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Lo stupro di gruppo nelle carceri israeliane

Privazioni di sonno, cibo, acqua, cure, torture fisiche, violenze sessuali di gruppo sono tutte azioni che l’esercito israeliano ha aumentato negli ultimi mesi. Nel carcere israeliano di Sde Teiman, una base militare che si trova nel deserto, a una ventina di chilometri dalla Striscia di Gaza, l’orrore quotidiano per una volta è diventato notizia

di Milano in movimento

Il secondino, in questo caso un militare dell’esercito con il più sofisticato degli addestramenti, cammina con il suo gruppo di colleghi in una grande stanza del carcere israeliano di Sde Teiman (una base militare che si trova nel deserto, a una ventina di chilometri dalla Striscia di Gaza). Per terra, sdraiati con la pancia in giù e con addosso solo la biancheria intima, ci sono dei prigionieri con le mani legate. Sono tutti palestinesi, per la legge israeliana devono essere giudicati da un tribunale marziale e non civile, e possono stare in carcere senza processo e dunque accusa per mesi. Il gruppo di soldati cammina, sono tutti armati, hanno lo sguardo a terra sulle persone denudate che sono sotto la loro custodia. Sono a caccia, devono scegliere chi sarà la vittima del loro stupro di gruppo.

Dopo pochi minuti scelgono un ragazzo, è magrissimo, avrà meno di trent’anni. Lo tirano su a forza, lo strattonano, poi lo trascinano via, fuori dal campo visivo della telecamera di sicurezza che li stava riprendendo. Vengono filmati però da un’altra telecamera dello stesso stanzone, si vede che sentono addosso il piacere dell’impunità, oltre che dell’esercizio di potere sulla vittima. Il gruppo mette all’angolo il giovane palestinese e lo circonda. Uno dei soldati porta un cane che aizza contro il malcapitato per impedirgli di reagire. Tre soldati danno le spalle alla scena, sono occupati a coprire la violenza con i loro scudi, così che dalla telecamera si vedono solo loro, tutti schiacciati sul malcapitato. Uno, o due o tre di loro iniziano la violenza.

Lo violentano per via anale per ore, tanto da causargli dei danni interni gravi, lesioni così dolorose da impedirgli di camminare. Si divertono con il suo corpo, giocano con la sua paura e la paura degli altri detenuti che, inermi, ascoltano la violenza che si sta commettendo di fianco a loro. Ad altri di loro è toccato, o toccherà, lo stesso destino. Chi si trova in un carcere israeliano è alla mercè dei propri aguzzini.

Uno dei detenuti rilasciati recentemente da una delle prigioni segrete che Israele utilizza per torturare le persone palestinesi, ha dichiarato di aver visto dei cani addestrati a violentarli che abusavano di detenuti, e che il giorno in cui è stato spogliato nudo e credeva di star per ricevere la stessa tortura sessuale, è arrivato Ben Gvir. Il ministro della sicurezza israeliano, con delega alle carceri, si è avvicinato al testimone sdraiato a terra e ha camminato sopra la sua testa, per umiliarlo. Si, perché quello che sta legittimando Ben Gvir con la Knesset israeliana è che la forza e la volontà dei prigionieri palestinesi deve essere spezzata con ogni mezzo necessario.

Privazioni di sonno, di cibo, di acqua, di cure, le torture fisiche, le violenze sessuali di gruppo sono tutte azioni che l’esercito israeliano ha implementato dall’arrivo del governo di ultradestra nazionalista israeliano.

È difficile dire se questo caso di stupro, tra migliaia di testimonianze sugli abusi nelle prigioni e nei centri di detenzione, abbia portato a un’indagine e ad arresti pubblici a causa della sua gravità o perché c’erano troppi testimoni. Fatto sta che nove soldati israeliani sono stati arrestati e, mentre si trovavano detenuti in una delle loro basi militari, centinaia di attivisti e loro colleghi si sono radunati per chiederne la liberazione. In un clima carico di paradossi, la polizia israeliana si è trovata a dover respingere non solo coloni e familiari dei carnefici stupratori in divisa, ma anche membri dell’unità IDF Force 100, che si sono presentati armati e con il passamontagna.

Chi può fermare questa follia in corso nelle carceri israeliane quando le istituzioni internazionali non sono nemmeno in grado di fermare il genocidio in corso a Gaza? Chi può chiedere il rispetto dei diritti più basilari di un detenuto, quando i crimini di guerra e contro l’umanità continuano a sommarsi in tutta la Palestina, e oltre?

Israele detiene oltre 9,300 palestinesi che classifica come “prigionieri di sicurezza”, un aumento di oltre 4,000 persone dall’inizio della guerra, inclusi 3,661 detenuti amministrativi, trattenuti senza accusa né possibilità di processo. Tra loro ci sono quasi 200 bambini, di cui 61 in detenzione amministrativa. Il numero di persone di Gaza detenuti dall’esercito israeliano non è noto, ma le stime sono nell’ordine delle migliaia. Molti di loro sono già tornati cadaveri, in sacchi di plastica blu, spesso senza organi interni.

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