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Il centro curdo Ararat di Roma rischia lo sgombero, mobilitiamoci tutti insieme!

ararat
Dopo diciassette anni di costruzione di iniziative interculturali, sociali, politiche, il centro curdo Ararat a Testaccio, nel cuore di Roma, nella piazza che dieci anni fa l’allora sindaco intitolò a Dino Frisullo come riconoscimento proprio per il lavoro da lui svolto in difesa dei diritti dei curdi rischia lo sgombero, come molte altre realtà sociali di Roma.

Proprio mentre i curdi in Siria e in Turchia resistono e difendono la loro terra, combattendo per l’umanità contro gli attacchi di Daesh e dell’esercito turco, a Roma si vorrebbe cancellare un’esperienza fra le più vive e attive della città che vede protagonisti gli esuli curdi.

I rifugiati curdi sono abituati a resistere, e lo faranno anche questa volta, mobilitandosi insieme ai tanti amici e amiche italiane: come discusso nella riunione odierna della Rete Kurdistan Romana, si terranno ogni giorno ad Ararat a partire dal 2 aprile e a oltranza iniziative, incontri pubblici, eventi organizzati insieme a tutte le realtà e le reti che in questi anni hanno attraversato Ararat e hanno contribuito a renderlo un punto di riferimento della diaspora curda in tutta Italia e perfino negli altri paesi europei, e che difenderemo a tutti i costi.

Invitiamo tutti i compagni e le compagne, singoli e gruppi organizzati, associazioni e sindacati, i Comuni che hanno stretto patti di gemellaggio con le città curde in guerra e sotto assedio, a portare la loro solidarietà concreta sostenendo e partecipando alle iniziative di cui daremo informazione via via nel corso di questa lotta, e a farsi portavoce della volontà di Ararat di continuare a esistere.

Ararat non si tocca!

Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia- UIKI Onlus

Comments ( 1 )

  • Gianni Sartori

    ARARAT IN CAMBIO DI ERDEMIR?

    (Gianni Sartori)

    “Ciao Gianni, sono d’accordo sul pezzo, l’unica cosa che bisogna sottolineare di più, marcatamente, è chi lo sta chiudendo, quello, non si capisce esattamente. La denuncia secondo me non si deve fermare sul concetto, perché si chiude , ma chi è il diretto responsabile della chiusura… (fare anche una velata denuncia chiedendosi se dietro tutto ciò, possa essere anche una richiesta malcelata delle autorità turche, accettate come sempre dalla debole posizione del governo italiano….)
    A presto”.

    Così mi scriveva, dopo aver letto l’appello “Giù le mani da Ararat” un amico che, per ragioni storiche di famiglia, conosce bene la protervia dei governi turchi nei confronti di curdi e armeni.
    Effettivamente, verificavo, dietro la richiesta di sgombero di ARARAT c’era il Comune di Roma in qualità di esecutore delle politiche renziane. Una conferma dell’intenzione di riprendersi tutti gli spazi pubblici autogestiti per poi, eventualmente, riassegnarli attraverso un bando. Una scelta chiaramente punitiva (con l’intento di far loro chiudere i battenti) nei confronti di quelle associazioni che avevano restaurato e ristrutturato, salvandoli dal degrado, spazi abbandonati dall’incuria istituzionale e privata, restituendoli alla collettività.
    Ma forse nel caso di ARARAT c’è anche di peggio.

    Coincidenza, proprio in quei giorni emergeva l’alleanza strategica tra la turca Erdemir, Marcegaglia e Arvedi (affiancati dalla Cassa Depositi e Prestiti) per il salvataggio dell’acciaieria ILVA di Taranto, in vista della scadenza del 23 maggio per la presentazione di offerte vincolanti. Un’alleanza vista con favore dal governo italiano che sembra aver ormai rinunciato all’ipotesi di una cordata tutta italiana a favore di Erdemir, primo produttore di acciaio in Turchia (45° posto nella graduatoria mondiale) con un patrimonio di oltre sei miliardi di euro. Definita “società integrata con una struttura che va dall’estrazione alla produzione di acciaio con siti produttivi a caldo e a freddo”, Erdemir è già fornitore di Marcegaglia a cui spetterebbe il compito di completare la cordata (con Arvedi e Cassa Depositi e Prestiti).
    I tempi coincidono: la visita di Erdemir all’ILVA di Taranto risale al 22 marzo, lo stesso giorno della lettera di Tronca con la richiesta di sgombero (l’ultimatum di dieci giorni scadeva il 2 aprile).
    Non si può quindi escludere che in cambio di un eventuale salvataggio dell’ILVA, Ankara abbia chiesto al servizievole governo Renzi di tappare la bocca ad ARARAT, una voce dissidente ancora in grado di denunciare i crimini contro l’umanità dello stato turco.
    Gianni Sartori

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