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Julian Assange potrà ricorrere contro l’estradizione negli Stati Uniti

Un primo importante risultato è stato ottenuto dalla mobilitazione internazionale. Julian Assange, ancora detenuto nelle carceri britanniche, potrà presentare appello alla Corte Suprema contro l’estradizione negli Stati Uniti.

L’Alta corte di Londra ha accolto la richiesta depositata dagli avvocati del fondatore di WikiLeaks per “questioni di diritto di rilevanza pubblica generale”. Lo stesso tribunale, lo scorso 10 dicembre, aveva ribaltato la sentenza di primo grado che, il 5 gennaio 2021, aveva negato la consegna del cinquantenne australiano alla giustizia americana sostenendo che il suo stato psicologico lo avrebbe potuto spingere al suicidio.

Julian Assange è nel mirino di Washington, per aver diffuso 500 mila documenti coperti da segreto, molti dei quali relativi ai crimini di guerra Usa in Afghanistan e Iraq. Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, ha aggiunto altri 17 capi d’accusa a quello già spiccato per pirateria informatica, in virtù delle leggi antispionaggio. Accusato di aver messo in pericolo la vita di agenti segreti e soldati Usa, Assange rischia 175 anni di prigione negli Usa.

Gli avvocati di Assange affermano che la richiesta di estradizione degli Stati Uniti ha motivazioni politiche

Il 4 gennaio 2021 un tribunale inglese ha emesso il verdetto secondo il quale Assange deve rimanere nel Regno Unito perché, se estradato in Usa, potrebbe togliersi la vita. Ma la settimana successiva la stessa giudice ha negato la concessione della libertà vigilata.

Il dipartimento di Giustizia Usa ha quindi presentato appello contro il no all’estradizione e, il 10 dicembre scorso, l’Alta Corte di Londra gli ha dato ragione, ritenendo sufficienti le garanzie di Washington sulle cure adeguate che Assange riceverebbe negli Stati Uniti a tutela della sua salute mentale.

Il relatore speciale dell’Onu sulla tortura, Nils Melzer, che ha visitato il fondatore di Wikileaks in carcere, ha affermato che le sue condizioni presentano “tutti i sintomi della tortura psicologica” e che la sua vita è in pericolo”.

Lo stesso tribunale però con la decisione di ieri ha riaperto i giochi. L’ultima parola sul destino dell’attivista spetterà alla Corte Suprema di Londra presso cui è stato presentato il ricorso contro l’estradizione.

da Contropiano

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