Casavatore sono in 97, il riscaldamento non c’è ma hanno ben 16 wc, tutti però in un unico bagno.

Nel centro di via Taddeo da Sessa a Napoli ci sono 245 migranti: uomini, nuclei familiari, bambini e donne. «Alcuni ospiti – si legge nel dossier – denunciano casi di prostituzione e probabilmente di tratta». Per tenere tutti tranquilli la security non va per il sottile: «I beneficiari denunciano l’utilizzo di manganelli». Nel Cas di Boscoreale sono in 37, la zona è isolata e i migranti non riescono a raggiungere i centri urbani per le pratiche legali. In compenso c’è un modo per passare il tempo: «La maggior parte degli ospiti è sfruttata dal caporalato agricolo».

Adriana Pollice da il manifesto

Leave a Comment

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>