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Greta Thunberg a sostegno del popolo curdo: “le nostre lotte non sono scollegate”

Greta Thunberg ha partecipato alle mobilitazioni dei Curdi a Stoccolma e a Drotninggatan

di Gianni Sartori

Hanno cercato in tutti i modi di delegittimarla. Anche, va detto, da parte di certa sinistra (da destra era scontato).

Con l’ironia di bassa lega, le offese gratuite (vedi Rita Pavone), le insinuazioni stupide…

Definendo i suoi sostenitori dei “gretini”.

Perfino con le minacce (ricordate la volgarità violenta di quell’adesivo?).

Invece di ringraziarla per aver scoperchiato – e quando aveva solo quattordici anni – un’evidenza che molti governanti preferivano sottovalutare: “la nostra casa, la Terra, brucia!”.

E purtroppo non era solo una metafora.

Forte nelle sue convinzioni Greta Thunberg di questi detrattori interessati – talvolta asserviti a qualche multinazionale o compagnia aerea -sembra non essersene curata più di tanto. Proseguendo nel suo percorso, studiando, maturando e allargando il campo della sua consapevole militanza. Se in Italia aveva cantato “Bella ciao” insieme agli altri manifestanti, in Svezia si è unita al grido delle donne curde diventato slogan internazionale: « jin jiyan azadi ». Ha infatti partecipato alla manifestazione di Stoccolma indetta per protestare contro l’assassinio di Nagihan Akarsel,la giornalista e femminista curda uccisa il 4 ottobre nel Kurdistan del Sud da una squadra della morte, presumibilmente collegata al MIT (servizi turchi).

Ha poi partecipato anche a un’altra manifestazione che si è svolta nella strada più frequentata della città di Drotninggatan, rispondendo all’appello del Consiglio delle donne curde di Amara. Nello striscione di apertura del corteo una precisa richiesta per le istituzioni, sia della Svezia che dell’Europa: “Smettetela di vendere armi alla Turchia”. Lo stesso messaggio riportato nel cartello inalberato dalla militante ecologista che ha così commentato la sua partecipazione e quella dei suoi amici: “Oggi siamo venuti qui per sostenere la giusta lotta del popolo curdo.

L’uccisione delle donne non è un fatto nuovo, ma è importante che questi delitti (in riferimento all’uccisione di Nagihan Akarsel e di Jina Mahsa Amin nda) vengano condannati e abbiano una grande risonanza. Quanto è accaduto in Iran è sotto gli occhi del mondo ed è una cosa positiva. Tali massacri non devono costituire l’unica ragione per risvegliarsi e reagire, ma io credo che queste ribellioni alimentano la speranza. Le nostre lotte, se pur in contesti diversi, non sono scollegate le une dalle altre”. Dopo aver definito “molto coraggiosi i Curdi che lottano”, ha proseguito sostenendo che “saremo sempre al loro fianco.

Oggi, dovunque nel mondo, lo slogan « Jin Jiyan Azadi » esprime la lotta del popolo curdo e la resistenza delle donne”. Aggiungendo che anche “la lotta per la difesa dell’ambiente è una forma di resistenza” e che le donne “sono un tutt’uno con la natura”. Per concludere tuttavia con un filo di amarezza: “molta gente non vorrebbe che le donne siano un tutt’uno con la natura. Perfino tra gli ecologisti talvolta…”.

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