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Kurdistan del sud: Pdk e Upk reprimono le manifestazioni di protesta

Per protestare contro la sospensione delle borse di studio – una decisione del governo regionale -ormai da diversi giorni gli studenti sono in agitazione nel Kurdistan del Sud (Nord dell’Iraq). E’ infatti dal 2014 che non vengono più corrisposte a chi non è in grado (come invece si possono permettere i figli delle famiglie ricche o comunque appartenenti alla élite politica) di frequentare qualche università privata. A questo si aggiungono le contestazioni per le condizioni disagiate in cui versano i dormitori universitari.

Il 24 novembre in migliaia hanno manifestato a Sulaymaniyah davanti al governatorato mentre a Erbil veniva bloccata la strada per Kirkuk.

Manifestazioni che sono state represse e disperse brutalmente dalle forze di sicurezza, utilizzando sia lacrimogeni in gran quantità che i cannoni ad acqua.

Impedendo nel contempo ai giornalisti di documentare e testimoniare su quanto stava accadendo.

Nel frattempo da parte del Consiglio dei ministri del KRG (il governo regionale) veniva presa la decisione di destinare dei fondi per risolvere almeno la questione dei dormitori, fornire servizi e dare un aiuto agli studenti. Troppo poco comunque per tacitare le proteste.

Se finora era stato soprattutto il PDK (il partito del clan Barzani) a intervenire contro gli studenti in agitazione, il 24 novembre sono entrate in azione anche le forze di sicurezza dell’UPK (Unione patriottica del Kurdistan, il partito del clan Talabani) entrando nell’Università di Souleimaniyeh per mettere fine alle richieste organizzate di ripristino delle borse di studio. Esplicite immagini dell’intervento repressivo sono state diffuse in rete dagli stessi studenti.

Così a Erbil, in particolare alla facoltà di Farmacia, dove sono intervenute le forze del PDK. In attesa presumibilmente di bloccare ogni sede universitaria in agitazione.

Per gli studenti dissenzienti si tratterebbe dell’ulteriore conferma di quanto vanno denunciando da tempo. Ossia che PDK e UPK – oltre a spartirsi le rendite petrolifere e governare con un nepotismo conclamato – sono disposti a usare anche la violenza contro le legittime richieste della popolazione impoverita.

Non è certo da oggi, bensì da qualche anno che nel Kurdistan del Sud si protesta sia per il generale impoverimento, sia contro la corruzione della classe politica. Costituita sostanzialmente dalle famiglie Barzani e Talabani (al potere ormai da tre decenni) che detengono il potere tramandandolo di padre in figlio e nipote. Famiglie che si sono arricchite grazie ai proventi del petrolio mentre per i giovani diseredati si aprivano solo le strade dell’emigrazione, dell’esilio.

Come si è visto in maniera drammatica in questi giorni alla frontiera tra Polonia e Bielorussia dove alcuni curdi sono morti di freddo e di stenti nel tentativo di raggiungere la Germania. Così come troviamo  molti curdi tra gli accampati nei pressi di Calais che sperano di approdare un giorno in Gran Bretagna.

Gianni Sartori

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