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Lucca: Cariche e fermi al corteo contro il G7 e i padroni della guerra

Tensioni internazionali e venti di guerra globale mentre lunedì 10 aprile, a Lucca, va in scena il G7 dei ministri degli Esteri, uno dei diversi appuntamenti tematici che si svolgeranno in altrettante città italiane e precederanno il summit di fine maggio a Taormina, in Sicilia.

Nella città toscana non solo i ministri del G7 ma anche i movimenti in piazza. Il percorso “Lucca contro il G7” ha organizzato un corteo, con diverse centinaia di partecipanti arrivati da tutta la Toscana per opporsi al summit, alla Nato, all’Unione Europea e “alle loro guerre e alle loro crisi che siamo stanchi di subire e di pagare”, come scrivono attiviste e attivisti sul testo di indizione del corteo.

La polizia carica violentemente il corteo a più riprese sul ponte nei pressi di Porta San Jacopo. Due fermati un compagno di Pisa e una compagna di Firenze. Un altro compagno di Firenze è dovuto ricorrere alle cure ospedaliere a causa delle botte poliziesche. Le forze dell’ordine difendono i grandi ministri della guerra che stringono accordi col fascista Erdogan che prova a sterminare l’unica vera resistenza in Siria, quella dei e delle kurde. “Noi stiamo con le vittime del terrorismo creato da loro e non ci facciamo spaventare”

 

Le corrispondenze di Radio Onda d’Urto con il corteo

Claudio del Movimento di lotta per la casa di Firenze che aderisce al percorso Lucca contro il G7 Ascolta

Andrea del coordinamento “Lucca contro il G7Ascolta o scarica

Martino, compagno pisano presente alla mobilitazione di oggi a Lucca Ascolta o scarica

Claudio, di Lucca contro il G7. Ascolta o scarica qui

Riceviamo e pubblichiamo un raccontro della giornata.

Una giornata difficile, in una città in cui l’agibilità politica è poca, stretti nella morsa tra economia della promessa e violenza fascista. Il tutto reso più asfissiante da una diffusa morale paternalista. Non è stato facile, ma bello sì. E abbiamo chiuso la giornata soddisfatti.

Lucca era blindatissima già da domenica per l’incontro dei ministri degli esteri del G7: per 60 ore solo i residenti e gli addetti ai lavori hanno potuto transitare per metà del centro storico, zona dove normalemente si svolge la vita della città.

Appena domenica sera un gruppo di fascisti aveva aggredito in mezzo alla folla un militante della piatatforma «Lucca contro il G7» che passeggiava da solo, picchiandolo per qualche decina di metri fino a quando non è riuscito a divincolarsi.

Le scuole del centro sono state chiuse per due giorni, così come tutti gli uffici pubblici, alcuni bar e locali di ritrovo anche fuori dalla zona rossa. A disposizione di chi vive la città sono rimasti soltanto i quartieri dormitorio che circondano il borgo medioevale, ormai trasformato in una bomboniera per turisti.

Per settimane, i giornali locali hanno lanciato l’allarme riguardo a quello che sarebbe potuto succedere nella giornata di protesta, parlando a sproposito di Black Bloc e terrorismo islamico, preparando i lettori alla guerra.

Chi risiede nel centro storico si è ritrovato le strade sigillate, fastidiosi varchi di controllo documenti, oltre all’impossibilità di ricevere visite o ospiti. Si è mormorato perfino di cecchini appostati sulle torri.

La città è stata letteralmente scippata a chi la vive (anche ai turisti e ai commercianti, fauna che si è affermata con la gentrificazione e che, infatti, si è lamentata appendendo cartelli alle porte dei negozi sbarrati). Custodi di questo furto, un dispiegamento smisurato di forze dell’ordine, divise blu e nere agli angoli di tutte le strade e anche nella prima periferia.

Una storia che riporto con piacere è questa: due agenti della DIGOS, ovviamente in borghese, si presentano a casa di un moi amico, residente nella zona rossa per «avvertirlo» di non esporre striscioni dalle finestre e di non nascondere nessuno in casa. Scrivo questo con un sorriso amaro, perchè questa persona è morta due anni fa e scoprire che un 50enne comunista che partecipava taciturno e sarcastico a tutte le manifestazioni potesse essere ancora una preoccupazione per la questura di Lucca è un bel modo per ricordarlo.

Gli organizzatori del corteo avevano chiesto da un mese di poter transitare per le vie del centro aperte ai pedoni, come storicamente è sempre avvenuto, anche nell’incontro Prodi-Chirac del 2006. Stavolta, però, questo permesso è stato negato. Il corteo è stato spostato sui viali che circondano il centro.

Un presidio in centro di qualche decina di persone è stato invece accordato ad associazioni del mondo del volontariato, in larga parte cattolico, legato anche all’ala «sinistra» dell’amministrazione comunale uscente, la stessa che ha messo il cappello sulla «grande occasione del G7». La stessa che in nome del «non provocare disagio ai cittadini» è rimasta immobile, senza proporre nessun cambiamento alla città.

Questo cappello è utile a spiegare la rabbia, la tensione e i timori che si respiravano a Lucca prima del corteo, serviva un corteo di sfogo, serviva essere tanti riconoscersi, essere uniti e affermare la propria esistenza. Non era accettabile rimanere muti, tenersi dentro una voce collettiva e dal basso contro lo scippo della città.

Un corteo preparato con molte iniziative dalla piattaforma «Lucca contro il G7», che qualcuno rimasto fuori potrebbe accusare di identitarismo e autoreferenzialità, ma che, al contrario, è servita a cementificare i rapporti e concordare le pratiche con tutte quelle realtà, anche delle città vicine, che poi si sono effettivamente trovate in corteo.

Da sottolineare anche la massiccia presenza di giornali e televisioni nazionali.

Il corteo, composto da più da circa 1500 persone, è transitato sui viali della circonvallazione ed è passato davanti alle porte storiche della cinta muraria sigillate dalle camionette della polizia. In una piazza pian di giovanissimi si sono riviste anche facce che da anni non partecipavano a una manifestazione. I cori e gli interventi parlavano di confini da abbattere per sconfiggere i padroni, vite da riscattare e dignità da difendere contro ogni guerra.

Dalle mura, i poliziotti effettuavano le riprese e molte persone comuni si affacciavano curiose a vedere gli «antagonisti» incendiari dipinti dai giornali. Davanti a loro, però, hanno trovato solo un corteo festoso e colorato, che ci metteva la faccia e il sorriso.

Fuori da porta Santo Iacopo la testa del corteo ha deciso di tentare l’ingresso nel centro, provando a passare da una porta di fatto sbarrata da tre camionette. I celerini dietro i caschi aperti avevano facce tuttaltro che professionali e mostravano espressioni di nervosismo ed esaltazione. Prima ancora di potersi schierare dietro la rete è partita la prima carica che sfondando facilmente ha provocato i fermi e i feriti.

La carica si è poi trasformata in una caccia all’uomo sugli spalti delle mura. A questo è seguita una nuova carica di qualche altro centinaio di metri, che ha spinto il corteo molto lontano dal suo percorso concordato. Il corteo è riuscito a ricompattarsi e ha proseguito il suo percorso fino alla fine, dove c’è stato un blocco del traffico per richiedere il rilascio dei fermati.

A margine del corteo due ragazzi che si erano allontanati prima dello scioglimento del presidio sono stati minacciati con un coltello da due noti fascisti locali, che si erano appostati dietro il sottopasso della stazione. Fortunatamente i due compagni sono riusciti a tornare al presidio per chiamare rinforzi. Inutile dire che, nonostante la militarizzazione della città, i due fascisti sono stati in grado di avvicinarsi e allontanarsi dalla piazza, a quanto pare senza essere notati dalle forze dell’ordine.

I manifestanti escono da questa giornata soddisfatti perché hanno deluso tutti quelli che si aspettavano la guerra, ma sono riusciti a resistere e a far sentire la loro voce a chi li vorrebbe sfruttati, silenziosi e invisibili. Lucca e la Toscana hanno dimostrato di non essere un territorio morto, a cui governi capitalisti possono scippare per qualche giorno una città per discutere di nuove guerre e di nuove frontiere, per poi lasciarla più razzista e opprimente di prima.

Rimane la rete delle realtà che hanno partecipato alla piattaforma di organizzazione e rimane la prova di coraggio e di determinazione. Il lavoro per conquistarci il futuro è ancora lungo e oggi è stata solo una giornata di resistenza. Ma siamo soddisfatti.

Due video sulle violenze della polizia


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