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Se la parola è un’arma nelle mani sbagliate

L’era della polarizzazione, dove la propaganda indebolisce la democrazia

di Tiziana Barillà

Pluralismo, indipendenza, contesto e autocensura, normativa, trasparenza e infrastrutture. Su questi parametri ogni anno Reporter senza frontiere valuta la libertà di stampa e definisce lo stato dell’informazione in 180 Paesi.

Il 2021 è stato un anno caratterizzato da una doppia polarizzazione:

  • quella dei media che alimentano le divisioni all’interno dei paesi;
  • quella internazionale tra le società aperte e i regimi dispotici che controllano media e piattaforme e conducono guerre di propaganda. Un’asimmetria che indebolisce le democrazie.

Ogni giorno, da un capo all’altro del mondo e dentro ognuno dei nostri telefoni, le notizie combattono contro fake news, notizie inesatte, notizie fuorvianti. E perdono.

Il trio dei nordici – Norvegia, Danimarca e Svezia, cioè le prime tre della lista – continuano a rappresentare un modello di democrazia dove libertà di stampa significa “effettiva possibilità per i giornalisti di selezionare, produrre e diffondere notizie e informazioni nell’interesse pubblico, indipendentemente da ingerenze politiche, economiche, legali e sociali e senza minacce alla loro sicurezza fisica e psichica”. Ma il resto del mondo non se la passa bene.

Se la Corea del Nord è  (senza sorprese) l’ultima dei 180 Paesi analizzati, è la Russia di Putin (al 155esimo posto) il luogo in cui la propaganda pre-guerra si è trasformata nella completa scomparsa della libertà di stampa.

L’invasione russa in Ucraina (che è al 106° posto) è un esempio di conflitto fisico preceduto da una guerra di propaganda. Centinaia di giornalisti cercano di fuggire dalla Russia oppure non possono lavorare dal momento in cui la legge votata a inizio marzo ha vietato ai giornalisti persino di usare il termine ‘invasione’ o ‘guerra’

La polarizzazione dei media alimenta e rafforza le divisioni sociali interne, il conflitto, la rabbia, l’odio. Anche in Italia, che è scesa dal 41esimo al 58esimo posto della classifica

Come tutte le società democratiche, anche l’Italia registra la forte crescita di divisioni alimentata dalla diffusione di media d’opinione e di circuiti di disinformazione amplificati dai social.

È il “modello Fox News”: più commenti che notizie, l’era del cosiddetto infotainment, l’informazione che si fa intrattenimento. Orde di commentatori più o meno assatanati si affrontano dentro spazi che sembrano più ring che tribune.

Al peggio non c’è mai fine. Perché peggio della disinformazione c’è solo la censura mascherata da cura contro la disinformazione.

In democrazia nessun governo ha il diritto di mettere fuori legge nessun mezzo di informazione, nemmeno il peggiore.

Senza l’indipendenza dei giornalisti e la coscienza critica dei lettori, non può esserci libertà di stampa. Quindi nemmeno democrazia.

🎙️Se hai 8 minuti di tempo, puoi ascoltare il podcast su Gemini Network “Informazione e propaganda”

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