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La Francia al servizio della repressione di Erdogan

La caccia alle streghe in Turchia continua senza sosta. Sulla base dei poteri straordinari concessi al regime dallo stato d’emergenza, il governo ha deciso oggi di sospendere dal servizio altri 12.801 agenti di polizia accusati di essere vincolati alla rete guidata dal predicatore e magnate Fethullah Gulen, che secondo Ankara dal suo esilio statunitense avrebbe ispirato o addirittura diretto il tentato colpo di stato militare dello scorso 15 luglio. Secondo la Direzione Generale per la Sicurezza turca 2523 degli agenti sospesi sono ufficiali o direttori. Ogni poliziotto sospeso, ha avvisato il governo, verrà indagato e nel caso licenziato. Dal giorno seguente al fallito putsch sarebbero ormai 130 mila gli impiegati pubblici di vari settori – esercito, polizia, magistratura, scuola, università, ministeri, enti locali – sospesi e in buona parte licenziati.

Questo mentre ieri il Consiglio dei Ministri, rispondendo alla ‘sollecitazione’ del presidente Erdogan, ha deciso di prolungare di altri tre mesi lo stato di emergenza proclamato il 20 luglio scorso. «Lo stato di emergenza sarà prorogato per altri novanta giorni a partire dal 19 ottobre», ha detto il vice primo ministro di Ankara, Numan Kurtulmus nel corso di una conferenza stampa oggi. Ma Erdogan in realtà ha parlato nei giorni scorsi della necessità di prolungare i poteri straordinari concessi al governo di almeno un anno.

Sempre oggi la polizia, in assetto antisommossa, ha chiuso la redazione di un canale televisivo critico nei confronti del regime. Gli agenti hanno fatto irruzione negli studi della IMC Tv durante la diretta organizzata dal canale televisivo a proposito della chiusura da parte del governo di Hayatin Sesi TV, un’altra emittente sigillata poco prima dagli apparati di sicurezza. Così come Hayatin Sesi TV, IMC TV si occupa spesso del conflitto tra stato e comunità curdi ed è stato inserito nella lista delle emittenti di cui il governo ha imposto la chiusura perché accusata di “diffondere propaganda terrorista”. Già lo scorso febbraio l’operatore satellitare turco Turksat aveva rescisso il contratto con IMC, adducendo a pretesto problemi di sicurezza nazionale, ma il canale aveva continuato a trasmettere attraverso il satellite Hotbird e internet. La maggior parti dei canali radiofonici e televisivi chiusi dal regime prima e dopo il tentativo di golpe non hanno in realtà nessuna relazione con la confraternita guidata da Gulen ma sono mezzi di informazione vicini alla sinistra, al movimento curdo e alle comunità alevite.
Il leader del principale partito di opposizione, il socialdemocratico e nazionalista Chp, Kemal Kilicdaroglu, ha parlato nei giorni scorsi di una Turchia come «prigione a cielo aperto», nelle cui carceri vi sono «scrittori, giornalisti e artisti».

Come se non bastasse, grazie alla complicità dei governi occidentali, la longa manus della repressione turca colpisce anche in Europa. Infatti l’operatore satellitare francese Eutelsat ha sospeso le trasmissioni dal Belgio della televisione curda MedNuce (La voce della Mesopotamia) su richiesta del regime di Ankara. “I funzionario di Eutelsat hanno ammesso di aver ricevuto una lettera dalla Turchia in cui chiedeva di sospendere le trasmissioni di MedNuce”, hanno detto esponenti del Consiglio democratico curdo di Francia. Le trasmissioni, lanciate nel 2013, sono state sospese lunedì sera. Come ricorda oggi il sito EKurd Daily, Eutelsat aveva già sospeso le trasmissioni della televisione curda Roj all’inizio del 2012.

da contropiano

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