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Israele attacca l’Iran, droni e missili nella notte

Israele ha lanciato un massiccio attacco contro numerosi obiettivi militari e nucleari iraniani. Secondo fonti ufficiali dell’IDF, oltre 200 aerei da combattimento hanno colpito circa 100 siti in tutto il territorio iraniano, inclusi impianti di arricchimento dell’uranio a Natanz e complessi legati alla produzione di missili balistici. Il bilancio provvisorio parla di decine di vittime tra il personale militare iraniano e – secondo media di Teheran – numerosi scienziati nucleari di alto profilo

di Francesca Luci da il manifesto

Le forze israeliane hanno condotto una serie di attacchi aerei su vasta scala contro il territorio iraniano, colpendo obiettivi strategici in diverse aree del Paese. Tra i bersagli figurano basi militari, sistemi di difesa aerea, installazioni radar e anche edifici residenziali. A Teheran, almeno una ventina di quartieri densamente popolati sono stati colpiti da esplosioni, causando numerose vittime.

Secondo i media statali iraniani, tra le vittime figurano figure di primo piano dell’apparato militare: il comandante in capo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) Hossein Salami, il capo del quartier generale Khatam Al-Anbiya, Gholamali Rashid e il capo di stato maggiore delle forze armate Mohammad Bagheri. Restano invece incerte le sorti di Ali Shamkhani, ex segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale e figura chiave nei negoziati sul nucleare con gli Stati Uniti.

Un’agenzia vicina al dirigente aveva inizialmente riportato che fosse in terapia intensiva dopo un attacco alla sua residenza, ma alcune fonti suggeriscono che sia deceduto.

Droni e munizioni di precisione sarebbero stati impiegati per eliminare diversi alti ufficiali, esponenti politici e personalità coinvolte nel programma nucleare iraniano. Poiché molti degli obiettivi colpiti si trovavano in palazzi e complessi residenziali di lusso nella capitale, si teme che il numero dei morti possa essere elevato, includendo numerosi civili. Sui social media iraniani circolano immagini strazianti, tra cui quelle di due bambini uccisi.

Habibollah Sayyari, attuale vice coordinatore dell’esercito ed ex comandante della Marina, ha assunto temporaneamente il ruolo di capo di stato maggiore al posto di Bagheri. Al posto di Salami, la guida dell’IRGC è stata affidata ad Ahmad Vahidi, ex comandante della Forza Quds.

Tra le vittime legate al programma nucleare iraniano si segnalano anche Fereydoun Abbasi, ex direttore dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran (AEOI), e il fisico Mohammad Mehdi Tehranchi.

Il centro di ricerca nucleare di Natanz, dove sono operative migliaia di centrifughe, è stato bersaglio di almeno due raid e avrebbe subito danni ingenti. L’ondata di bombardamenti ha colpito anche il reattore ad acqua pesante in costruzione a Khondab. Segnalazioni di attacchi a basi militari, incluse strutture missilistiche, provengono da diverse località: Parchin, Ahvaz, Hamedan, Qom, Qasr-e Shirin e Tabriz.

In un discorso ufficiale, la Guida Suprema, Ayatollah Ali Khamenei, ha accusato Israele di aver compiuto un “crimine” contro il popolo iraniano, definendo l’attacco un’ulteriore dimostrazione della “natura malvagia” dello Stato ebraico, soprattutto per aver colpito zone residenziali. Ha promesso una “dura punizione” da parte delle forze armate iraniane, sottolineando che, nonostante la perdita di comandanti e scienziati, il loro lavoro continuerà senza interruzione.

Il Ministero degli Esteri iraniano ha puntato il dito contro gli Stati Uniti, sostenendo che l’attacco israeliano non sarebbe stato possibile senza il loro supporto e autorizzazione. Ha dunque attribuito a Washington la responsabilità delle possibili, gravi conseguenze.

Mentre cresce l’attesa per la risposta iraniana — che potrebbe includere attacchi alle forze statunitensi nella regione — emergono dubbi sulla prosecuzione dei colloqui sul nucleare. Teheran potrebbe decidere di espellere gli ispettori dell’AIEA e mettere al sicuro i materiali arricchiti. È ormai improbabile che partecipi ai colloqui previsti con gli Stati Uniti in Oman il 15 giugno. Al contrario, cresce il rischio di un imminente ritiro dell’Iran dal Trattato di Non Proliferazione.

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