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L’inchino di Madrid a Erdogan: arrestato giornalista turco

Hamza Yalcin reporter critico con il regime di Erdogan è stato arrestato a Barcellona

Praticamente un inchino quello della Spagna al sultano Erdogan che ora può contare anche sullo zelante aiuto delle democrazie europee nel cacciare dissidenti in giro nel Vecchio continente. La polizia spagnola ha infatti arrestato all’aeroporto di Barcellona in esecuzione di un mandato di cattura emesso da Ankara il giornalista turco dissidente Hamza Yalcin: stava imbarcandosi per Londra.

La procura turca lo accusa di fantomatiche «attività terrori- stiche», capo d’imputazione che ormai viene applicato a chiunque osi esprimere critiche nei confronti del “sultano” e del suo regime.

Yalcin, che ha la doppia nazionalità turca e svedese e fa parte dell’Unione degli scrittori di Svezia, è stato fermato mentre ritornava in vacanza nella capitale catalana: avrebbe dovuto raggiungere Londra e poi seguire per Stoccolma dove è residente da anni. È stato consegnato alla giustizia spagnola in attesa di una decisione su una sua possibile estradizione verso Ankara, eventualità tutt’altro che remota. Il caso verrà giudicato dall’Alta Corte.

L’arresto del cronista 59enne, collaboratore del quotidiano di opposizione Odak Dergisi, ha provocato la protesta dell’organizzazione Reporters Senza Frontiere ( Rsf) che accusa Madrid di prostarsi ai diktat di Ankara e di distorcere la portata del mandato di cattura internazionale. Ma la politica tace e non interviene sul caso per non aprire nuovi fronti di tensione con la Turchia, o semplicemente perché uno sconosciuto giornalista di un quotidiano di opposizione turco non merita poi tanto interesse. In una nota anche Rsf Svezia ha denunciato «un tentativo da parte di Erdogan di estendere il proprio potere oltre le frontiere nazionali. Vuole fare vedere che può colpire le voci critiche anche fuori dal paese». Rsf Svezia attacca Ankara anche per il caso di Ali Gharavi, altro cittadino svedese arrestato in Turchia con l’accusa di terrorismo mentre stava partecipando a un seminario sulla libertà del web.

L’arresto di Yalcin, insioste Reporters Senza Frontiere, «è un abuso della cooperazione di polizia internazionale

che rischia di avere gravi conseguenze» . Oltre 100 giornalisti dissidenti sono già in carcere in Turchia dove le organizzazioni umanitarie internazionali denunciano il giro di vite autoritario imposto da Erdogan dopo il presunto fallito golpe del luglio 2016, quando il regime ha iniziato ad ad arrestare migliaia di persone nella pubblica amministrazione e nei settori critici della società civile. Il direttore del grande quotidiano di opposizione, il laico e progressista Chumuriyet ora in esilio Can Dundar ha definito il proprio paese come il più grande carcere al mondo per i giornalisti e non è un’esagerazione. Oltre a Dundar altri 18 membri della redazione di Chumuriyet sono accusati di attività eversive, alcuni di loro sono in carcere da nove mesi, altri ai domiciliari, altri come Dundar in esilio in un paese straniero ( vive in Germania).

Una sorte riservata a centinaia di media indipendenti, televisioni, radio, siti internet e, per l’appunto, giornali e riviste. Un clima da “grandi purghe” che spinge i giornalisti ad autocensurarsi per paura di vedersi incollata una fittizia accusa di favoreggiamento del terrorismo. E chi vuole svolgere il proprio lavoro senza bavaglio in quel deserto della democrazia o lo fa in maniera clandestina o a suo rischio e pericolo.

da il dubbio

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