Per gli ergastolani (e i detenuti) la nostra Carta Costituzionale è cartastraccia
- giugno 11, 2019
- in ergastolo, Lettere dal carcere
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Sto molto apprezzando l’iniziativa “Viaggio in Italia: la Corte Costituzionale nelle carceri”. Il progetto è stato deliberato dalla Corte l’8 maggio 2018. Leggo che con la scelta del carcere, la Corte intende anche testimoniare che la “cittadinanza costituzionale” non conosce muri perché la Costituzione “appartiene a tutti”. Molto tempo fa lessi nel Corriere della Sera, di giovedì 25 marzo 2010, che l’allora Presidente della Repubblica, Napolitano, riguardo alla nostra Carta Costituzionale, dichiarava: “La Carta si onora rispettando le Istituzioni.” In quegli anni ero ancora sepolto vivo fra sbarre e cemento, con la certezza che di me dal carcere sarebbe uscito solo il mio cadavere, e gli risposi:
Signor Presidente, non sono d’accordo. Non credo che la nostra Costituzione si rispetti solo onorando le Istituzioni quando le stesse Istituzioni non la rispettano. La Costituzione Italiana si onora solo quando si applica ai cittadini, a tutti, anche a quelli cattivi che sono in carcere a scontare una pena. Signor Presidente, mi permetta di ricordare che il dettato costituzionale assegna alla pena una funzione rieducativa e non vendicativa. Invece in Italia il carcere trasforma i suoi abitanti in mostri perché fra queste mura non esiste la Costituzione. Signor Presidente, a parte le responsabilità istituzionali esistono quelle morali e intellettuali. La esorto, guardi cosa sta accadendo dentro le carceri italiane. Esiste ormai una rassegnazione d’illegalità diffusa, spesso incolpevole, sia per chi ci lavora, sia per chi ci vive. La legalità prima di pretenderla va offerta. Invece in carcere ci sono uomini accatastati uno accanto all’altro, uno sopra l’altro. Detenuti che si tolgono la vita per non impazzire. Ci sono uomini murati vivi sottoposti al regime del 41 bis che non possono vedere neppure la luna e le stelle dalle loro finestre. Ci sono uomini condannati all’ergastolo ostativo, una pena interminabile che può finire solo quando muori o quando trovi un altro da mettere in cella al posto tuo. Signor Presidente, come fa il carcere e rieducare se sei sbattuto come uno straccio da un carcere all’altro? Lontano da casa, chiuso in una gabbia come in un canile, privato degli affetti, da una carezza e di perdono? Signor Presidente, ci dia una mano a educare le Istituzioni e a portare la legalità e la Costituzione in carcere. Non siamo solo carne viva immagazzinata in una cella, siamo anche qualcos’altro. Dietro i nostri reati e le nostre colpe ci sono ancora delle persone. Le ricordo che il rimpianto Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini, che in galera passò lunghi anni, diceva spesso: “Ricordatevi, quando avete a che fare con un detenuto, che molte volte avete davanti una persona migliore di quanto non lo siete voi.”
La nostra Carta Costituzionale sarà anche “la più bella del mondo”, come l’ha definita Roberto Benigni, ma per i detenuti e gli ergastolani spesso è solo cartastraccia, soprattutto per chi è condannato alla “Pena di Morte Viva”: così gli uomini ombra chiamano la pena dell’ergastolo ostativo. Io sono l’eccezione che conferma la regola, che è quella che la stragrande maggioranza degli ergastolani usciranno dal carcere solo cadaveri. Eppure la nostra Carta Costituzionale è stata scritta anche da alcuni ex detenuti, prigionieri del regime fascista.
Carmelo Musumeci
Giugno 2019
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