La Corte di Cassazione francese si appresta a decidere sull’estradizione di dieci ex militanti di estrema sinistra italiani, in gran parte ex delle Brigate rosse, rifugiati in Francia dopo gli “anni di piombo”. L’avvocato Davide Steccanella, penalista del Foro di Milano, conosce bene quel periodo storico che ha riguardato l’Italia: è il difensore di Cesare Battisti ( ma anche di Renato Vallanzasca, tra gli altri) e ha dedicato diversi saggi alla “lotta armata”.
Avvocato Steccanella, c’è grande attesa per la sentenza della Corte di Cassazione francese prevista per oggi. Dopo oltre quarant’anni da certi fatti di sangue ha ancora senso giudicare le persone?
Su questo tema si è già pronunciata la Chambre de l’Instruction francese in primo grado, affermando che non intende concedere l’estradizione per delle ragioni che mi sembrano anche ben esplicitate. Non vedo come la Cassazione francese possa modificare questa decisione, motivata, tra l’altro, in maniera ineccepibile. Sono stati già fatti i processi e accertate ampiamente le responsabilità. Non si tratta, dunque, neanche se sia giusto giudicare dopo più di quarant’anni. Mi soffermerei invece su un altro punto.
Quale?
Porrei all’attenzione il tema se è giusto eseguire, dopo più di quarant’anni, una pena per fatti che risalgono a un periodo storico molto preciso, che ha interessato l’Italia e tutto il mondo. Ritengo che non abbia molto senso il principio della pena, nel nostro ordinamento, che possa corrispondere ai requisiti appena richiamati. Stiamo parlando di soggetti che hanno scelto di vivere in un altro paese, la Francia, che si sono ricostruiti una vita e che non hanno più creato nessun tipo di problema alla collettività locale. Parliamo di persone con cittadinanza francese a tutti gli effetti.
C’è il rischio però che la giustizia italiana venga congelata per non dire mortificata?
Non capisco davvero che significato possa avere oggi prendere delle persone anziane, dopo tantissimi anni, per fargli scontare pene legate a dei fatti riguardanti un preciso periodo della nostra storia. Perché, non nascondiamolo, questa ormai è la realtà. Ritengo quindi che la decisione di non concedere l’estradizione sia assolutamente giusta e credo che la Cassazione francese non potrà che confermarla. Non capirei il significato di una punizione così differita nel tempo. Ma questo discorso lo faccio anche per le vittime, perché tutto sommato la giustizia è stata fatta a suo tempo, accertando le responsabilità. Non c’è un caso di mancata giustizia. Si tratta di una esecuzione di pena, che, forse, è già stata in qualche modo eseguita. Parliamo di persone che hanno dovuto ricostruirsi una vita all’estero, lasciare il loro Paese, gli affetti. Per quello che hanno commesso hanno già pagato. Molti di loro sono stati pure in carcere. Mi riferisco a Pietrostefani, ma non solo a lui. Stiamo parlando di fatti connessi a un periodo storico che sarebbe giusto inserirli solo in un preciso periodo storico e non più nella cronaca giudiziaria.
La Suprema Corte d’oltralpe, in un senso o nell’altro, potrebbe riaprire anche il libro della storia d’Italia?
Spero che la Francia non conceda l’estradizione. Anche in casi recenti in Italia l’esecuzione tardiva, a distanza di quarant’anni dai fatti, è fuori luogo. Non la comprendo. La giustizia penale ha un senso se è efficace e, nei limiti del possibile, anche rapida. Intervenire quarant’anni dopo mi domando a cosa possa servire. Sembra quasi una vendetta tardiva. Lo Stato italiano ha fatto tutto quello che doveva fare e ha fatto benissimo ad attivarsi fino all’ultimo. Nel momento in cui una autorità giudiziaria straniera si è espressa in un certo modo, francamente lo accetterei e fine del discorso. Sono state appurate delle verità giudiziarie. Ma badiamo bene non tutte. Ci sono delle stragi che hanno insanguinato l’Italia ancora senza autori, avvenute nello stesso periodo storico. Forse, sarebbe più utile fare chiarezza su queste stragi a distanza di diversi decenni.
Secondo lei, in ogni caso, la decisione della Corte di Cassazione francese creerà distinti schieramenti e inevitabili polemiche qui in Italia?
Di sicuro. Viviamo ancora in un Paese bloccato da una continua emergenza e non si riesce a considerare quanto accaduto in passato un periodo della nostra storia. Ci saranno le solite polemiche con l’accusa alla Francia che non stima l’autorità giudiziaria italiana. Tutte cose, a mio avviso, inconferenti. Ci saranno i soliti schieramenti, che non saranno interessati al dolore delle vittime ma porranno al centro delle loro argomentazioni le ragioni ideologiche. Si assisterà alla solita trafila che siamo abituati a sentire da tanto tempo. Forse, le nuove generazioni, che non hanno vissuto quegli anni, saranno in grado di valutare la nostra storia come merita di essere valutata. La ferita comunque è ancora aperta e ragionare in termini davvero storici è difficile.
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