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La militarizzazione del territorio fase superiore dell’estrattivismo

Negli Stati Uniti, in Russia e in Cina, come anche in tutti i paesi dell’America Latina, diventano sempre più evidenti i processi di militarizzazione del territorio, che consistono nel controllo delle geografie rurali e urbane da parte di uomini armati al servizio dell’accumulazione del capitale al fine di controllare ogni giorno i popoli che resistono all’espropriazione. Parafrasando Lenin che descriveva l’imperialismo della sua epoca come una fase superiore del capitalismo, potremmo dire che l’attuale militarizzazione è una fase superiore dell’estrattivismo, che però segnala l’avanzamento della parabola discendente dell’egemonia del sistema che ci domina da oltre un secolo. Il capitalismo non ha più fiducia e ha perso forse perfino la speranza di poter trovare consenso nella gran parte della popolazione, deve sorvegliarla e sottometterla dispiegando il suo volto più brutale

La crescente militarizzazione delle nostre società è un chiaro segnale dell’autunno del sistema capitalista patriarcale. Il sistema ha rinunciato a integrare le classi popolari; non aspira più nemmeno a dialogare con esse, si limita a sorvegliarle e controllarle. Prima di questo periodo militarista, quelli che “deviavano” dalla retta via venivano messi in carcere per essere raddrizzati. Ora, invece, si tratta di sorvegliare a cielo aperto strati interi e maggioritari della popolazione.

Quando un sistema ha bisogno di militarizzare la vita quotidiana per controllare la maggioranza, si può dire che abbia i giorni contati. Anche se in realtà quei giorni andrebbero contati in anni o decenni.

Un buon esempio, per quanto riguarda il ruolo centrale dei militari e della polizia militarizzata (i Carabineros) nel controllo sociale, è l’eredità del regime di Pinochet in Cile. Una di quelle eredità è il controllo che le forze armate esercitano sul surplus dell’azienda di Stato del rame, la principale voce delle esportazioni cilene.

Marzo 2021. La giornalista indipendente Claudia Aranda racconta la torture subite durante la detenzione e l’impunità dei militari. Non siamo più nell’epoca di Pinochet ma il terrore resta lo strumento principe dello Stato

La Legge Riservata sul Rame è stata approvata negli anni ’50, quando le mobilitazioni dei lavoratori e dei poveri, urbani e rurali, erano in crescita. Durante la dittatura militare, questa legge segreta, come indica il suo nome, fu modificata sette volte. Solo nel 2016, grazie a una fuga di notizie del giornale digitale El Mostrador, si è saputo che il 10 per cento dei profitti dell’azienda statale del rame viene trasferito direttamente alle forze armate (Exclusivo: esta es la secreta “Ley Reservada del Cobre”).

La legge segreta è stata abrogata solo nel 2019 (“Derogada Ley Reservada del Cobre: Codelco no financiará más a las FF.AA”), quando le strade del Cile hanno cominciato a bruciare con una serie di proteste e rivolte che erano iniziate già nel 2011, con la resistenza degli studenti e del popolo mapuche, e più tardi delle femministe.

I danni che il regime militare ha inflitto alla società risultano evidenti dal fatto che più della metà dei cileni oggi non vota (mentre prima si votava in grande maggioranza) e dalla tremenda delegittimazione dei partiti politici e delle istituzioni statali.

Quello cileno non è l’unico caso, naturalmente. I militari brasiliani hanno giocato un ruolo importante nell’imprigionamento di Lula, nella destituzione di Dilma Rousseff e nell’elezione di Bolsonaro.

In tutti i casi, la militarizzazione viola il cosiddetto stato di diritto, le norme giuridiche che la società ha adottato, spesso senza essere adeguatamente consultata. In ogni caso, contribuisce alla distruzione delle nazioni e delle società, perché significa assegnare porzioni significative di potere e di gestione a un’istituzione non democratica e quindi fuori da ogni controllo.

Anche in Italia la protezione dell’estrattivismo utilizza la militarizzazione del territorio. Per esempio contro i No Tap della Puglia. Foto tratta da Radio Onda d’Urto

La militarizzazione va di pari passo con l’imposizione di un modello di società che abbiamo chiamato estrattivismo, una modalità di accumulazione del capitale da parte dell’1% della popolazione basata sul furto e l’espropriazione dei popoli, il che implica una vera dittatura militare nelle aree e regioni in cui opera.

Il militarismo si adegua a questa logica di accumulazione attraverso la violenza, per la semplice ragione che non si possono rubare beni al popolo senza puntargli contro le armi. Militarismo si combina con violenza, sparizioni forzate, femminicidi e stupri. D’altronde, favorisce sempre la nascita di gruppi paramilitari, che accompagnano sempre le grandi opere estrattive e che, sebbene siano considerati illegali, come dimostrano Colombia e Messico, sono addestrati ed equipaggiati dalle forze armate.

Ora sappiamo che il grande beneficiario del Treno Maya saranno le forze armate, alle quali il governo di López Obrador ha concesso tutte le tratte, aggiungendo che si tratta di “un premio” per questa istituzione (“Ejército mexicano será el “propietario” del Tren Maya”)

C’è più di un parallelo con il caso del rame in Cile.

Il primo è la consegna diretta di benefici, con cui qualsiasi governo ottiene la lealtà degli uomini in uniforme a cui, in realtà, si sottomette.

Il secondo è l’argomento della “sicurezza nazionale” usato dai governi. In Cile era la lotta contro il comunismo. In Messico, il confine meridionale, con l’argomento della migrazione e del narcotraffico.

Il terzo è che la militarizzazione è sia un progetto che un modo di governare. Ne consegue il controllo degli aeroporti, dell’ordine interno e degli aspetti più vari della vita. Con la forza, riescono a rovesciare a piacimento sia la legalità, che le regole di bilancio.

La protesta zapatista contro il Tren Maya. Foto Desinforméonos

Negli Stati Uniti, in Russia e in Cina, come anche in tutti i paesi dell’America Latina, osserviamo processi di militarizzazione, che consistono nel controllo delle geografie rurali e urbane da parte di uomini armati al servizio del capitale, per controllare i popoli che resistono all’espropriazione.

Non si tratta della malvagità di un presidente o di un governo. Non che io metta in dubbio questo fatto estremo, ma non è questa la questione centrale. Siamo di fronte a un sistema che per prolungare la propria agonia ha bisogno di applicare concetti nati nel XX secolo, che sono gli argomenti di Giorgio Agamben: lo stato di eccezione come forma di governo, la guerra civile legale contro chi “non può essere integrato” e il campo di concentramento a cielo aperto sorvegliato da paramilitari.

Raúl Zibechi

Fonte: “La militarización, fase superior del extractivismo”, in La Jornada, 26/03/2021.

Traduzione a cura di Camminardomandando.

da Comune-Info

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