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Lo stillicidio di vittime palestinesi continua

Il 9 novembre altri due giovani palestinesi sono morti in Cisgiordania nel quadro del conflitto israelo-palestinese.

di Gianni Sartori

Il ventinovenne Raafat Issa era stato ferito nei pressi del villaggio di Anin (a ovest di Jenin) mentre si trovava a ridosso della recinzione di sicurezza. Fino a poco tempo fa erano migliaia i lavoratori palestinesi che entravano – o cercavano di entrare – in Israele attraverso buchi e spiragli non ben controllati della barriera, costituita sia da muri che da filo spinato. Ma da quest’anno, dopo alcune operazioni della guerriglia palestinese, lungo tale “confine” erano stati dispiegati migliaia di soldati per impedire l’accesso. In questo modo diversi palestinesi sono rimasti uccisi, soprattutto nell’ultimo periodo, mentre tentavano di varcarla illegalmente.

In un primo momento, dopo essere stato ferito (alle gambe, ma gravemente), Raafat Issa veniva arrestato e portato nella base militare di Salem.

Solo successivamente – stando alle scarne informazioni – i soldati avrebbero interpellato la Croce Rossa affinché fosse trasportato nell’ospedale di Jenin, ma nel frattempo il palestinese era deceduto.

Sempre il 9 novembre, al mattino, Mahdi Hashash, un ragazzo palestinese di quindici anni, perdeva la vita a Nablus, nei pressi della Tomba di Giuseppe, durante uno degli innumerevoli scontri a fuoco tra la popolazione e l’esercito israeliano. In merito esistono al momento due versioni. Potrebbe aver perso la vita perché colpito dai soldati (si parlava di un colpo di mortaio), oppure per l’esplosione di una granata artigianale che aveva con sé. Secondo altre fonti invece una granata era stata fatta esplodere (o era stata ritrovata ancora inesplosa) prima che il ragazzo rimanesse colpito.

In ogni caso è stato rivendicato come proprio militante dalla Brigata dei martiri di Al-Aqsa.

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