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Gravi disordini al campo di Las Raíces a Tenerife, la polizia spara proiettili di gomma

Il “modello” isole greche: oltre 7mila persone confinate in 6 campi dislocati nelle isole di Tenerife, Gran Canaria e Fuerteventura

Migliaia di persone in transito sono ancora bloccate alle Canarie, trattenute all’interno di campi e spazi di detenzione. L’intenzione del governo spagnolo è quella di impedire a queste persone di raggiungere la penisola, attraverso procedure illegali e repressive.

Nonostante le persone richiedenti asilo abbiano il diritto di muoversi liberamente in tutto il territorio nazionale, la polizia impedisce loro di lasciare le isole in modo arbitrario. Inoltre, i tempi sono allungati dai ritardi nelle procedure di asilo, dallo sviluppo di ostacoli burocratici e della mancanza di assistenza legale. Il fatto che la maggior parte delle persone ignori la propria condizione legale e i propri diritti rappresenta il principale ostacolo dal punto di vista burocratico, in quanto molte di loro hanno trascorso mesi sulle isole senza richiedere l’asilo, prolungando a propria insaputa la propria permanenza alle Canarie.

Il cosiddetto “Plan Canarias” ha disposto il confinamento di oltre 7mila persone migranti in 6 campi, nelle isole di Tenerife, Gran Canaria e Fuerteventura. Ovunque sono state denunciate le pessime condizioni di questi spazi, come la carenza e la scarsa qualità del cibo, la mancanza di acqua calda, la mancanza di attenzione sanitaria e legale di qualità, le continue aggressioni fisiche e psicologiche da parte degli agenti della sicurezza del campo, oltre alle violenze e i frequenti arresti della polizia.

Tre giorni fa si sono verificati gravi disordini al campo di Las Raíces, a Tenerife, dove attualmente risiedono circa 1.500 persone. Più di venti persone sono rimaste ferite durante gli scontri, che sono stati descritti dalla maggior parte dei media come una lotta tra senegalesi e marocchini. La verità è che la situazione è diventata insostenibile e le tensioni che si creano all’interno del campo quasi quotidianamente sono causate dalla frustrazione e dall’impotenza delle persone in transito, bloccate da molti mesi senza alcuna garanzia e senza alcun controllo sulla propria situazione. La convivenza all’interno del campo in condizioni così precarie è difficile, e il fatto che molte persone non abbiano una lingua comune con cui comunicare, molte volte esacerba le incomprensioni e i conflitti. Non è un caso che la situazione sia esplosa durante la distribuzione del pranzo, quando le persone sono costrette a fare fino a due o tre ore di fila prima di mangiare cibo scadente. Otto persone sono state arrestate dalla polizia, che è intervenuta caricando e sparando proiettili di gomma. Cinque di loro hanno già ricevuto un giudizio di condanna e detenzione preventiva.

La presenza della polizia al campo è costante, il fine è quello di intimidire le persone migranti, di criminalizzarle, arrestandole con diversi pretesti, e di aumentare quanto più possibile il numero di rimpatri. Infatti, attualmente solo il 4% delle richieste d’asilo vengono accettate, contro il 96% dei dinieghi. Le procedure della polizia non sono chiare, si sono verificati molti casi di violenza all’interno delle stazioni di polizia, inoltre molte persone che vengono arrestate vengono trasferite al CIE senza alcun ordine di rimpatrio, in modo del tutto illegale.

Le persone detenute nel CIE di Santa Cruz, a Tenerife, in attesa di essere rimpatriate sono circa 30 attualmente. Anche le procedure all’interno di questo luogo di detenzione sono poco chiare, da diverse settimane i rimpatri avvengono senza preavviso, ed è noto che viene rotto il telefono ai detenuti.

Nonostante la repressione della polizia e delle istituzioni, le proteste non si sono fermate. Dopo due mesi dall’apertura del campo di Las Raíces, circa 50 persone continuano a dormire accampate di fronte ai cancelli. Nelle scorse settimane le proteste si sono concentrate contro l’operato di ACCEM, l’organizzazione incaricata di gestire il campo, che continua a non esprimersi riguardo le pessime condizioni della struttura.

Da alcune settimane diverse persone stanno facendo uno sciopero della fame, tuttavia le proteste continuano a non ricevere risposte dalle istituzioni. All’interno del campo non ci sono abbastanza avvocati per gestire le domande di asilo, non c’è abbastanza personale medico, né un supporto psicologico adeguato. Le tende sono sovraffollate, non c’è acqua calda, inoltre il campo si trova nella zona più fredda dell’isola (La Laguna). L’unica risposta alle proteste è l’intervento della polizia, che reprime le rivolte attraverso violenza e arresti. Inoltre, dopo i disordini di questi giorni ACCEM ha annunciato che d’ora in poi espellerà dal campo “coloro che dimostreranno un comportamento violento”, e che stabilirà dei turni per i pasti secondo le zone di provenienza delle persone migranti. Si tratta di forme di arbitrio e violenza istituzionalizzata, che accentuano le divisioni e i conflitti, e che producono altra violenza.

Mattia Iannacone

da Melting Pot Europa

 

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