La popolazione curda di Dersim dice “No!” Alla miniera Arven Doğu Yapı
Nella regione di Dersim (già teatro di una grande rivolta, poi repressa nel sangue, alla fine degli anni ’30) la popolazione curdo-alevita insorge contro il progetto di Arven Doğu Yapı, una grande miniera a cielo aperto devastante per l’ambiente e per la popolazione
di Gianni Sartori
Nei gloriosi tempi passati (e forse ormai inesorabilmente trascorsi) del dispiegamento della lotta di classe e per l’autodeterminazione-liberazione dei popoli era prevalsa la consapevolezza dell’oppressione e dello sfruttamento subiti dall’Umanità (o almeno della sua parte maggioritaria) da parte di ricchi, potenti e prevaricatori di diverso ordine e grado. A cui, se pur tardivamente si era aggiunta quella per le minoranze e – la più antica, ignobile e travisata – per le donne. In anni recenti è venuta prepotentemente di attualità un’altra contraddizione strutturale, quella con la Natura (in senso lato). Con il corollario, non ancora ben compreso e assimilato da parte della Sinistra (da sempre impigliata in un antropocentrismo confuso con l’umanesimo) degli Altri Animali.
Per cui se finora si parlava della regione di Dersim (provincia di Tuncell) soprattutto per la rivolta curdo-alevita del 1937-1937 (Serhildana Dêrsimê), da ora in poi bisognerà ricordarla anche per la resistenza messa in campo dagli abitanti contro la realizzazione (per ora solo prevista con una dichiarazione del governatore locale) di una miniera a cielo aperto di pietra pomice e sabbia denominata “Arven Doğu Yapı“.
Progetto devastante (in particolare per le risorse idriche, indispensabili alla sopravvivenza degli abitanti) di almeno 2200 ettari e che comprenderebbe quattro villaggi (Bargini, Zeve, Orcan e Desiman) nei distretti di Hozat e Pertek.
Stando alla dichiarazione del governatore del 28 aprile, il progetto non richiede nemmeno una misera EIA (Valutazione di impatto ambientale). E ovviamente nessuno ha consultato preventivamente la popolazione.
La mobilitazione ha già coinvolto, oltre naturalmente agli abitanti dei villaggi interessati, diverse organizzazioni della società civile e associazioni ambientaliste (come la piattaforma Hozat-Pertek-Sekasur) preoccupate per gli effetti deleteri. E’ facile intuire quali sarebbero le conseguenze della distruzione di un territorio come quello di Dersim. Per certi aspetti sacrale e comunque fondamentale per la memoria collettiva (storica, identitaria e anche spirituale) dei curdi. Meta di pellegrinaggi (sia religiosi che laici) ai monumenti commemorativi per le vittime del genocidio del 1937-38.
Con la miniera, hanno dichiarato gli abitanti di Bargini all’agenzia Mezopotamya “perderemo non solo il nostro ambiente, le terre agricole, preziosi ecosistemi, specie endemiche…ma anche il nostro futuro”.
Ricordando come qui la popolazione viva di agricoltura (rilevante poi il ruolo dell’apicoltura) e che la miniera porterebbe fatalmente alla “distruzione sia delle nostre fonti di sostentamento che della nostra storia”.
Per Songül Koyun, presidentessa del Sultan Hıdır Cemevi (luogo di culto alevita) il governo turco “sta tentando di realizzare con la distruzione ambientale ciò che non si era potuto compiere nel 1938 con la violenza e la repressione”.
Osservatorio Repressione è una Aps-Ets totalmente autofinanziata. Puoi sostenerci donando il tuo 5×1000
News, aggiornamenti e approfondimenti sul canale telegram e canale WhatsApp